La registrazione di un marchio può essere fatta singolarmente in ogni nazione di interesse (es. Italia, Francia, Germania, Stati Uniti, ecc.) oppure si può chiedere la registrazione di un marchio Comunitario o Internazionale. A differenza di quanto accade con i brevetti, il marchio ha una durata illimitata, però deve essere rinnovato ogni 10 anni. Esso può consistere in un nome, in una o più parole (ad es., "Coca-Cola") oppure in un nome con una grafica particolare (ad esempio coca-cola scritta in bianco su sfondo rosso con la "C" opportunamente stilizzata) o addirittura solo in una grafica, o in un suono, o in una particolare combinazione di colori. Perché un marchio sia registrabile, deve essere nuovo; tuttavia, in Italia è possibile registrare anche un marchio che sia registrato solo all'estero (a differenza di quanto accade con i brevetti) purché non abbia una notorietà diffusa sul territorio italiano e la registrazione non avvenga in malafede. A séguito dell'entrata in vigore della nuova legge sui marchi (DLgs. 4 Dicembre 1992 n. 480), anche un privato, e non solo un imprenditore, può registrare un marchio con l'unica condizione, pena la decadenza, che il marchio sia utilizzato direttamente o ceduto o dato in licenza entro 5 anni.
Non si può richiedere il copyright sui nomi (ecco perché i nomi delle due piante che compongono il marchio Coca-Cola®, sono uniti da un piccolo trattino... lo avevate notato?); l'unico diritto legale che si può ottenere su un nome è il trademark TM, e questo vale solo per motivi di merchandising (commercializzazione). Non è possibile attribuire un copyright ad un nome, essenzialmente perché non è pratico. Consideriamo, ad es., il nome Babbo Natale, il nome popolare italiano corrispondente all'anglosassone Santa Claus: la sua registrazione implicherebbe il diritto di perseguire legalmente tutti coloro che nelle festività natalizie si presentano come babbo Natale per averne infranto il copyright? Naturalmente no, sarebbe ridicolo. Eppure, un simile marchio potrebbe essere un'opportunità...
Nel 1992, il sig. Armando Narciso registrò all'Ufficio Brevetti di Napoli il nome di Babbo, cognome Natale. Stante questo insolito marchio registrato, ceduto alla "Napoletana Servizi", è stato registrato il nome di dominio babbonatale.it. Questo significa che, per esempio, non è più possibile utilizzare il nome "babbo natale" come insegna di un negozio di giocattoli. |
I nomi registrati possono costituire la fortuna del loro proprietario: qualche volta un autore inventa un nome veramente singolare per un personaggio o una storia, per esempio i film della serie STAR TREK™ (viaggio stellare), STAR WARS™ (guerre stellari) riportano un titolo che può, ovviamente, liberamente essere utilizzato in un testo, ma non per una trasmissione audiovisiva o come unico titolo di un libro (però, si può scrivere "La Fisica di Star Trek™")
Il nome Google™, per esempio, non è un marchio registrato ma un trademark in quanto è un gioco di parole che deriva dal termine "googol" coniato da Milton Sirotta, nipote del matematico americano Edward Kasner, per indicare un numero formato da un 1 iniziale seguito da 100 zeri. Questo spiega anche il formato del marchio Microsoft® Windows™: la parola windows (finestre) può ovviamente essere liberamente utilizzata, ma non si può scrivere "Linux Windows" in quanto si configura un plagio (si noti che Linux - il sistema operativo gratuito - non è un marchio), ma X Window System® è un marchio registrato. Infine, si possono registrare gli acronimi (nome formato dalle parole che lo compongono per esteso): per esempio, niosomi™ = non ionic liposomes.
il famoso screenshot della serie televisiva Dallas |
Per quanto rigurda luoghi geografici, si presenta quasi esattamente la stessa situazione dei nomi. Non si può mettere un copyright sui luoghi. D'altra perte, più singolare è il luogo, più si può considerare il problema. Per esempio, due fictions entrambe ambientate in una particolare localizzazione ed in un particolare contesto molto simile potrebbero configurare un caso di plagio. Comunque, come nel caso del famosissimo serial degli anni '80, Dallas, si può porre un particolare screenshoot (schermata) come immagine-marchio identificativo.
La scelta del lancio sul mercato di un nuovo prodotto è il risultato di una serie di indagini e studi delle esigenze dei possibili consumatori. Vengono dunque effettuate indagini su campioni estesi di persone il più possibile rappresentanti del segmento di popolazione potenzialmente interessato all'acquisto; in seguito sono fatti i cosiddetti "focus test": test qualitativi su un numero ridotto ma eterogeneo di persone (60-70) che con la loro opinione indirizzano le scelte di produzione e promozione dell'oggetto in questione.
marca: l'origine di questo termine risale al corrispondente medioevale con cui si indicava il territorio, marca, circoscritto su cui dominava un "Signore" e, per analogia, non si riferisce ai prodotti materiali o ai servizi che un'azienda commercializza, bensì al "messaggio" trasmesso al consumatore mediante la comunicazione alla quale lo stesso consumatore accede quando utilizza quei prodotti o quei servizi. Questo "messaggio" generalmente può essere associato a vari concetti o addirittura sinonimi: qualità, economicità, convenienza, eleganza, praticità, ecc. Oppure può addirittura rappresentare un modo di essere... "X è più sani, più belli, ecc.".
marchio (brand name): è lo strumento con il quale le imprese tutelano giuridicamente la propria marca ed è rappresentato dall'insieme dei segni (foto, disegni, caratteri, musiche, suoni, ecc.) che una "Marca" utilizza per caratterizzare i singoli prodotti o servizi. Associato al marchio è il "logo", che si riferisce al nome con il quale una marca o un prodotto sono proposti ed in particolare al suo aspetto grafico e può essere costituito da un simbolo, una parola o una combinazione dei due (accanto, il logo della Pfizer).
Benché le parole "Marca" e "Marchio" racchiudano dei significati commerciali differenti, nel linguaggio corrente sono interscambiabili e riassunte sinteticamente nel termine brand. Il brand spesso è utile per comunicare il feeling style, una sensazione di familiarità al consumatore.
Ditta (Company's name): è il nome commerciale con il quale chi svolge attività di impresa opera nel mercato. La ditta di una società di persone è chiamata Ragione sociale mentre per le società di capitali si parla di Denominazione sociale. es: Pfizer, Inc.; Alfa Wassermann SpA; IBM Corporation; Microsoft Corporation
Nella letteratura di marketing sono presenti varie tipologie di marca. Qui riassumiano le più comuni:
I medicinali equivalenti possono essere sia da banco (acquistabili liberamente) che prescrivibili (acquistabili solo con ricetta medica), esattamente come il medicinale da cui derivano.
La sfida proveniente dal mercato è faticosamente sostenibile dalle imprese che operano in settori maturi, sicché queste devono affidarsi ad intense politiche di collaborazione con altre imprese. Già dagli anni '80 le imprese ricorrono ad accordi di marketing con lo scopo prevalente di ottenere delle economie di costo. Un esempio facile è costituito da tre autovetture di pari segmento di mercato: Citroen C1, Toyota Aygo, Peugeot 107 : la ragione che ha portato alla realizzazione di strategie di co-marketing è legata alla decisione di ridurre i costi di sviluppo. Per differenziare le tre auto che partivano da un prezzo d'ingresso simile ed erano caratterizzate dal 92 per cento di componenti in comune, le tre case costruttrici hanno adottato strategie promozionali legate a differenti personalizzazioni delle vetture.
A questo proposito occorre fare delle considerazioni (che sono pertinenti al marketing farmaceutico): la compartecipazione nello sviluppo di un prodotto, oltre che contenere i costi, ottiene una forma di protezione dalla minaccia della concorrenza sui prezzi, che non possono variare di molto, se non con ulteriori economie che possono riuscire sgradite ai compratori e indebolire l'immagine del marchio. In altre parole, nell'àmbito dei beni di consumo, la fase di maturità-saturazione implica che la differenziazione non è più incentrata sulle caratteristiche fisiche del prodotto, bensì sull'immagine. Questo perché in un mercato saturo dove le concrete differenze tra produttori diversi appartenenti alla stessa merceologia, tendono a ridursi e le innovazioni virtuali, e quindi non brevettabili. sono clonate in real-time; pertanto, la marca necessita di essere immediatamente riconoscibile e di collocarsi nella mente del consumatore trasmettendo un'identità ed un ben preciso posizionamento, almeno nel prezzo d'attacco.
Il co-marketing o "promozione congiunta" dei medicinali può costituire una strategia commerciale per quelle aziende che essendo titolari di farmaci coperti da brevetti ancóra in corso di validità, possono concedere ad altre aziende la compartecipazione nella commercializzazione degli stessi princìpi attivi. Il farmaco co-marketing viene registrato con lo stesso iter del farmaco leader e sarà commercializzato dall'azienda concessionaria con un nome di fantasia.
Le aziende leader possono decidere di ricorrere al co-marketing come strumento per aumentare la capillarità della distribuzione di un farmaco, ricavandone gli utili non dalla vendita diretta (che comporta spese di fabbricazione, distribuzione e organizzazione generale) ma dalla concessione. Per quanto riguarda i medicinali non più coperti da brevetto, la promozione congiunta si verifica appena vengono commercializzati i medicinali equivalenti: in questo caso, gli informatori di aziende differenti promuoveranno la stessa molecola, che differirà per gli eccipienti e per il packaging.
Ovviamente la promozione congiunta non favorisce il contenimento della spesa sanitaria e qualche intervento ostativo poteva essere previsto, certamente prima dell'introduzione dei medicinali equivalenti, la cui commercializzazione ha eliminato il problema. Comunque, sulla pressione delle lobbies farmaceutiche, l'UE ha emanato una direttiva che vieta agli stati membri di contrastare il co-marketing. Infatti secondo il paragrafo 3 della direttiva Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, "gli Stati membri non vietano le attività di promozione congiunta dello stesso medicinale da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio e di una o più imprese da questo designate".
Il titolo VIII del Dlgs 29 dicembre 2007 n. 274, con l'Art. 119 comma 5 prevede la promozione congiunta dei medicinali:
L'attuazione della pubblicità presso gli operatori sanitari può essere realizzata, anche in forma congiunta con il titolare dell'AIC del medicinale, ma comunque in base ad uno specifico accordo con questo, da altra impresa farmaceutica, che è titolare di altre AIC o di un'autorizzazione alla produzione di medicinali. In tali ipotesi restano fermi, peraltro, sia gli obblighi e le responsabilità dell'impresa titolare AIC del medicinale, in ordine all'attività di informazione svolta dall'altra impresa, sia l'obbligo di cui all'articolo 122, comma 3.
La norma comunitaria pur imponendo il divieto di vietare la promozione congiunta, non impedisce che gli Stati membri possano disciplinare il fenomeno, purché la disciplina non limiti irrazionalmente questa pratica commerciale, rendendola praticamente impossibile.
I medicinali in co-marketing sono uguali, o più precisamente "equivalenti farmaceutici", non "bioequivalenti farmaceutici": stesso principio attivo, stessa dose, stessa forma farmaceutica, stessa via di somministrazione, stesse indicazioni terapeutiche. A questo proposito, è importante ricordare che questi medicinali, in ambito di convenzione, ove non esista il medicinale equivalente (e quindi il farmacista deve proporre la sostituzione con esso) possono essere interscambiabili quando il medicinale prescritto non sia disponibile nel normale circolo distributivo.
Perché la gente compra la Coca-Cola anziché la Pepsi?
Coloro che investono su un'azienda piuttosto che un'altra spesso accettano ciecamente il presupposto secondo il quale gli esseri umani si comporterebbero razionalmente e quindi ogni decisione sarebbe figlia di un fredda e calcolata valutazione di costi e benefici. Dan Ariely - Prevedibilmente Irrazionale - Rizzoli, 2008 |
L'obiettivo di chi si occupa di comunicazione e marketing oltre a rendere visibile sul mercato un prodotto, punta alla sua trasformazione in un brand d'immediato riferimento: un insieme di caratteristiche differenzianti che collegano il prodotto al particolare target di consumatori.
Per i nuovi prodotti farmaceutici, un brand significa rendere i tempi d'accesso al mercato più brevi, accelerare la penetrazione, espandere l'impiego e prolungare la preferenza alla scadenza del brevetto.
Il grafico a sinistra mostra come la qualità di un bene sia legata al suo prezzo. In linea di principio, all'aumento di prezzo corrisponde un aumento della qualità del bene; tuttavia, raggiunta quella che potremmo definire la "qualità massima allo stato dell'arte", il prezzo dei beni caratterizzati da un "exclusive brand" aumenta senza un aumento della qualità: la parte a destra del grafico mostra che il prezzo viene sostituito dal valore (non correlabile al rapporto qualità/prezzo) attribuito al bene e la qualità rimane costante.
Il valore è un elemento soggettivo legato alla forza del brand: in questo caso, i brand si susseguono da sinistra verso destra secondo il loro valore intrinseco (inteso come capacità di generare profitti). Il grafico non è in scala in quanto i beni prodotti dalle varie aziende non sono direttamente confrontabili tra loro per tipologia o per modello ed il posizionamento dei marchi (intervallati a distanza uguale) non corrisponde alla loro reale classifica.
La creazione di un brand è tuttavia un difficile obiettivo, raggiungibile facendo ricorso a strumenti e metodi vari unitamente ad una strategia che prevede la partecipazione di tutte le divisioni operanti nelle agenzie. Le varie divisioni comprendono esperti specializzati in differenti aree d'attività: accanto alla Divisione Marketing, che si occupa principalmente degli aspetti commerciali, si trovano, ad esempio, la Divisione Medica, responsabile del controllo della correttezza scientifica delle informazioni trasmesse, e la Divisione della Comunicazione e Pubbliche Relazioni. Infatti, è indispensabile la conoscenza del mercato nel quale si dovrà posizionare il nuovo prodotto, e d'altra parte è determinante la scelta dell'immagine che si vuole dare al prodotto.
Lo svantaggio del brand è che l'identificazione brand-prodotti può maggiormente incorrere nel rischio di boicottaggio (generalmente promosso da associazioni di consumatori) o sfiducia del consumatore (un farmaco da tempo in commercio che, per es., riveli effetti collaterali imprevisti, può danneggiare il nome dell'Azienda produttrice).
Data la varietà del tipo di attività svolta, le figure professionali che possono trovare una collocazione in questo àmbito lavorativo sono molteplici, fra queste:
Nel campo della salute, come detto, la situazione è diversa a seconda degli Stati. In Francia e Germania è consentito l'uso dell'umbrella branding, mentre in Austria è ammesso sia tra prodotti Otc, sia tra Otc e etici, ma in quest'ultimo caso è vietata la pubblicità del marchio; in Danimarca princìpi attivi diversi non possono avere lo stesso marchio, mentre sono consentite differenti indicazioni per prodotti diversi con lo stesso marchio. In Spagna e Grecia, così come in Italia, l'umbrella branding è vietato, per evitare - secondo le intenzioni del legislatore - confusione nel consumatore, che potrebbe tradursi in rischi per la salute pubblica. E oltre a non esserci unanimità di vedute sulla questione, tra gli stati membri dell'Unione non esiste nemmeno accordo sulle modalità con cui definire gli strumenti normativi. Ancor più difforme, infatti, è la fonte da cui derivano queste prassi: in Italia e in Belgio, per esempio, non esistono specifiche normative, e predomina un approccio caso per caso; in Germania vale una raccomandazione dell'autorità sanitaria federale, mentre in Gran Bretagna si fa riferimento a linee guida redatte dall'amministrazione statale in accordo con le imprese produttrici.
Molte persone credono erroneamente che il personaggio Mickey Mouse sia protetto solo da un copyright. In realtà, il personaggio in questione, analogamente a tutti gli altri disegnati dalla Disney è protetto come trademark, che analogamente agli altri marchi commerciali, permette una protezione illimitata. Indipendentemente dal fatto che un personaggio Disney faccia o meno parte del cosiddetto "pubblico dominio", le sue caratteristiche rimangono protette da usi non autorizzati.
Un marchio va difeso dal rischio che diventi una parola di uso comune; tuttavia, questo non significa che non si possa utliizzare in un contesto differente... |
Il marchio "debole" è un marchio con scarsa capacità distintiva, per realizzare il quale vengono utilizzate denominazioni generiche o parole d'uso comune modificate o combinate tra loro in modo fantasioso, es. buonpelato. Tuttavia, in questo caso la tutela contro l'imitazione è limitata e per questo il marchio è definito debole: la protezione che riceve riguarda solo le singole lettere che si discostano dalla denominazione generica e così basteranno lievi modifiche o semplici aggiunte per escludere la confondibilità con altri marchi, es. belpelato.
Per contro, un marchio è definito "forte" quando è dotato di elevata capacità distintiva; tali sono i marchi di fantasia: per questi marchi modifiche anche notevoli non basteranno ad escludere la confondibilità quindi la tutela è di certo più efficace (v. controversia per il marchio "007" Federal Court of Canada, Trial Division No. T-939-96; July 31, 1997)
Un altro tipo di marchio che riceve una protezione molto limitata è il marchio "di fatto" o marchio non registrato: in questo caso la sua protezione si valuta in merito alla notorietà che quel marchio ha ottenuto (si valuta se la rinomanza è a livello locale o nazionale).
Un marchio inizialmente debole e quindi con scarsa capacità distintiva può diventare forte in virtù dell'utilizzo fattone e della pubblicità che lo hanno reso particolarmente noto al pubblico. Questo fenomeno è noto come secondary meaning. Un esempio famoso è il "cacao meravigliao": un prodotto immaginario inventato da Renzo Arbore per la trasmissione "Indietro Tutta". Durante questa trasmissione più volte veniva proposto uno spot con delle ballerine brasiliane che cantavano una canzone in lingua pseudo italo-brasiliana (le parole terminavano con ao). Lo spot fasullo (in quanto pubblicizzava un prodotto inesistente) fu talmente convincente che molti consumatori cercavano il cacao meravigliao nei negozi. Questo risultato inatteso fu tale da consigliare agli autori di registrarne il nome come marchio, poiché vista la richiesta, qualcuno aveva cominciato a pensare di produrre davvero il "Cacao meravigliao" beneficiando di una pubblicità televisiva senza precedenti.
L'attuale disciplina stabilisce che il secondary meaning può far acquistare capacità distintiva ad un segno che originariamente ne era privo consentendone la registrazione (art. 19 l.m.) e può trasformare un marchio nullo poiché privo ab origine di capacità distintiva in un marchio valido. Proprio il contrario di quanto è accaduto ai marchi perduti.
Il 1° febbraio 1899 venne depositato il marchio Aspirina che un mese dopo, il 6 marzo, fu registrato nella lista dei marchi di fabbrica dell'Ufficio Imperiale dei Brevetti di Berlino.
L'enorme impatto che l'aspirina ha avuto nel novecento lo si può evincere dal fatto che nel Trattato di Versailles, tra le condizioni imposte dai vincitori della prima guerra mondiale agli sconfitti imperi centrali, c'era l'imposizione alla Bayer (rea di aver partecipato allo sviluppo di agenti chimici, l'iprite, per uso bellico) della decadenza di marchio e brevetto dell'aspirina.
Così, negli Stati Uniti, al posto del nome chimico acido acetilsalicilico si usa, con una sorta di Denominazione Comune "Internazionale", il nome "aspirin" seguìto dal nome dell'azienda produttrice.
In altre nazioni, tra cui l'Italia ed il Canada, il nome "Aspirina" è invece ancóra un marchio registrato.
Abbiamo citato il caso dell'Aspirin, la cui decadenza del marchio era prevista tra le condizioni del trattato di Versailles. Però un marchio può decadere o divenire inutile per ragioni più prosaiche. Curiosamente, in passato, alcune parole oggi di uso corrente avevano un valore venale: il loro marchio ricordava al pubblico il concetto che identificava direttamente aziende e prodotti.
Come abbiamo visto, un marchio registrato aiuta l'azienda a conservare e rafforzare la propria immagine; però le stesse parole sono le moderne vittime di un processo degenerativo che neutralizza il valore concreto di brand quando si identifica con un nome comune che indica la cosa in origine prodotta con quel marchio. È la fine commerciale del marchio registrato e del suo valore. E' quanto accaduto a thermos, cellophane, ecc.
Non solo le singole parole possono essere registrate come marchio, ma anche simboli, frasi, logo, personaggi illustrati, confezioni, caratteristiche di pagine Web, perfino suoni e odori. Un marchio registrato consente di salvaguardare la reputazione costruita nel corso degli anni e impedisce la confusione dei propri prodotti e servizi con altri analoghi. Questo è perlomeno quanto ci si attende da un marchio.
Le leggi relative ai marchi registrati possono essere estremamente complicate. Gli esperti legali affermano, ad esempio, che negli Stati Uniti un'azienda che registri un marchio potrebbe facilmente perdere una battaglia legale con un'altra che lo abbia utilizzato prima che venisse registrato.
E' bene tenere a mente tre regole che possono aiutare a intraprendere un'efficace protezione dei marchi.
Un ringraziamento alla prof.ssa Tommasina Coviello che mi ha ricordato il caso dei "marchi perduti".
D'altra parte, valgono alcuni principi di base:
a) il marchio deve essere considerato con riferimento ai prodotti e/o ai servizi che è destinato a contraddistinguere.
Esaminando un marchio, si deve tener conto dei prodotti e/o servizi che questo deve contraddistinguere; ad esempio, se il marchio che si studia deve contraddistinguere pneumatici, ed è simile ad un precedente marchio che distingue biscotti, ciò non ha alcuna importanza. A meno che... il secondo marchio sia un marchio molto noto (Well-Know Trade Marks, famous Trade Marks). In questo caso il problema si pone in modo diverso, ma è un argomento che viene riassunto dal già richiamato caso giuridico (v.) Federal Court of Canada, Trial Division No. T-939-96; July 31, 1997).
b) Il marchio deve essere esaminato nel suo insieme, anche se con riferimento ai suoi aspetti distintivi e caratteristici
nel caso in cui il marchio sia costituito da un insieme di segni e/o di parole, esso va considerato come un tutto unico in quanto è verra percepito dai consumatori nel suo insieme e non per i singoli elementi compositivi.
In particolare, un marchio si definisce "complesso", quando è costituito da diversi elementi, alcuni semplici e comuni difficilmente distinguibili dal pubblico, mentre altri sono fortemente distintivi e quindi più identificativi. I primi elementi costituiscono la "parte debole" del marchio; i secondi, la "parte forte".
c) Il marchio deve essere considerato in relazione al pubblico cui è destinato
Questo criterio è logico sebbene non di facile applicabilità: si deve far sempre riferimento al tipo di pubblico cui il prodotto e/o il servizio è destinato. Il criterio di confondibilità tra due marchi destinati ad una clientela specializzata (ad esempio, meccanici) dovrà essere necessariamente diverso da quello adottato per marchi destinati ad una clietela meno specializzata (ad esempio, consumatori di alimenti).
La somiglianza tra marchi può essere di vario tipo:
1) grafica, quando vi è identità o similitudine nella grafica di due parole che hanno un significato differente e si pronunciano in modo diverso, es.: "bus" ("bas" in lingua inglese) e "bus" (in lingua italiana).
2) fonetica, quando vi è identità o similitudine di pronuncia, pur essendovi differenza grafica "JEEP" ("gip" in lingua inglese) e GIP (in lingua italiana).
3) concettuale, quando vi è differenza fonetica e grafica, ma identità di concetto (Tunnel, Galleria)
Il marchio non deve essere identico o simile ad altri marchi registratti nello stato, o validi nello stato, per lo stesso genere di prodotti e/o servizi, a séguito di domanda depositata in data anteriore, oppure registrati successivamente ma con priorità anteriore, ai sensi delle convenzioni internazionali.
esempio: la Ditta X ha depositato un certo marchio in Italia il 10/06/08; però anche la ditta Y ha depositato in Francia lo stesso marchio e per gli stessi prodotti in data 11/06/08, in Francia.
Se la ditta X ha depositato, entro il 10/12/08, il proprio marchio in Francia, rivendicando la priorità del deposito italiano, il deposito della ditta Y in Francia, pur antecedente a quello della Ditta X, è privo di efficacia, perchè il deposito della Ditta X ha effetto dal 10/06/08 a causa del diritto di priorità che, in base alle convenzioni internazionali, è di sei mesi.
E quindi ovvia l'esigenza di accurate ricerche di anteriorità prima di depositare una domanda di registrazione di un marchio, o prima di utillizzarlo. Dover rinunciare ad un marchio dopo che esso è già sul mercato comporta costi in termini economici e di immagine aziendale in quanto - a meno che trattasi di servizi - comporta anche il ritiro dei prodotti dal mercato, e con essi tutto il materiale pubblicitario.
Comunque, un marchio simile o identico ad altri precedenti, oltre a essere suscettibile di opposizione da parte degli aventi diritto, è scarsamente identificativo, non è destinato a crescere con l'azienda e generalmente è costruito per sfruttare l'efficacia di marchi consolidati.
Braccio di ferro, come è - o dovrebbe essere - arcinoto, quando si trovava in difficoltà, ingurgitava interi barattoli di spinaci che gli procuravano una forza eccezionale.
L'idea del connubio Braccio di Ferro e spinaci è nata nel 1932, e sia che fosse a fini pubblicitari diretti, come pubblicità occulta, (hidden advertising) oppure indiretti, cioè come risultato di una scelta casuale, promosse questo alimento e fece sì che i bambini lo mangiassero senza fare storie. Il successo di questo connubio fu tale da fare la fortuna dei coltivatori di tale ortaggio, tanto che nel 1937 la popolazione di Crystal City (Texas) gli eresse una statua (foto a destra), alla quale ne sono seguite altre in vari Stati dell'Unione.
Gli spinaci hanno effettivamente un alto contenuto di ferro, ma solo in piccola quantità assimilabile dal nostro organismo. Pare che questa credenza sia derivata in seguito a un errore di battitura su un'etichetta antecedente al 1929 (data in cui furono pubblicati i fumetti di Braccio di Ferro) che, invece di scrivere 3,4 mg ogni 100 gr di prodotto, riportava la dicitura 34.
Gli spinaci, oltre al ferro, contengono un steroide vegetale che secondo New Scientist (7 maggio 2008 - n. 2655) avrebbe lo stesso effetto degli anabolizzanti aiutando a sviluppare i muscoli: studi in vitro evidenzierebbero un aumento del 20% in fibre di muscolo umano. Ma per ottenere qualche risultato si dovrebbe ingurgitare 1 kg di spainaci al giorno.
Elzie Crisler Segar, il disegnatore che inventò il personaggio di Popeye the Sailor (noto in Italia come "Braccio di Ferro"), è morto nel 1938. Poiché la legge europea fissa il limite del diritto di copyright a 70 anni dopo la morte dell'autore, questo personaggio che finora annualmente ha prodotto enormi profitti, diventerà di proprietà comune (pubblico dominio) e quindi potrà essere usato da chiunque voglia stampare magliette, poster e forse realizzare nuovi fumetti con la sua immagine.
In realtà, ci sono due "piccoli" problemi: il primo riguarda gli Usa, dove la legge riconosce il diritto di copyright per 95 anni dopo la morte dell'autore, salvaguardando così il muscoloso marinaio fino al 2024; il secondo problema è legato al marchio...
Il marchio "Popeye" è stato tenuto separato dal copyright del disegnatore ed è di proprietà della statunitense King Features Syndacate; quindi, se utilizzare i disegni potrebbe essere legale (ma è dubbio a causa della identificazione marchio-disegno), usare il nome del marinaio per promuovere altri prodotti (come per esempio degli spinaci) può invece costituire una violazione della legge.
Dunque, a dispetto di questa grande notorietà, difficilmente qualche azienda alimentare cercherà di promuovere i propri spinaci usando la faccia di Braccio di Ferro, rischiando di essere trascinata in una causa milionaria. A conferma di questa non remota eventualità, basta ricordare che in Europa, dal 1998 (2023 per gli Usa) sono scaduti i diritti per il personaggio simbolo di Disney, Mickey Mouse, creato nel 1928 e quindi "teoricamente" entrato nel "pubblico dominio" europeo, ma "praticamente" questo ingresso è rimasto confinato alla sola cultura popolare.
Queste due norme hanno come presupposto la registrazione del marchio. Questo significa che il codice penale, si riferisce unicamente al segno registrato e non alla falsificazione del prodotto.
L'articolo 517 del Codice Penale fa riferimento invece ai marchi "di fatto" (esistenti ma non registrati regolarmente) e punisce con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 2 milioni di lire la messa in vendita o la messa in circolazione di opere di ingegno, prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi somiglianti a quelli originali e atti a indurre in inganno l'acquirente sull'originale provenienza o qualità del prodotto.
Oltre a queste norme, nel febbraio 2001 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto legislativo di revisione della legislazione nazionale in materia di protezione giuridica dei disegni e dei modelli, in applicazione della direttiva 98/71/CE. Per suo effetto, sono tutelati anche i prodotti del disegno industriale (gioielli, lampade, arredi, oggetti d’uso corrente, ecc.), che possiedono i requisiti della novità e della individualità, nonché i componenti di prodotti complessi (come le auto, o gli elettrodomestici). E' stata così colmata una lacuna legislativa per cui, diversamente dal resto d’Europa, il design industriale italiano non godeva della protezione del diritto d'autore e dunque risultava estremamente più vulnerabile alla copia rispetto alla concorrenza estera.
La parola brevetto deriva dal latino brevis, di corta durata, che nel latino medioevale aveva assunto il significato di un documento redatto da un notaio per conservare memoria e provare la conclusione di un negozio, dando origine al medioevale francese bref ed inglese brief, con il senso di breve scritto, e infine agli attuali diminutivi brevet, in francese, e brevetto, in italiano.
L'etimologa della traduzione inglese di brevetto, patent, ha sottolineato invece l'altro aspetto fondamentale di questo istituto in quanto deriva dal latino patens, participio presente di patere, che sottolinea il fatto di essere aperto, accessibile al pubblico (ma non utilizzabile liberamente). Mentre ciascun paese ha il suo proprio sistema di leggi brevettuali, gli stessi princìpi di base sono condivisi ed applicati in tutto il mondo.
Possono costituire oggetto di brevetto:
Per ottenere un brevetto d'invenzione, devono essere soddisfatti 4 requisiti:
Non sono peraltro considerate invenzioni:
La normativa UE impedisce di brevettare il software puro in quanto tale. Permette la brevettazione di invenzioni, di apparecchi fisici che utilizzano del software (cellulari, lettori DVD, elettrodomestici intelligenti, ecc.), ma non del software stesso. Si è riportato così il brevetto alla sua natura originaria, cioè la protezione delle invenzioni, non dei concetti astratti, di cui il software è una forma particolare. I programmi informatici, peraltro, sono già protetti dal copyright (v. avanti), che si è dimostrato lo strumento più efficace a tale scopo, sia nella sua versione più tradizionale, sia nella versione proposta per tutelare il cosiddetto "software libero" e "open source".
Al momento, sembra che sia scongiurato il pericolo di vedere (come accade negli Usa) brevettato lo shopping one-click usato per esempio su amazon.com o la barra di avanzamento e la clessidra (per gli utenti windows™) o l'orologietto (per gli utenti linux) che indicano lo stato di avanzamento durante l'esecuzione di un programma.
Si potrebbe pensare che per depositare validamente un brevetto in uno Stato sia sufficiente che il trovato non sia brevettato in quello Stato. In realtà, non è così, altrimenti sarebbe sufficiente consultare una banca dati dei brevetti, individuare un prodotto interessante, brevettarlo in Italia e godere dell'esclusiva sul nostro territorio sfruttando il lavoro di altri. Se un oggetto è stato brevettato negli Stati Uniti, per esempio, chiunque in Italia potrà produrlo e venderlo, ma non brevettarlo. La differenza è notevole in quanto senza brevetto, si può solo operare in regime di libera concorrenza, e non di monopolio. |
Essere sicuri che un trovato sia realmente nuovo e quindi brevettabile è una cosa molto difficile in quanto occorrerebbe conoscere non solo tutto ciò che è stato brevettato in quel settore ma anche ciò che è stato prodotto e commercializzato, giacché anche l'esistenza sul mercato del trovato che si vuole proteggere ne impedisce la brevettazione.
Come contropartita per la concessione del diritto di esclusiva, lo Stato richiede la pubblicazione del brevetto, dopo il periodo di segretezza successivo alla data del deposito, affinché il contenuto dell'innovazione oggetto del brevetto diventi patrimonio della collettività e diventi così a sua volta punto di partenza per lo sviluppo di ulteriori innovazioni.
Si faccia attenzione al concetto di novità: 1) una combinazione di elementi presenti allo stato dell'arte nella tecnica non comporta di per sé originalità; 2) un'invenzione nuova non deve essere stata divulgata né resa accessibile al pubblico prima della data di deposito della domanda di brevetto. Tuttavia, la divulgazione deve essere tale da permettere l'attuazione dell'invenzione da parte di un esperto del ramo. |
E' considerata divulgazione la comunicazione dell'invenzione, volontaria o involontaria, a persone esperte del settore in grado di attuarla in maniera completa. Di conseguenza, non si ha divulgazione se l'invenzione viene trasmessa in maniera incompleta o a persone incompetenti, o se gli elementi rivelati non sono sufficienti alla sua attuazione da parte di una persona esperta del ramo.
In aggiunta, non si ha divulgazione qualora i destinatari delle informazioni, o di quant'altro inerente l'invenzione (per es., un prototipo da testare), siano vincolati al segreto mediante la sottoscrizione di appositi accordi.
Il Codice della proprietà Industriale prevede due eccezioni:
1) Art. 47, comma 1° C.P.I.: "una divulgazione dell'invenzione non è presa in considerazione se si è verificata nei sei mesi che precedono la data di deposito della domanda di brevetto e risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa".
2) Art. 47, comma 2° C.P.I. "Non è presa altresì in considerazione la la divulgazione avvenuta in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali
firmata a Prigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni".
Quanto alla priorità, in tutti i Paesi, tranne negli USA, il conflitto tra più inventori è risolto sulla base della presentazione della domanda: "first to file". Negli USA vale il principio "first to invent".
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