polverizzazione industriale
Per il processo di polverizzazione sono impiegati vari tipi di mulini, che producono polveri classificabili in base alla loro grandezza, come: grossolane (particelle > 850 mm); medie (paricelle comprese fra 850 e 75 mm) e fini (particelle < 75 mm).
Operativamente, i mulini possono lavorare a ciclo aperto o chiuso, a seconda che la riduzione delle particelle sia eseguita con o senza interruzioni. Durante questo processo il materiale è sottoposto a forze che agiscono separatamente o congiuntamente:
- forze di impatto: agiscono perpendicolarmente alla superficie del solido in modo impulsivo;
- forze di attrito: agiscono tangenzialmente alla superficie del solido;
- forze di taglio: quando un solido è veicolato da un liquido i cui strati si muovono in una stessa direzione con velocità diverse, si trova sottoposto a più forze di taglio che lo sollecitano frantumandolo (su questo pricipio si basa il mulino colloidale);
- forze di pressione: sono forze simili a quelle di impatto, la cui durata è però prolungata nel tempo;
L'azione meccanica prodotta dalle forze citate, può essere insufficiente a determinare la rottura delle particelle: per esempio, nel caso di comportamento elastico del materiale con conseguente restituzione dell'energia applicata. Per questo, industrialmente si applicano forze in misura molto superiore al necessario, con conseguente dissipazione di energia termica e conseguente necessità di sistemi di raffreddamento. Ovviamente la durata del processo influenza il grado di finezza delle polveri, però occorre tener presente che quando le particelle raggiungono dimensioni dell'ordine di 10 mm, si può avere dissipazione di energia senza ottenere apprezzabili risultati sulla dimensione delle particelle, le quali, anzi, possono riaggregarsi.
Le caratteristiche specifiche dei vari mulini variano sensibilmente a seconda delle aziende produttrici; comunque, le principali tipologie possono essere riassunte nella tabella seguente.
MULINO |
AZIONE |
DIMENSIONI POLVERI |
ADATTO |
INADATTO |
coltello o lame |
taglio |
850-200 |
droghe vegetali e animali, grezze e fibrose |
materiali frabili |
sfere |
attrito e impatto |
850-75 |
materiale abrasivo |
solidi soffici |
martelli |
impatto |
40-20 |
quasi tutte |
solidi soffici |
cilindri |
pressione |
850-75 |
materiale soffice |
materiale abrasivo |
energia fluida |
attrito e impatto |
30-1 |
materiale poco friabile |
materiale morbido e abrasivo |
colloidale |
taglio e vortici |
100-1 |
materiale disperso in un fluido |
materiali secchi |
mulino a sfere
è costituito da un recipiente cilindrico (v. fig. a dx) contenenti sfere libere di muoversi; ambedue possono essere in metallo o porcellana. Ruotando il contenitore cilindrico, le sfere in esso contenute, seguiranno per attrito il suo movimento fino ad una certa altezza, dalla quale per azione della forza di gravità ricadranno sul fondo, iniziando poi a saltare nel cilindro. E' importante che la forza centrifuga non raggiunga valori tali da far aderire le sfere alla parete del cilindro, in quanto, in tal caso, si perderebbe l'azione dovuta alla compressione.
m V2/R = m g V = (g · D/2)½
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dove:
D = diametro del cilindro;
V = velocità di rotazione del cilindro;
g = accelerazione di gravità
mulino a lame
il prodotto da lavorare (v. fig. a dx) è sminuzzato passando tra due piastre metalliche circolari e parallele, delle quali una è fissa e l'altra ruota ad alta velocità attorno al proprio asse.
Le due piastre (a destra, parte in basso: le lame fisse sono colorate in blu) sono dotate di lame disposte concentricamente attorno all'asse di rotazione. L'uscita dal mulino ha una griglia calibrata che lascia passare la polvere che si deposita in un cassetto di raccolta solo quando ha raggiunto le dimensioni richieste. Infatti, come mostra la formula nel riquadro, via via che le dimensioni delle particelle si riducono, quelle di minore dimensione si allontanano dall'asse di rotazione:
F = m · v2/R = m · w2R R = F /m w2
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dove:
R = raggio di curvatura delle particelle;
m = massa di una singola particella;
w = velocità angolare di rotazione del mulino
F = forza centripeta
mulino a cilindri
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mulino a cilindri lisci |
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mulino a cilindri scanalati |
i cilindri di questi mulini possono essere scanalati o meno. La dimensione delle particelle è regolata dalla spaziatura dei due cilindri che combaciano reciprocamente durante la loro rotazione; le sostanze sono trascinate e schiacciate in questo spazio. Nel caso di due cilindri lisci, uno di questi ruota più velocemente dell'altro in modo da sommare un'azione di compressione e stiramento.
mulino a energia fluida
Quando una particella di polvere ne colpisce un'altra con elevata velocità, quest'ultima subisce una deformazione plastica. Quando la particella urtante rimbalza, alla deformazione si accompagnano fratture laterali, e la particella colpita è scheggiata (v. animazione a sinistra). In una situazione pratica, centinaia di migliaia di particelle sono accelerate da un getto d'aria ad alta pressione e proiettate una contro l'altra alla velocità di 700 km/h.
Le macchine ad impatto, oltre che piuttosto ingombranti, richiedono un'enorme quantità di aria compressa, però sono molto efficienti e non provocano riscaldamento delle polveri; per questa ragione sono molto diffuse nelle industrie farmaceutiche.
Nel mulino a energia fluida (v. fig. a dx), le particelle da polverizzare vengono trascinate da una violenta corrente d'aria in una camera progettata in modo che subiscano un gran numero di urti reciproci.
Via via che le dimensioni delle particelle si riducono, quelle di minore dimensione ruotano più vicine alla parete interna della camera:
F = m · v2/R R = m · v2/F |
dove:
R = raggio di curvatura delle particelle;
m = massa di una singola particella;
v = velocità delle particelle (dipende dal flusso d'aria e si può ritenere uguale per tutte);
F = forza centripeta
mulino a martello
l'albero in rotazione (v. figura a destra) fa girare, ad alta velocità, una serie di bracci metallici articolati, che polverizzano la sostanza da macinare provocandone l'urto contro le pareti del recipiente. L'uscita è calibrata in modo da permettere la fuoriuscita delle polveri quando hanno raggiunto la dimensione richiesta.
mulino colloidale:
(v. preparazione delle emulsioni)
polverizzazione mediante nebulizzazione
Oltre ai processi meccanici esaminati, si può ricorrere alla polverizzazione mediante nebulizzazione. Ad es., si possono impiegare atomizzatori attraversati da un fluido costituito da una soluzione satura del solido da polverizzare, che viene spruzzata contro una corrente di aria calda: la rapida evaporazione del solvente lascia un residuo costituito da polveri finissime e soffici.
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Marcello Guidotti, copyright 2003
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