radiosterilizzazione

(fonte: INFN)

La sterilizzazione (consiste nella completa distruzione di tutti i microrganismi, spore incluse; si differenzia dalla disinfezione in quanto con quest’ultima si eliminano solamente i microrganismi pericolosi) mediante radiazioni ionizzanti viene effettuata direttamente nel recipiente chiuso definitivo di quei materiali che non possono essere sottoposti ad altro tipo di sterilizzazione (siringhe a perdere, aghi, guanti chirurgici, ecc.).

La radiosterilizzazione trova impiego anche per la conservazione di alcune derrate alimentari: gli alimenti trattati con raggi gamma si conservano più a lungo (non divengono radioattivi e pertanto non vi è alcun rischio per il consumatore), però possono subire alterazioni nel sapore. Una curiosità: la mummia di Ramsete II è sterilizzata con raggi gamma per garantirne la conservazione dai batteri.

Per la radiosterilizzazione si adottano raggi gamma e raggi beta:

Il lettore interessato può consultare la Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
Gazzetta ufficiale n. L 159 del 29/06/1996 PAG. 0001 - 0114

L'uso di radiazioni ad alta energia per impedire la crescita e la riproduzione di microrganismi nei prodotti e diminuire la carica batteriologica risale, negli Stati Uniti, al 1921, quando fu dimostrato che con questo mezzo si potevano eliminare le larve di trichina nella carne di maiale. L'industria, che impiega le radiazioni nelle procedure standard di sterilizzazione di prodotti biomedicali, ha sviluppato tre diverse tecnologie che possono essere utilizzate per trattare i prodotti. In pratica, i prodotti da irraggiare sono posti su un nastro trasportatore e fatti passare sotto un fascio di radiazioni liberate da cobalto 60, cesio 137 o da un generatore di elettroni o raggi X.

sorgenti d'irradiazione ed effetti dell'irradiazione

Irradiazione gamma: sono raggi ad alta energia, emessi da cobalto 60 o cesio 137. Queste sorgenti radioattive sono prodotte nei reattori nucleari commerciali e hanno un'emivita abbastanza lunga. I prodotti vengono introdotti in camere con una spessa schermatura ed esposti ai raggi gamma per tempi definiti. Quando le sorgenti radioattive non sono in uso, vengono conservate in vasche d'acqua che assorbono tutte le radiazioni. Questi raggi ad alta energia possono penetrare in profondità, rendendo possibile il trattamento di grosse quantità di prodotti già confezionati per la spedizione.

Irradiazione con fasci di elettroni: è costituita da un fascio di elettroni ad alta energia, altrimenti conosciuti come raggi beta, sparati da un cannone elettronico. La tecnologia è la stessa del tubo catodico nel televisore, anche se molto più potente. Gli elettroni possono penetrare nei prodotti solo per pochi centimetri, perciò i prodotti da trattare devono essere esposti in strati sottili. Una sottile schermatura metallica è sufficiente ad impedire che gli elettroni fuoriescano dalla camera di trattamento. Quando la sorgente di elettroni non viene usata, è sufficiente togliere la corrente per inattivarla. Non c'è presenza di materiale radioattivo.

Irradiazione X: questa tecnologia è la più recente e combina le proprietà delle due precedenti. Raggi X ad alta energia possono essere prodotti se un fascio elettronico incide su un sottile foglio di metallo. Come i raggi gamma, i raggi X possono penetrare in un prodotto a profondità assai maggiori che un fascio di elettroni. Le sorgenti di raggi X possono essere accese e spente e non necessitano di materiale radioattivo.

Il meccanismo con cui le radiazioni distruggono i microrganismi è legato al danno causato al DNA, la molecola preposta alla riproduzione cellulare. La frazione di sopravvivenza, S, alle radiazioni è un fattore fondamentale nei processi biologici ed è esprimibile con l’equazione statistica di Poisson:

S = exp (- K D )

dove: D è la dose assorbita, K è la probabilità, per unità di dose, che la radiazione interagisca con il DNA per produrre una lesione letale.

sterilizzazione con radiazioni
     diagramma semilogaritmico dell'eq.ne di Poisson: log S = - K D
Il valore di K rappresenta la sensibilità alla radiazione dei microrganismi; esso dipende dalla quantità di DNA nel nucleo cellulare, dal metodo di sterilizzazione, dal tipo di microrganismo e dal tipo di ambiente. Ad esempio nel diagramma a destra (Fonte: Infn) sono mostrate le curve di sopravvivenza del batterio "salmonella Ty2" in diversi ambienti. Si osserva che la dose di radiazione per ridurre a 10-8 la popolazione di questo batterio in una soluzione salina, ad esempio, è minore di 1 kGy, mentre se il batterio è congelato o liofilizzato le dosi sono rispettivamente 2.20 e 5.52 kGy.
Il processo di sterilizzazione è anche fortemente influenzato dalla diversa sensibilità dei vari ceppi di microrganismi e dalle condizioni di irraggiamento.

La natura statistica del processo di radiosterilizzazione rende impossibile eliminare tutti i microrganismi (inattivazione totale), ma li riduce solo di una certa percentuale che cresce al crescere della dose. Questo risultato vale per tutti i metodi di sterilizzazione comunemente utilizzati. In generale le Farmacopee Ufficiali considerano sicuro un livello di sterilità garantita tale che la probabilità di sopravvivenza dei microrganismi nel materiale trattato sia inferiore a 10-6 . Per ridurre le popolazioni presenti fino a questi valori sono necessarie dosi che variano da 10 a 60 kGy a seconda del microbo e dell’ambiente.

effetti delle radiazioni sui prodotti alimentari

L'irradiazione è utilizzata per cacao, caffè, erbe aromatiche e spezie, per l'eliminazione di particolari batteri che provocano il rapido deterioramento organolettico soprattutto in cibi delicati (frutti di mare freschi e la frutta a polpa tenera), ma non è estendibile indiscriminatamente a tutti gli alimenti a causa delle variazioni di colore o di sapore che può avere su particolari cibi.
In base al dosaggio si evidenzia una differente perdita di determinate componenti nutrizionali (soprattutto vitamine): più precisamente un dosaggio basso o medio comprometterà poco l'alimento, la perdita sarà comparabile a trattamenti quali la liofilizzazione o l'inscatolamento, mentre un dosaggio elevato di radiazioni ionizzanti causerà una vera e propria sterilizzazione.

radiazioniLe radiazioni agiscono danneggiando il DNA, provocando rotture o altre modificazioni che impediscono la crescita o la riproduzione dei microrganismi. L'unità di dose assorbita del Sistema Internazionale è il Gray e corrisponde a 100 rad del vecchio sistema di misura.
Le forme viventi più complesse sono danneggiate da dosi più basse rispetto alle forme più semplici. Così, una dose inferiore a 0,1 kiloGray uccide insetti e parassiti e impedisce alle piante di germogliare. Una dose fra 1,5 e 4,5 kiloGray uccide la maggior parte dei batteri patogeni, escluse le spore. Una dose più alta, fra 10 e 45 kiloGray, inattiva le spore e alcuni virus. I prioni, che non contengono acidi nucleici, sono difficili da inattivare con le radiazioni. La dose letale per l'uomo è di 4 Gray.

patogeno D (kGy)
Campylobacter 0,20
Toxoplasma (cisti) 0,25
E. coli 0157 0,30
Listeria 0,45
Salmonella 0,70
C. botulinum (spore) 3,60
D-dose (irradiazione richiesta per distruggere il 90% degli organismi) in kiloGray per patogeni selezionati, a temperatura di refrigerazione.
La dose necessaria per trattare un prodotto varia a seconda del prodotto e del patogeno bersaglio. In genere è necessaria una dose più alta per uccidere lo stesso numero di organismi in un cibo congelato rispetto ad uno refrigerato. Si dice D-dose l'entità dell'irradiazione richiesta per distruggere il 90% degli organismi, cioè per abbassarne la concentrazione di 1 logaritmo decimale.

Per avere un'indicazione sui valori di dose necessari a distruggere quasi completamente gli organismi, a titolo orientativo si può far riferimento alla tabella accanto.

L'effetto dell'irradiazione sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti è solitamente minimo per dosi fino a 7,5 kGray. I prodotti non diventano radioattivi, tuttavia non sempre sopportano l'irradiazione senza modificazioni della qualità. Le carni ad elevato contenuto di grasso possono sviluppare odori sgradevoli; l'albume d'uovo può diventare lattescente e liquido; le ostriche irradiate possono morire e questo accorcia sostanzialmente la loro vita commerciale.

attivazione della materia irradiata

L'irradiazione di prodotti destinati all'uso umano produce dubbi e perplessità legate il più delle volte alla paura verso l'applicazione di metodi nuovi sul cibo e paura per eventuali conseguenze verso la nostra salute. Una della paure più comuni è costituita dalla possibilità che queste radiazioni trasformino il cibo in un prodotto radioattivo.

In Europa, il DLgs n.94 del 30/01/2001, permette l'uso delle radiazioni gamma liberate dalla disintegrazione del cobalto (60) e del cesio (137); dei raggi X emessi da macchine radiogene funzionanti ad un livello energetico nominale pari o inferiore a 5 MeV; elettroni emessi da macchine radiogene funzionanti ad un livello energetico nominale pari o inferiore a 10 MeV.

Bombardando la materia con radiazioni gamma si potrebbero estrarre neutroni che, a loro volta potrebbero interagire con la materia rendendola radioattiva. In realtà, con le radiazioni del 60Co la reazione non può verificarsi perché i due fotoni emessi hanno energia 1,17 e 1,33 MeV ; per il 137Cs, l'energia è 0,66 MeV: la reazione di separazione dei neutroni richiede energie più alte.


Gli studi scientifici sull'irradiazione di prodotti alimentari sono moltissimi; limitandoci a quelli condotti congiuntamente dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (FAO/AIEA/OMS) emerge che: "l'irradiamento di qualsiasi alimento fino ad una dose massima di 10 kGy (il kilogray o kGray è l'unità di misura dell'energia assorbita), è ritenuto sicuro" questo è giustificato dal dato che tali radiazioni non sono assorbite dal cibo.

Per chiarire ulteriormente questa conclusione, è necessario precisare la differenza tra gli alimenti irradiati e quelli radioattivi. I primi sono esposti volontariamente dall'uomo, a delle radiazioni, per bloccare la germogliazione o distruggere i batteri, e le radiazioni cessano istantaneamente il loro effetto nello stesso momento in cui s'interrompe la sorgente che le produce. I secondi sono stati oggetto di esposizione incontrollata, non voluta dall'uomo e dunque fonte pericolosa per la salute.

normativa

Per quanto concerne l'aspetto legislativo, la Commissione "Codex Alimentarius" insieme con altre autorità preposte al controllo in àmbito alimentare, hanno disciplinato e approvato l'irradiazione di più di 60 prodotti alimentari.
A livello europeo sono state emanate due direttive: la direttiva 1999/2/CE e la direttiva 1999/3/CE relative all'irradiamento degli alimenti e dei loro ingredienti, sono poi entrate in vigore il 20 settembre 2000, a partire dal 20 marzo 2001, tutti gli alimenti e i loro ingredienti irradiati sul mercato comunitario devono ottemperare alle disposizioni delle suddette direttive.

La direttiva 1999/2/CE sancisce le norme applicate ad alimenti e ingredienti alimentari trattati con radiazioni ionizzanti, nello specifico interessa una categoria di alimenti (erbe aromatiche essiccate, le spezie e i condimenti vegetali) per i quali sono stati permessi i trattamenti di irradiazione. Tale legge prevede ovviamente anche aspetti legati alla commercializzazione, all'etichettatura (che deve indicare chiaramente se l'alimento in questione è stato trattato o no), l'importazione e i diversi controlli obbligatori su questi alimenti.

Sul piano internazionale questo trattamento è particolarmente diffuso soprattutto sui prodotti a base di carne di pollo per combattere e eliminare la Salmonella e una serie di microrganismi patogeni per l'uomo. Nello specifico, in America l'irradiazione è utilizzata anche sulla carne rossa nella lotta contro la tossinfezione da Escherichia coli.

osservazione
"i prodotti alimentari trattati con radiazioni ionizzanti devono riportare la dicitura "irradiato" o trattato con radiazioni ionizzanti" nella denominazione di vendita e nell'elenco degli ingredienti (omissis)" ... secondo quanto riscontrato dalle associazioni dei consumatori, questo obbligo di legge (Art. 13, comma 1 Dlgs n.94 del 30/01/2001) è disatteso.


problematiche legate a Paesi dell'area non UE

Molti alimenti di vario genere sono irradiati e messi in commercio nei Paesi sviluppati ed in via di sviluppo. Il Bangladesh irradia il pesce essiccato, quello surgelato ed alcuni cereali. La Cina dispone di oltre 60 impianti di irradiazione che trattano un'ampia varietà di prodotti alimentari, fra cui aglio, riso, spezie e condimenti, alimenti confezionati, salsa Sichuan, frutta e carne. Le quantità di prodotti irradiati si contano in migliaia di tonnellate. L'Indonesia irradia spezie essiccate, radici commestibili e tuberi, cereali, pesce essiccato e cibi surgelati sia a fini commerciali che per test di marketing. Nel 1996 la quantità complessiva di prodotti irradiati superava le 6.000 tonnellate. La Repubblica di Corea irradia commercialmente spezie, condimenti vegetali essiccati e prodotti a base di ginseng; un impianto di irradiazione in Tailandia irradia a fini commerciali nahm (salsiccia suina fermentata), spezie, condimenti, erbe ed enzimi crudi; il Vietnam irradia quantità commerciali di tabacco per la disinfestazione dagli insetti, oltre ad alcuni cibi quali le cipolle ed il pesce essiccato; l'India irradia spezie a fini commerciali. Ulteriori impianti di irradiazione sono progettati oppure già in costruzione in Cina, India, Repubblica di Corea, Malesia, Tailandia e Vietnam.

Negli Stati Uniti, il 23 febbraio 2000 la FDA ha concesso l'approvazione all'irradiazione delle carni rosse; la FDA ha anche approvato l'irradiazione di una varietà di altri alimenti, fra cui frutta fresca, verdura e spezie.
In Australia, la società Steritech Pty Ltd ha richiesto all'Ente per l'Alimentazione di Australia e Nuova Zelanda (ANZFA) l'autorizzazione per irradiare erbe (fresche ed essiccate, fra cui aglio, cipolle e zenzero), tè (comprese le tisane), noci e spezie.

L’unico presupposto accettato da tutti è questo: l’uso delle radiazioni sui cibi non lascia alcuna traccia di radioattività nell'alimento. Per il resto, i punti critici sono molti.


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Marcello Guidotti, copyright 2006
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