il farmaco generico o medicinale equivalente

Il prodotto "generico" (introdotto dall'art. 130, comma 3 della L. 28.12.1995, n. 549) è una specialità medicinale definita come "essenzialmente simile" ad un prodotto il cui brevetto è scaduto, e del quale imita la formulazione, ed è quindi costituito dalla stessa composizione quali-quantitativa di principio/i attivo/i e da una forma farmaceutica equivalente.

Il termine "generico", si è dimostrato infelice in quanto percepito dal pubblico come una sorta di rimedio passepartout: simile, ma non uguale a uno o più medicinali indicati per la stessa patologia. Per questa ragione i prodotti "generici" sono stati ridefiniti "medicinali equivalenti" (L. 149 del 26 luglio 2005). Inoltre, nello spirito del codice comunitario concernente i medicinali per uso umano (Dlgs 24 aprile 2006, n. 219), le "specialità medicinali", sono state ridefinite medicinali, con lo scopo di evitare l'attribuzione di caretteristiche particolari al termine "specialità".

I medicinali equivalenti sono registrati e commercializzati con la denominazione comune internazionale del principio attivo seguito dal nome del produttore (titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio) e devono avere un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto a quello del prodotto innovatore o brand (con nome di fantasia).

osservazioneL'attuale normativa italiana incentiva la scambiabilità tra il prodotto brand e l'equivalente, in quanto dopo la scadenza della copertura brevettuale, rimborsa al farmacista il prezzo dell'equivalente di riferimento piuttosto che quello del prodotto innovatore, brand. A meno che il medico esprima chiaramente in ricetta la non sostituibilità con l'equivalente; nel qual caso, il fruitore dovrà accollarsi la parte eccedente quanto rimborsato dal SSN.

La finalità del prodotto equivalente (ex generico) è ridurre o contenere il prezzo dei medicinali il cui brevetto è scaduto, facendo risparmiare il SSN ed i cittadini, al tempo stesso mantenendo un equivalente livello di benefici e rischi terapeutici.

riferimenti normativi sul brevetto

 L'estensione della brevettabilità ai prodotti farmaceutici si è avuta in Italia dopo una sentenza della Corte Costituzionale (1978), seguita dalla ratifica della Convenzione di Monaco istitutiva del Brevetto Europeo e dalla emanazione del DPR 338/1979 che adeguava la normativa nazionale.
Successivamente, la legge 349/91 ha istituito il CPC (Certificato Complementare di Protezione), successivamente abrogato dal Regolamento CEE 1768/92 istitutivo del SPC (Supplementary Protection Certificate).
La differenza tra le due normative risiede nella durata massima della estensione concessa alla fine della durata legale del brevetto che, per il CCP è non superiore a 18 anni mentre per il SPC la durata della estensione non può superare i 5 anni.
Tra il 19/10/91 (introduzione del CCP) ed il 2/01/93 (data in cui è entrato in vigore anche in Italia il SPC) una larga parte dei circa 400 princìpi attivi presenti sul mercato italiano ha ottenuto il CPC, trovando così in Italia una copertura notevolmente più lunga rispetto agli altri Paesi UE.
Inoltre, nonostante la legge prevedesse la pubblicazione di un bollettino su cui pubblicizzare i medicamenti per cui era stato richiesto il rilascio del CPC, questo è uscito solo per un breve periodo: mancano così informazioni precise sulle molecole per le quali il CPC è stato concesso e, soprattutto, sulla sua durata. Questa è una delle cause che sfavoriscono lo sviluppo di un mercato del generico in Italia in quanto impediscono ai suoi sviluppatori di prepararsi alla produzione.

Farmaci generici erano considerati fino all'entrata in vigore del DL 178/91 i galenici officinali (Elenco A del Formulario Nazionale della Farmacopea Ufficiale); con l'entrata in vigore del decreto entra in gioco una nuova definizione: farmaci preconfezionati prodotti industrialmente. Per conseguenza le cose cambiavano in modo rilevante e per gli obblighi del farmacista e per le norme di preparazione e di commercializzazione.
Un significativo passo in avanti, confermato nel 1996, si ha con la definizione ufficiale di generico: "Farmaco, la cui formulazione non sia più protetta da brevetto, a denominazione generica del principio seguita dal nome del titolare della AIC". Un concetto in breve tempo ampliato fino alla definizione data dal DL 323 del 20/6/1996 (convertito in Legge 425/96): "medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da certificato protettivo complementare, identificato dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'AIC, che sia bioequivalente rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche". Lo stesso decreto sancisce anche le norme riguardanti l'immissione in commercio e la documentazione necessaria al Ministero della Salute.

medicinale equivalente e medicinale brand

I medicinali equivalenti non hanno necessariamente la medesima composizione in eccipienti, non sono necessariamente formulati con l'identica tecnologia farmaceutica ma solo con una tecnologia equivalente e sono prodotti da impianti differenti e commercializzati da ditte differenti, sebbene possano essere a volte collegate all'azienda proprietaria del brand (p.e. la NOVARTIS affida alla SANDOZ la linea dedicata ai generici).

In realtà, oltre che come medicinale equivalente, lo stesso principio attivo può essere commercializzato da aziende diverse (con rispettive diverse AIC) nelle tipologie di:


farmaci copia prima del brevetto

Nel periodo antecedente l'introduzione in Italia della copertura brevettuale, le aziende potevano liberamente e disinvoltamente copiare, registrare e commercializzare con un proprio nome di fantasia registrato, specialità medicinali copiate dai "legittimi" titolari di un brevetto non riconosciuto in Italia.
Questa situazione, di fatto non prevedeva una regolamentazione come quella cui è assoggettato il generico attuale. Questo significa, che una certa azienda poteva copiare e dopo aver richiesto l'AIC, immettere sul mercato il farmaco senza però produrre alcuna documentazione attestante la sua bioequivalenza con l'originatore.
Da quanto discusso (v. farmacodinamica) a proposito delle variabili che concorrono - a parità di principio attivo - a modificare la bioequivalenza di un farmaco, è ovvio che in mancanza di controlli, la biodisponibilità dei medicinali copia (nella vecchia accezione) poteve essere abbastanza differente. Questo, per esempio, significa che un paziente abituato ad utilizzare la specialità A, qualora questa venisse a mancare nel normale circolo distributivo, potrebbe trovarsi ad assumere un farmaco con efficacia affatto diversa da qualla alla quale è abituato.


bioequivalenza, biodisponibilità, equivalenza terapeutica

La normativa vigente, basata sul DLgs 323 del 20/06/96 (convertito in Legge 425/96) stabilisce che i generici debbano avere "la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.". La normativa non prevede la composizione degli eccipienti (questo aspetto è una possibile fonte di problemi o dubbi per i medici prescrittori).

La cosiddetta "bioequivalenza" (cinetica) tra farmaco di riferimento e generico viene valutata essenzialmente mediante lo studio della biodisponibilità, che ne costituisce requisito indispensabile. La bioequivalenza, a sua volta, costituisce presupposto per una probabile "equivalenza terapeutica".

Occorre sottolineare che se il principio attivo è stato utilizzato dai medici della comunità Europea da almeno 10 anni e ha dimostrato un livello accettabile di sicurezza e di efficacia, il richiedente l'AIC può presentare solo i dati di letteratura scientifica, che si fondano sull'uso consolidato del medicinale all'interno della UE, senza presentare i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche, e senza presentare studi di Bioequivalenza. In questo caso, pur ammettendo sulla sola base documentale che i due medicinali (Originator e Copia) possiedano gli stessi effetti clinici, non è provato che siano Bioequivalenti e quindi interscambiabili, al contrario del medicinale equivalente. Questi medicinali, tipicamente OTC, sono equivalenti farmaceuticie non equivalenti terapeutici.

il mercato dei medicinali equivalenti

I dati resi noti da Assogenerici, l'associazione che raggruppa le case produttrici testimoniano modesti sviluppi del mercato degli equivalenti. Nel maggio 2001 erano stati venduti 8 milioni di confezioni di generici, nel maggio 2002 erano diventati 25 e un anno dopo, 45. Le cifre crude sembrano rilevanti, ma se si esamina il dato in termini di percentuale delle vendite complessive, la realtà è quella di un mercato vergine: ancora a luglio 2004 le confezioni di generici vendute erano il 4,4 di tutti medicinali consumati.
Qualche confronto potrà aiutare a capire il dato. In Danimarca, i generici costituiscono poco meno del 60% del mercato, in Gran Bretagna il 52%, in Germania il 50%, in Olanda poco meno del 40%. La Francia, apparentemente disallineata ha un mercato intorno al 10%, ma il costo dei farmaci di marca è decisamente più basso, anche perché tradizionalmente c'è stata una politica favorevole ai farmaci fotocopia, cioè prodotti ben poco differenti uno dall'altro ma la cui competizione abbassava il prezzo.
Le ragioni di questa situazione sono diverse; però, la principale è la scarsa disponibilità di equivalenti sul mercato, e di conseguenza la poca informazione e promozione che esiste per questi farmaci. Questo è uno dei motivi per cui nel nostro Paese i farmaci vengono generalmente prescritti con il nome commerciale. Al contrario, in Inghilterra, i medici scrivono sulle ricette il nome del principio attivo e sono i farmacisti a selezionare i prodotti per i fruitori.

Il mancato decollo in Italia sconta anche altre ragioni. Le due più evidenti sono la maggior durata della copertura brevettuale italiana, seguita dalla circostanza che il medico può ancora esigere che venga fornito al paziente il farmaco brand, pagando la differenza (ma questo attiene alla libertà di scelta di medico e paziente) con quanto rimborsato per l'originatore dal SSN.

Un'altra ragione meno evidente è la registrazione di molecole "marginalmente innovative": farmaci sintetizzati modificando leggermente la formulazione originale, per conferire nuove caratteristiche (per esempio una maggior velocità di assorbimento) ma che sostanzialmente non cambiano l'efficacia del farmaco precedente. Di fatto, queste non essendo profarmaci, costituiscono un'innovazione e quindi sono coperte dal brevetto. Questa possibilità (difficilmente arginabile) ha promosso la corsa all'innovazione a tutti i costi... ragion per cui tra il vecchio farmaco X e il nuovo X', è l'ultimo ad essere prescritto più spesso. D'altra parte, questa tendenza riflette il consumismo generale: il farmaco nuovo spiazza il più vecchio anche quando non è esattamente necessario, proprio come avviene con i telefoni cellulari. Tuttavia, in questo caso si commette un errore in quanto in medicina il fatto che un farmaco sia "vecchio" eppure ancora disponibile all'avvicinarsi della scadenza del brevetto, significa che è efficace e sicuro.

Infine, la scarsa diffusione del "generico" o comunque il limite alla loro penetrazione commerciale deriva dalle strategie di mercato operate dalle aziende per contrastare la perdita di quote dei loro prodotti brand non più protetti dal brevetto. Per esempio, molte aziende pur di non perdere quote hanno preferito abbassare il prezzo allo stesso livello del generico, costringendo questo a ritirarsi dal mercato. Un'altra alternativa è data dal controllare mediante partecipazioni azionarie le aziende produttrici di medicinali equivalenti. Se dal punto di vista della spesa sanitaria la questione risulta irrilevante, resta il fatto che l'industria del generico si trova ad operare in una condizione di difficile competitività e questo, col tempo, può produrre una situazione di predominio delle multinazionali con conseguente negativa ricaduta economica sul SSN.

aspetti culturali ed emotivi del prodotto non-brand

I farmaci che hanno un ristretto indice terapeutico pongono maggiori problemi di sostituibilità, perché piccole variazioni di biodisponibilità, passando dal brand al generico possono comportare sensibili variazioni di efficacia e/o di tollerabilità. Tra queste classi rientrano gli anticoagulanti orali, gli antiepilettici e gli antiaritmici. Tuttavia, la maggior parte dei generici disponibili attualmente in Italia è costituita da farmaci ad ampia maneggevolezza: il loro utilizzo in sostituzione degli equivalenti prodotti di marchio non comporta una variazione significativa della probabilità di successo e del rischio di reazioni avverse.

ed ecco a voi...La tardiva introduzione in Italia dei "generici", imposta repentinamente e non fatta maturare progressivamente (questo per la tarda introduzione del brevetto farmaceutico, avvenuta nel 1978) ha comportato molte reazioni psicologiche negative che hanno pesato soprattutto sulla classe medica e suifarmacisti.
Al pari di qualsiasi prodotto commerciale, un prodotto farmaceutico viene percepito dal fruitore (in questo caso medico e paziente) secondo variabili culturali ed emotive che, in qualche modo, possono modificarne, anche apprezzabilmente il profilo di efficacia e di tollerabilità. Questo significa che anche un prodotto farmaceutico è caratterizzato da significati simbolici correlati alla "fiducia" attribuitigli dal medico e dal paziente. Un prodotto percepito come prodotto non-brand desta perplessità, abbassa la compliance (accettabilità del paziente), aumenta la probabilità di effetti "nocebo".

il medicinale equivalente e la spesa del SSN

Se il prodotto generico è offerto ad un prezzo almeno del 20% inferiore a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, già classificate nelle classi A o B del "prontuario" del SSN, il medicinale generico ottiene dalla AIFA (ex CUF, Commissione Unica del Farmaco) la medesima classificazione di detta specialità medicinale. Il nome del titolare dell'AIC può essere omesso nella prescrizione del medico o, ove si tratti di medicinale non soggetto a prescrizione medica, nella richiesta del paziente; in caso di mancata specificazione del nome del titolare, il farmacista può consegnare qualsiasi generico corrispondente, per composizione, a quanto prescritto o richiesto. Non esiste quindi un diritto di sostituzione da parte del farmacista del generico prescritto, o della specialità con un generico, fatto salvo quanto previsto dall'Accordo Nazionale per l'assistenza farmaceutica.

La Legge Finanziaria 2001 prevede che dal 1° settembre 2001 (Decreto-Legge 30 giugno 2001, n.246) sono modificate le modalità di rimborso dei medicinali non più coperti da brevetto e inseriti nel SSN. Il prezzo di rimborso al farmacista sarà pari al prezzo medio ponderato dei medicinali aventi prezzo non superiore a quello attribuibile al generico secondo la legislazione vigente(80% del prezzo medio europeo). Il metodo si applica per medicinali aventi la stessa composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica (in mancanza di brevetto di formulazione si considerano uguali le forme farmaceutiche solide per via orale), via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali.

La Legge n. 405 del 16 novembre 2001 all'art. 7 stabilisce che il medico nel prescrivere specialità medicinali brand (con nome di fantasia) aventi un prezzo superiore al minimo, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione secondo la quale il farmacista all'atto della spedizione della ricetta non può sostituire il farmaco prescritto con un medicinale uguale avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso. Solo in assenza dell'indicazione "insostituibile" sulla ricetta, il farmacista dopo aver informato l'assistito, potrà consegnare allo stesso il medicinale avente il prezzo più basso, sempre che quest'ultimo sia disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, ed in riferimento a quanto verrà previsto nelle direttive regionali. Qualora il medico apponga sulla ricetta l'indicazione "insostituibile" o comunque l'assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, la differenza fra il prezzo più basso ed il prezzo del medicinale prescritto dal medico è a carico dell'assistito.

LEGGE 7 agosto 2012, n. 135
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini. (12G0157) (GU n. 189 del 14-8-2012 - Suppl. Ordinario n.173)

«11-bis. Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili piu' medicinali equivalenti, e' tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco. Il medico ha facolta' di indicare altresi' la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo; tale indicazione e' vincolante per il farmacista ove in essa sia inserita, corredata obbligatoriamente di una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilita' di cui all'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. [omissis] »

Decreto-Legge del 24 gennaio 2012
Conversione in legge con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 (in S.O. n. 53, relativo alla G.U. 24/03/2012, n. 71).

Art. 11
[omissis]

12. Il medico, nel prescrivere un farmaco, è tenuto, sulla base della sua specifica competenza professionale, ad informare il paziente dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l'indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest'ultimo, è tenuto a fornire il medicinale prescritto, quando nessun medicinale fra quelli indicati nel primo periodo del presente comma abbia prezzo più basso ovvero, in caso di esistenza in commercio di medicinali a minor prezzo rispetto a quello del medicinale prescritto, a fornire il medicinale avente prezzo più basso.

elenco dei medicinali equivalenti

Il Ministero della Salute, previo accertamento, da parte dell'AIFA, della bioequivalenza dei medicinali generici e previa verifica della loro disponibilità in commercio, pubblica nella Gazzetta Ufficiale l'elenco dei medicinali ai quali si applica il nuovo metodo di rimborso con indicazione dei relativi prezzi, nonché del prezzo massimo di rimborso. L'elenco è aggiornato ogni sei mesi. L'aggiornamento entra in vigore dal primo giorno del mese successivo a quello di pubblicazione.

E’ disponibile on line la nuova lista di trasparenza dei medicinali inseriti nell’elenco dei farmaci equivalenti (Legge 178/2002) con i relativi prezzi di riferimento aggiornati al 14 settembre 2007 e comprensivi della riduzione ai sensi della determinazione AIFA 3 luglio 2006 e dell'ulteriore riduzione del 5% ai sensi della determinazione AIFA del 27 settembre 2006.


1 prescrivibilità delle specialità medicinali2 misure di contenimento della spesa sanitaria3 condizioni di sostituibilità dei farmaci coperti da brevetto4 quadro normativo per il contenimento della spesa sanitaria nazionale5 regionalizzazione delle attività inerenti la tutela della salute6
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