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la tabella seguente riporta il giro d'affari dei primari gruppi farmaceutici mondiali Fonte: AdnKronos (07/07/2004)
Nel 2003, le tre più importanti industrie farmaceutiche svizzere - Novartis, Roche e Serono - hanno realizzato, insieme, un giro d'affari di 37 miliardi di dollari, somma che corriponde all'8% del mercato globale. Secondo l'istituto di ricerca Ims Health, che si è basato sulle vendita di medicinali a livello internazionale, il colosso americano Pfizer mantiene la testa della classifica con ricavi pari a 47,1 miliardi di dollari. La quota di mercato detenuta da Pfizer, indica l'Ims, è pari al 10%. Novartis e Roche occupano il quinto e il nono posto con vendite di 20,3 e 15,2 miliardi di dollari. La quota di mercato per Novartis si avvicina al 4%, quella del suo concorrente Roche al 3%. Serono si piazza al 46esimo posto per un fatturato di 1,4 miliardi di dollari. Dietro al numero uno Pfizer, si piazza l'azienda britannica GlaxoSmithKline con vendite per 30,8 miliardi di dollari. Seguono Merck (22,5 miliardi) e Johnson e Johnson (22,2 miliardi), entrambe americane. Nel 2003, le cifre consolidate fornite da Ims Health riunivano il 70% del mercato globale dei medicinali prescritti su ricetta medica a prezzi di fabbrica. Ciò spiega come mai le cifre fornite possano differire da quelle rese note dalle aziende. Il mercato mondiale dei medicinali è stimato a 466 miliardi di dollari. |
In riferimento alle varie forme farmaceutiche, le confezioni commercializzate nel 2000, possono così essere ripartite:
Un quadro ancóra più scoraggiante emerge quando si vuole ricercare uno specifico contenuto all'interno di un sito. Cercando argomenti che possano essere compresi nell'area dell'ambiente, dell'educazione, della salute e delle attività sociali, soltanto il sito della GlaxoSmithKline tratta tutte e quattro queste aree di interesse, e la Bayer circoscrive la sua attività all'ambiente e al sociale.
Gli argomenti di maggior interesse per i consumatori nel determinare la reputazione di un azienda sono: l'accesso ai farmaci, i test sugli animali, la sicurezza dei prodotti e i farmaci essenziali. Solo cinque siti, però, trattavano di questi argomenti.
Quando si cercano informazioni sui farmaci essenziali con un motore di ricerca, i siti delle aziende farmaceutiche sono pressocché inesistenti rispetto ad altri: dopo aver digitato le chiavi di ricerca "aziende farmaceutiche" "farmaci essenziali", soltanto l'1% delle pagine web che compaiono nella ricerca di Google appartengono a siti di aziende farmaceutiche, mentre ben il 46% per cento dei siti riportano informazioni contro questo tipo di aziende. Qunado poi si cercano informazioni sulla sicurezza dei farmaci, i siti delle case farmaceutiche sono il 4%, contro il 29% di quelli ostili.
I ricercatori britannici hanno anche riscontrato che il 47% delle aziende non mettono on line rassegne stampa, il 17% dei siti non contiene informazioni sulla società ed il 60%, oltre a presentare difficoltà di consultazione, non prevede la possibilità di fare una ricerca interna al sito. Due aziende, infine, hanno un difettoso programma per l'invio delle e-mail. E, a questo proposito, c'è da ricordare che solo la Boehringer Ingelheim, la Menarini, la Powderject e la Roche rispondono alle e-mail nel giro di 24 ore, mentre il 18% non risponde nemmeno nel giro di una settimana.
Una rivoluzione a cui difficilmente si sottrarrà il mondo del farmaco che dovrà prendersi cura dell’individuo lungo tutto il suo ciclo vitale offrendo terapie, soluzioni e informazioni. La volontà di autodeterminazione del proprio benessere e l’esigenza di partecipare alle scelte del medico sono, quindi, il terreno che porterà il commercio elettronico dei farmaci ad espandersi, con o senza divieti. Ciò non significa dare via libera ad una sorta di far west dell'e-commerce. Questa eventualità deve essere evitata attraverso regole certe per una corretta informazione, qualità dell’offerta e obbligo della prescrizione medica per i farmaci etici.
Queste regole – che a livello UE possono essere stabilite dalla Commissione europea – devono essere condivise da tutte le parti in causa per non trovarsi poi in una situazione di inefficacia. La vendita dei farmaci attraverso Internet non pone in discussione il ruolo del farmacista o dei distributori intermedi, rappresenta però una realtà in espansione che solo un atteggiamento oscurantista può negare. Negli Stati Uniti un'indagine ha dimostrato che il 48% degli americani si informa attraverso la via telematica e che il rapporto medico-paziente non viene per niente svilito.
La posizione di Farmindustria e dell’EFPIA non rappresenta però, una richiesta, ma il riconoscimento di una necessità. Ed è proprio per questo motivo che è urgente passare il più velocemente possibile ad una regolamentazione almeno a livello europeo. Un obiettivo ancora da raggiungere visto che al momento l’UE ha nominato un gruppo di studio sul fenomeno delle vendite su Internet, al quale l’Italia partecipa.
L’esempio degli USA è in questo senso illuminante per comprendere come liberalizzazione dell’advertising (anche sui prodotti etici) e rispetto delle regole per una corretta informazione possano convivere. L’AMA (American Medical Association – l’Associazione dei medici americani), ha istituito un vero e proprio sistema di accreditamento dei siti che offrono medicinali in rete. In pratica la serietà dell’offerente e la qualità dei prodotti vengono garantiti dalle associazioni di categoria (dei farmacisti o delle stesse aziende farmaceutiche) che rilasciano una specie di bollino di garanzia e attivano controlli periodici. Un ruolo che in Europa potrebbe essere ricoperto anche dall’EMEA.
La potente FDA americana ha da tempo istituito una divisione – la Ddmac – che si occupa del controllo delle rigidissime regole che governano marketing e pubblicità. Regole che la FDA non ha esitato a far rispettare comminando multe anche di decine di milioni di dollari e ordinando il ritiro delle pubblicità "scorrette".
Una liberalizzazione controllata, dunque, che non ha mancato di produrre effetti positivi. Una indagine condotta negli USA in collaborazione con la FDA ha dimostrato che la Direct-to-consumer advertising (Dtca) nel 46% dei casi ha contribuito a rendere più sicuro l’uso del farmaco e nel 52% del campione ad accrescere la consapevolezza sugli effetti della terapia.
La Dtca non ha comunque favorito il "fai da te". Se il 27% degli intervistati ha infatti dichiarato di informarsi tramite advertising a mezzo stampa e ben il 48% con il Web, il 92% (contro l’85% del 1998) mantiene come fonte primaria di informazione il proprio medico, che sembra quindi rinsaldare il legame con il paziente grazie al supporto informativo on line e alla stessa Dtca.
Si dirà che l’e-commerce rischia comunque di incentivare il ricorso all’auto-cura anche per i farmaci etici. Ma, così come avviene per il tradizionale canale di vendita anche la farmacia virtuale potrebbe essere obbligata a richiedere la ricetta medica via fax o in e-mail. Gli strumenti per non rendere incontrollata l’offerta farmaceutica on line non mancano e potrebbero minimizzare i rischi rispetto ai vantaggi in termini di costi finali per il consumatore, di informazione più capillare, di maggiore consapevolezza del cittadino rispetto all’atto terapeutico.
La rivoluzione di Internet imporrà probabilmente presto anche all’Europa di rivedere le regole che oggi vietano la pubblicità dei farmaci etici. Ma l’e-commerce creerà inevitabilmente nel tempo anche una politica di armonizzazione internazionale dei prezzi e di semplificazione delle regole che disciplinano il settore.
Negli USA è possibile da tempo procurarsi via Internet medicinali OTC e anche alcuni medicinali che richiedono la ricetta medica. Come si sa Internet non ha confini e i siti americani che vendono farmaci possono essere facilmente raggiunti anche dai cittadini residenti in Europa (salvo i problemi legati all'importazione nel Paese di dsetinazione).
Tuttavia negli USA, proprio perchè si sono verificati casi di intossicazione o peggio, la passata amministrazione Clinton ha preso una serie di provvedimenti allo scopo di controllare il diffondere dell'acquisto di farmaci via Internet. In particolare, i siti che vendono o pubblicizzano farmaci on-line sono stati posti sotto costante controllo dalla FDA (Food and Drug Administration) e sono previste inoltre sanzioni molto dure per la vendita di farmaci senza ricetta.
Per quanto riguarda l'Europa, Il GPUE (Raggruppamento Farmaceutico dell’Unione Europea) ha stilato un documento per rendere i cittadini consapevoli dei pericoli connessi all’acquisto di farmaci via Internet.
A tutela della salute, un farmaco può essere commercializzato in uno Stato membro dell'UE quando ha soddisfatto precisi criteri di qualità, sicurezza ed efficacia. La conservazione di un prodotto è attentamente controllata dal produttore, dal grossista e dalla farmacia al fine di assicurare che i farmaci non perdano efficacia prima di essere dispensati.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ha riconosciuto tali pericoli e sta monitorando la promozione e la vendita di farmaci via Internet. |
La vendita di medicinali su Internet riesente di un vuoto giuridico causato sia dall'assenza di una normativa europea specifica, sia dalla presenza delle diverse disposizioni nazionali sui medicinali accessibili solo con prescrizione medica. In assenza di una specifica disciplina ci si deve quindi riferire alle norme che sono applicabili al commercio di medicinali ed a quelle che regolano il commercio elettronico in generale.
Con l'acquisto di un farmaco tramite un sito straniero può accadere che vengano aggirati i divieti imposti dalla legislazione comunitaria sull'acquisto dei farmaci vendibili solo con prescrizione medica. Ciò avviene quando un farmaco vendibile in uno Stato comunitario solo su prescrizione medica sia invece liberamente acquistabile in un Paese non membro, ad esempio l’America (negli USA, ricordiamo che è consentita la vendita a distanza e la pubblicità di tutti i medicinali): in questo caso il potenziale acquirente può acquistare il farmaco rivolgendosi direttamente al sito straniero che vende on-line il medicinale, pur non essendo in possesso della prescrizione medica.
Più che la possibilità di acquistare medicinali via internet è importante la legittimazione della loro presenza nella rete. Questo perché una volta che un prodotto OTC viene legalmente venduto via internet, si apre una breccia per la vendita nei supermercati e negli autogrill.
La Corte di giustizia europea con la sentenza C-322/01, riguardante la mega farmacia on-line Docmorris, ha stabilito che la vendita via internet di prodotti dietetici e di farmaci senza obbligo di prescrizione è oggi consentita.
La Corte ha giudicato l'acquisto di medicinali in rete molto vantaggioso per i cittadini europei, utile per favorire il libero mercato ed in accordo con le norme di salute pubblica.
La commissione governativa di controllo sui monopoli ritiene che le farmacie online siano legittimate a operare in Germania. La perizia fa riferimento alla "normativa sull'e-commerce" della Ue, la quale stabilisce che nel commercio online sono applicabili le norme del Paese di residenza del venditore. Poiché la vertenza riguarda DocMorris che ha sede in Olanda (dove è ammessa la vendita dei farmaci via Internet) non ci sono ostacoli.
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Marcello Guidotti, copyright 2003 - 2005 (settembre)
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