conservazione degli alimenti

snack

Il problema della conservazione degli alimenti è di enorme importanza per ragioni economiche, geografiche, politiche, climatiche, per l'incremento demografico e per il continuo aumento dell'urbanizzazione.
Alcuni alimenti si mantengono inalterati per molti anni o indefinitamente. I cereali, in particolare, se vengono protetti dai parassiti si alterano difficilmente, e per questo la produzione cerealicola ha sempre costituito un indice significativo dell'economia e della produttività agricola degli Stati.
Per contrasto, la conservazione degli alimenti carnei è estremamente difficile in quanto le proteine di cui sono ricchi rappresentano un ottimo substrato per molti microrganismi; particolarmente attivi sulle carni sono i germi putrefattivi che generalmente rendono tali alimenti inadatti al consumo.

I problemi igienici inerenti alla lavorazione delle sostanze alimentari si riferiscono sia al rispetto delle norme di carattere generale (pulizia degli ambienti e delle persone), sia alla necessità di impedire che microrganismi o parassiti dannosi per l'uomo invadano gli alimenti per i quali hanno particolare affinità. Sotto questo aspetto è di grande importanza diffondere la conoscenza delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti ed escludere le persone affette da patologie infettive dalle attività legate al consumo, alla produzione, al confezionamento e alla distribuzione delle sostanze alimentari.

tecnologie disponibili

Conservare il cibo significa impedire o contrastare il naturale processo di decomposizione cui va soggetto tutto ciò che proviene dal regno vegetale ed animale, processo determinato dall'irrancidimento dei grassi e dall'azione di microrganismi che si nutrono delle sostanze organiche componenti ogni prodotto vegetale e animale. Quindi conservare significa anche eliminare questi microrganismi o inibirne la loro azione.

La cottura è una pratica antichissima attuata per migliorare il gusto dei cibi, per sterilizzarli, per uccidere eventuali parassiti, per rendere i cibi talora più digeribili e per distruggere alcune sostanze tossiche eventualmente presenti. La cottura provoca la coagulazione delle sostanze proteiche le quali, pur divenendo meno digeribili, risultano maggiormente appetibili e quindi più attive nella stimolazione delle attività secretorie dello stomaco e dell'intestino indispensabili per l'assimilazione degli alimenti. Con la cottura avvengono l'idrolisi del saccarosio, la solubilizzazione dell'amido e la sua trasformazione in destrine. Per quanto riguarda i grassi, sebbene vengano modificati solo a temperature molto elevate, difficilmente raggiunte durante la cottura degli alimenti, si ha comunque una disidratazione per cui il grasso acquista consistenza granulosa e diviene più facilmente digeribile. Alle alte temperature (p. es. nella frittura) le sostanze grasse vanno incontro ad alterazioni provocate da un insieme di reazioni a catena di tipo ossidativo che portano alla formazione di numerosi composti (perossidi, aldeidi, chetoni) responsabili dell'irrancidimento dell'olio e di accertata tossicità.

Oltre alla cottura, sono disponibili vari metodi per la conservazione degli alimenti e la loro scelta dipende sia dal tipo di alimento sia da fattori ambientali, economici, igienici e psicologici. Comuni sistemi di conservazione sono la disidratazione (carni, pesci, legumi disseccati), la liofilizzazione, l'affumicamento, la salatura o l'aggiunta di zucchero in concentrazioni incompatibili con la sopravvivenza dei microrganismi, il frazionamento (l'utilizzo delle frazioni meno labili degli alimenti, come avviene comunemente per i lattoderivati); l'impiego di prodotti chimici (additivi, antisettici, antiossidanti); la pastorizzazione e la sterilizzazione, la refrigerazione e la surgelazione; l'irradiazione, la fermentazione, con la quale si favorisce la produzione batterica di sostanze inibenti l'ulteriore decomposizione dell'alimento; la conservazione in atmosfera controllata; l'inscatolamento; il confezionamento con film plastici.

metodi di conservazione tradizionali

Di séguito riportiamo un elenco sintetico dei metodi dei tradizionali sistemi di conservazione.
  1. con le alte temperature: cottura o solo scottatura. Si può avere una conservazione temporanea dei cibi o anche molto lunga e prolungata: i microrganismi vengono eliminati temporaneamente nei cibi che rimangono a contatto con l'aria e definitivamente in quelli chiusi in recipienti ermetici (sterilizzazione e appertizzazione);

  2. con le basse temperature: si usava fin dall'antichità nelle zone e nelle stagioni fredde; ora con gli apparecchi frigoriferi è possibile ovunque (con la refrigerazione, la congelazione o la surgelazione, secondo l'intensità del processo). I microrganismi vengono rallentati o bloccati nella loro attività, che riprende però non appena la temperatura si alza.

  3. con l'aggiunta di sostanze conservanti che uccidono o inattivano i batteri. Tra queste la più anticamente usata è il sale e la salamoia mentre in tempi più recenti si sono introdotte altre numerose sostanze chimiche come l'anidride solforosa, l'acido salicilico, l'acido ascorbico, i nitriti e tante altre sostanze più o meno consentite e salutari. In questo gruppo si possono includere i cibi conservati sott'aceto, sott'olio e sotto alcool o con lo zucchero (marmellate): tutte sostanze che contrastano in qualche modo l'attività dei microrganismi;

  4. l'affumicatura e l'insaccatura delle carni, come pure la conservazione dei formaggi, combinano gli effetti della salatura, della parziale disidratazione con la protezione dall'aria e dagli agenti esterni che favorirebbero la decomposizione;

  5. la conserva è un prodotto che è stato confezionato in un recipiente ermeticamente chiuso (tipicamente lattine o contenitori in vetro) e sottoposto ad un trattamento termico (sterilizzazione), sufficiente per distruggere o inattivare qualsiasi tipo di microrganismo. In questo modo, il prodotto può essere immagazzinato a temperatura ambiente per lunghi periodi, tanto che può durare in perfetto stato per vari anni. Un esempio sono le conserve di carne e pesce.

  6. la semiconserva è un prodotto mantenuto in un recipiente impermeabile all’acqua e che ha subito un trattamento che lo stabilizza per un tempo limitato. Un esempio sono le acciughe sotto sale o i filetti di acciughe in olio d’oliva, maturati per effetto del sale. S’introducono in barili separati da strati di sale e per fare in modo che il sale penetri bene, si applicano dei pesi sopra il barile per esercitare pressione: in questo modo si produce una perdita d’acqua dalla carne e si verifica una serie di trasformazioni che, durante un periodo di almeno sei mesi, portano a modificazioni dell'aroma, della consistenza e del sapore. Non trattandosi di prodotti sterilizzati, vanno mantenuti in un posto fresco o refrigerato (5/12º C).

  7. disidratazione/essiccazione (v. avanti)

metodi di conservazione tecnologici

pastorizzazione: questo trattamento deve il suo nome a Pasteur che, intorno al 1860, osservò come il vino sottoposto alla temperatura di 60 °C per alcuni minuti, potesse essere conservato a lungo.

La pastorizzazione distrugge la microflora dei liquidi organici anche oltre il 99 per cento, ma poiché non si raggiungono temperature sufficienti a devitalizzare i microrganismi termofili, né tantomeno le spore, l'alimento pastorizzato deve comunque essere conservato in condizioni atte a limitare lo sviluppo di questi microrganismi.
Con il processo di pastorizzazione le proprietà fisicochimiche ed il gusto dei prodotti sono conservate praticamente inalterate per un periodo di tempo differente in rapporto a prodotti stessi. Generalmente la pastorizzazione si applica a:

ed è seguita da un rapido raffreddamento del prodotto, spesso associato ad altri sistemi di conservazione. Il raffreddamento dell'alimento ha anche lo scopo di evitare che le alte temperature danneggino eccessivamente le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto.
La durata del trattamento dipende dalla natura dell'alimento:

processo temperatura durata note
pastorizzazione bassa 60 - 65 °C 30 min utilizzata per vino, birra e latte per caseificazione
pastorizzazione alta 75 - 85 °C 10 -15 sec un tempo era utilizzata per il latte. Sostituita dalla HTST (High Temperature Short Time).
pastorizzazione rapida 70 - 75 °C 15 - 20 sec detta anche HTST o stassanizzazione.

sterilizzazione

con questo procedimento si eliminano tutti i microrganismi presenti nei liquidi e nei solidi. Il prodotto comunque non è del tutto asettico e non può mantenersi all'infinito: per ottenere una sterilizzazione completa infatti occorrerebbero, alle temperature impiegate, tempi molto lunghi con grosse perdite nutritive.
La sterilizzazione viene utilizzata sia per i prodotti confezionati che sfusi, ma affinché l'azione del calore sia duratura, occorre che il prodotto da sterilizzare sia racchiuso in recipienti nei quali è possibile creare il vuoto.
Si realizza a diversi livelli di temperatura per un lasso di tempo variabile in rapporto alla temperatura stessa e ai diversi alimenti:

Dal punto di vista nutrizionale, la sterilizzazione è meno vantaggiosa della pastorizzazione, in quanto l'alta temperatura inattiva le vitamine e fa denaturare le proteine.

disidratazione

tra i metodi naturali di conservazione, la disidtratazione/essiccazione è un sistema ampiamente utilizzato per la conservazione dei cibi. L'essiccazione all'aria era molto usata per carni e pesce (dopo averli salati), nonché per frutta, droghe ed erbe varie.
L'essiccazione non prevede drastici interventi di natura fisica come forti riscaldamenti, raffreddamenti, esposizioni a raggi di varia natura che cambiano l'aspetto, la consistenza e spesso il contenuto vitaminico e salino; non ci sono aggiunte di sostanze chimiche nè di altri ingredienti (come sale, olio, aceto, zucchero, alcool) che comunque alterano il sapore degli alimenti da conservare.

L'essiccazione è un metodo di conservazione "apparentemente" poco usato, perché in ambito domestico per la conservazione del cibo si fa riferimento soprattutto al frigorifero e al congelatore, mentre parlando di cibi conservati, oltre ai surgelati, si pensa ai cibi in scatola o alle conserve, marmellate, sott'aceto, sott'olio, e così si trascura la gran massa di legumi e cereali con tutti i loro derivati, come pure di tutti i prodotti animali, come carni, latte e latticini ottenuti proprio con l'utilizzo di foraggi essiccati.
Per molti secoli e fino a pochi decenni or sono si essiccavano frutta e ortaggi per l'inverno o per i viaggi via mare usando il sole nelle regioni più calde e soleggiate, oppure il forno a legna che, dopo la cottura del pane e degli alimenti, veniva utilizzato per l'essiccazione. Una volta spento il fuoco e terminata la combustione delle braci, all'interno del forno, nel corso del suo lento raffreddamento, si manteneva una temperatura non elevata ma abbastanza costante da permettere l'essiccazione di molti alimenti come carne, frutta, verdura, sementi ed altro.

Il processo di essiccazione richiede alcune manipolazioni preliminari. I frutti e gli ortaggi di grossa taglia, non possono essere essiccati interi o divisi a metà; quindi devono essere tagliati: a fette, pezzi, cubetti, striscioline ecc. Le forme e le dimensioni del taglio dipendono dalle caratteristiche del prodotto. Poiché l'essiccazione avviene per evaporazione dell'acqua contenuta all'interno delle cellule, l'acqua deve attraversare successivi strati cellulari (ce ne possono essere più di 10 per ogni millimetro di spessore) fino a raggiungere la superficie. E' ovvio che quanto più grosse sono le fette tanto più lungo sarà questo percorso e di conseguenza il tempo di essiccazione sarà maggiore, sicché i tempi di essiccazione, a parità di condizioni esterne e di prodotto, sono all'incirca proporzionali agli spessori delle fette. Quindi, approssimativamente uno spessore doppio richiede un tempo di essiccazione pressoché doppio. Da queste premesse si può pensare che sia più conveniente ridurre i prodotti a fette sottili in modo da ridurre i tempi di essiccazione; tuttavia, tagliando il prodotto a fette molto sottili occorrerà una superficie più grande per la distribuzione delle fette stesse e quindi occorrerà ripetere più volte l'operazione. Pertanto, se lo spessore doppio richiede il doppio del tempo, permette di essiccare anche una quantità doppia. In conclusione, l'esperienza ha mostrato che lo spessore delle fette deve essere per lo più compreso fra 4 e 10 mm, senza con questo escludere la possibilità di fare anche fette più grosse.

Per riporre il prodotto essiccato da conservare bisogna assicurarsi che sia perfettamente secco e cioè che il suo grado di umidità sia inferiore al 13 - 15% . Questi valori si possono raggiungere anche con aria ambiente, senza l'uso del riscaldatore, ma solo se il clima è caldo e asciutto. Solo con l'aria riscaldata si è sicuri di essiccare correttamente anche in presenza di clima freddo e umido e di portare l'umidità del prodotto a valori sensibilmente inferiori a quelli minimi di sicurezza.
Per decidere quando il prodotto ha raggiunto un grado corretto di essiccazione, è sufficiente controllare il comportamento dei vari prodotti sottoposti ad essiccazione: all'inizio perderanno umidità abbastanza rapidamente, con una sensibile diminuzione di volume e di peso e con un graduale aumento della consistenza al tatto; con l'esaurirsi del processo queste trasformazioni rallentano gradualmente fino a fermarsi del tutto.
Ogni sostanza infatti raggiungerà una condizione di equilibrio di umidità interna che dipende dal tipo di frutto o di ortaggio e dalle condizioni ambientali in cui si opera; tale equilibrio (anche se l'umidità ambientale è molto elevata) con l'uso dell'aria calda, è sicuramente al di sotto della soglia minima di umidità in grado di assicurare la conservazione.

Una volta raggiunto il giusto grado di essiccazione è necessario riporre in recipienti e in luoghi adatti alla conservazione il prodotto essiccato. La corretta conservazione può essere garantita anche in recipienti non ermeticamente chiusi, purché in luoghi asciutti e al riparo dalla luce. In questo caso l'umidità interna potrà variare a seconda della maggiore o minore umidità ambientale, ma sempre restando entro i limiti di conservabilità. Infatti, l'essiccazione non mette i cibi al riparo da muffe e parassiti. Per il primi, l'attacco si verifica se il prodotto non è sufficientemente secco o lo si è collocato in ambienti particolarmente umidi senza chiusura ermetica; per i secondi, occorre tenere a mente che non sempre vengono dall'esterno. Infatti nonostante tutti gli accorgimenti come pulizia, lavaggi, sbucciatura e scottatura della parte superficiale, potrebbe comparire a lungo andare, in alcuni recipienti, qualche piccola larva, come quelle che vediamo a volte formarsi nella pasta, nel riso, nelle farine, o in altri prodotti similari. Questo è dovuto a contaminazioni (uova deposte da piccole farfalle) subite ancora sulla pianta o durante le fasi di raccolta, trasporto e stoccaggio, precedenti all'essiccatura.

Qualora si sopetti una contaminazione da parassiti o se ne riscontrino i primi effetti, è sufficiente mettere il prodotto in un forno a 70-80 ºC per 10-15 minuti, per poi stendere a raffreddare prima di riporre nei recipienti di conservazione. Questo procedimento lo si può attuare già preventivamente per quella frutta che si prevede di consumare dopo vari mesi.

L'essiccazione è una pratica piuttosto diffusa per quanto riguarda erbe medicinali, erbe aromatiche e fiori. La diffusione di composizioni con fiori secchi a scopo decorativo si è notevolmente diffusa nelle abitazioni, nei negozi, pubblici esercizi, alberghi e altri locali.
L'impiego di fiori essiccati, normalmente provenienti da specie profumate, è utile anche per la preparazione di pot-pourri, da esporre in coppe, vassoi o altri contenitori per la profumazione dei locali. I pot-pourri si possono preparare mischiando petali di fiori (geranio, rosa, lavanda, fiordaliso…), bucce essiccate di frutta (arancia, limone, pompelmo, cedro), spezie (cannella, chiodi di garofano, noce moscata, ecc.) , eventualmente aggiungendo alcune gocce di essenza profumata. Possono essere sistemati in cofanetti di vetro, ceramica o altro, muniti di coperchio, da aprire quando si voglia diffondere il profumo nell'ambiente.

Tutte le foglie con superficie lucida, coriacea o ricoperte di peluria sono di essiccazione molto lenta e pertanto si possono essiccare anche esposte all'aria, in ramoscelli o mazzetti appesi per molti giorni. L'essiccazione forzata abbrevierebbe i tempi, ma non certo in proporzione agli spessori, come per la frutta, e comunque richiederebbe vari giorni.
Altre foglie ed erbe si avvantaggiano dell'uso di un essiccatore, ma anche qui non vale la regola di 2 o 3 ore per millimetro di spessore, ma richiedono tempi notevolmente più lunghi in rapporto allo spessore (che di solito è inferiore al millimetro), in quanto le cellule sono integre e inoltre le foglie tendono a conservare l'umidità interna (è un meccanismo primario di autodifesa e di autoconservazione che ogni pianta possiede contro la siccità) rallentando l'essiccazione .

Da queste premesse si comprende che le erbe in genere vanno essiccate senza fretta, sia perché tendono a perdere acqua lentamente, sia soprattutto perché forzando troppo il processo si rischia, con temperature troppo elevate, di far perdere proprio quelle sostanze e quegli aromi per cui si vuole conservarle. Infatti molti principi attivi delle piante officinali, come molte essenze delle erbe aromatiche, sono termolabili cioè vengono distrutti o inattivati da temperature superiori ai 35-40°, come pure dall'esposizione diretta ai raggi solari (si devono essiccare all'aria, ma all'ombra).
Pertanto si può ricorrere agli essiccatori, purché siano muniti di movimentazione forzata dell'aria, che spesso è sufficiente anche da sola a dare il risultato voluto, inserendo resistenze o riscaldatori solo con clima freddo o umido e controllando la temperatura di uscita dell'aria.

Caratteristiche tecniche.
*Capacità di carico: 5 Kg circa (dipende dal materiale trattato)
Tempi di essiccazione:5 ore (con arbusti tipo erba medica) **
Temp. di essiccazione: 35 - 50°C
Rendimento medio: 75%
Dimensioni di ingombro: Aperto: 95x45x150; Ripiegato: 100x45x65
"Elio" è realizzato in legno e trattato con vernici pastello grezzo ed impregnanti ad acqua

* Misure effettuate con 1000 w/m2 di insolazione
** I tempi di essiccazione sono variabili e dipendono dalle caratteristiche dei prodotti trattati e dalla loro capacità di trattenere l'acqua, oltre all'insolazione disponibile.

per informazioni: heos@heos.it

Per dare un'idea concreta del processo di disidratazione forzato, ci riferiamo ad un essiccatore solare per alimenti, piante aromatiche ed officinali, particolarmente adatto ad un utilizzo familiare o per piccole produzioni. Le sue caratteristiche lo rendono elemento indiscusso in tutte quelle attività di trattamento di conservazione in cui si intenda mantenere la piena continuità dei processi di agricoltura biologica.
L'essiccatore "Elio" utilizza la radiazione solare come sorgente energetica, di conseguenza non ha emissioni dannose in atmosfera. Infatti, il processo di essiccazione è ottenuto in modo del tutto tradizionale, sebbene utilizzando una moderna tecnologia ecologica.

essiccatoreL'essiccazione avviene grazie all'aria calda prodotta dal pannello solare (2) che aspira l'aria dall'esterno (1) la riscalda e la immette nella camera di essiccazione (3), l'aria carica di umidità viene espulsa dall'apertura (4).

L'essiccazione, quindi, avviene per l'intenso flusso di aria, questo consente di ottenere un buon grado di essiccazione in tempi rapidi, al riparo da agenti atmosferici ed altri elementi che potrebbero danneggiare il prodotto.
La temperatura massima della camera di essiccazione non supera mai i 50°C, questo consente il mantenimento degli olii essenziali e delle proprietà organolettiche dei prodotti trattati.

L'impiego del policarbonato nelle pareti della camera di essiccazione (3), oltre a conferire ottime caratteristiche di robustezza e durata nel tempo, opera una buona schermatura dai raggi UVA, consentendo una buona conservazione delle caratteristiche cromatiche ed organolettiche dei prodotti.

Questo trattamento comporta una lieve perdita vitaminica, sopratutto a livello di vitamina C e di vitamina B1, ma consente una conservazione per tempi molto lunghi. I prodotti sottoposti a disidratazione devono essere in ottimo stato igienico, perchè rimane comunque la possibilità di permanenza di forme patogene dopo il trattamento. Si applica a:

irradiazione

Utilizzata per la prima volta negli USA nel 1943 per sterilizzare gli hamburger, è una delle più recenti tecniche di conservazione introdotte. Consiste nel sottoporre gli alimenti all'azione di radiazioni elettromagnetiche come raggi X, raggi gamma e ultravioletti, ed è la tecnica più discussa perchè si teme che renda gli alimenti radioattivi: in realtà le radiazioni ionizzanti non vengono trattenute.
La dose utilizzata è generalmente da bassa a media e comunque tale da non determinare la formazione di residui radioattivi nei prodotti trattati.
I trattamenti permettono di: A dosaggi bassi e medi gli effetti sulle caratteristiche nutrizionali degli alimenti sono modesti e comunque non tali da compromettere la qualità del prodotto. Dosaggi elevati di radiazioni ionizzanti eseguono una vera e propria sterilizzazione.
Alcuni alimenti non possono essere irradiati perchè il procedimento provoca uno sgradevole cambiamento nell'aspetto, nel gusto o nell'odore dei prodotti: l'irradiazione infatti può scurire alcuni tipi di carne e peggiorarne il sapore e la consistenza, ossidare i grassi insaturi rendendoli rancidi e, se usata a dosi elevate, annerire il pesce.
Viene utilizzata in: In molti casi gli alimenti irradiati sono indistinguibili alla vista e al gusto da quelli freschi non trattati. In Italia il DM 30/08/1973 permette l'uso delle radiazioni gamma, liberate dalla disintegrazione di alcuni isotopi del cobalto e del cesio, solo al fine di bloccare di germinazione. Vi è l'obbligo di dichiarare se gli alimenti sono stati irradiati, ma attualmente non vi sono mezzi semplici e affidabili per accertare se essi sono stati sottoposti a tale trattamento.

liofilizzazione

E' un processo di disidratazione condotto a bassa temperatura e sottovuoto, in modo da lasciare inalterata la struttura e le proprietà degli alimenti, offrendo buona sicurezza batteriologica.
La liofilizzazione viene ottenuta per congelamento rapido dell'alimento a temperature di -30, -40 °C, e successiva disidratazione per sublimazione sotto vuoto a bassa temperatura.
I liofilizzati conservano le stesse qualità nutrizionali dei prodotti di partenza e vanno reidratati prima del consumo: si tratta di un'operazione pressocché istantanea e l'alimento ricostituito è del tutto simile a quello fresco.
Un altro vantaggio, oltre alla conservazione assicurata per parecchi anni (purché al riparo dall'umidità), è quello di ridurre considerevolmente il peso ed il volume dei cibi, e questo rende ragione del fatto che tutto il cibo consumato sino ad oggi dagli astronauti nelle missioni spaziali è liofilizzato.
I cibi liofilizzati vengono confezionati in involucri resistenti all'ossigeno ed all'umidità, generalmente alluminio e polietilene, ma anche vetro. La liofilizazione si applica a: Il confezionamento di questi prodotti è un'operazione delicata, compiuta o sottovuoto o in atmosfera controllata.


controllo di qualità1 2 tecniche di sterilizzazione3 principi di dosimetria4 radiosterilizzazione5 stabilità dei farmaci6
HOME PAGE HOME PAGE

Marcello Guidotti, copyright 2009
questa pagina può essere riprodotta su qualsiasi supporto o rivista purché sia citata la fonte e l'indirizzo di questo sito (ai sensi degli artt. 2575 e 2576 cc. Legislazione sul diritto d'autore). Le fotografie sono tratte da siti web e sono, o possono ritenersi, di pubblico dominio purché utilizzate senza fini di lucro. Le immagini di prodotti presenti nel sito hanno unicamente valenza esemplificativa oltre che, eventualmente, illustrare messaggi fuorvianti e non vi è alcun richiamo diretto o indiretto alla loro qualità e/o efficacia il cui controllo è affidato alle autorità regolamentatorie.