Le tre macchie fluorescenti sono dovute a tre specie diverse di radiazioni, impropriamente chiamate (col senno del poi) da Lord Rutherford raggi α, β e γ.
In particolare, i "raggi" α sono stati riconosciuti come formati da due neutroni e due protoni e quindi sono nuclei di elio con carica positiva; i "raggi" β possono essere cariche positive o negative di valore uguale a quello dell'elettrone; i raggi γ sono radiazioni elettromagnetiche (quindi propriamente raggi) di piccolissima lunghezza d'onda - minore dei raggi X - e possono unicamente essere associati a "raggi" α o β. Infatti, durante i decadimenti α o β vengono di solito emessi, quasi simultaneamente anche radiazioni elettromagnetiche (fotoni) per compensare lo stato instabile cui perviene il nucleo con l'emissione di dette particelle. I fotoni non hanno né carica né massa, quindi la loro emissione non comporta un cambiamento delle proprietà chimiche dell’atomo, ma solo la perdita di una determinata quantità di energia sotto forma di radiazione. Il decadimento γ si ha quando il nucleo di un atomo passa da uno stato instabile ad uno stato più stabile senza variare il numero di protoni e neutroni. Nel passaggio libera energia in eccesso sotto forma di raggi gamma.
Per gli scopi di questa discussione non è rilevante esaminare le modalità di decadimento di un nuclide radioattivo e quindi l'origine dei raggi citati; piuttosto ci limiteremo all'esame delle interazioni delle radiazioni con la materia biologica.
La somma dei protoni costituisce il numero atomico, Z. Così, per esempio, l'idrogeno con un protone (ed un elettrone), ha numero atomico Z = 1; il cloro con 17 protoni (e 17 elettroni) ha numero atomico Z = 17.
La somma dei protoni e dei neutroni costituisce la massa atomica. Così, per esempio, l'idrogeno Z = 1 possiede un protone ed un neutrone (ed un elettrone), ma esistono anche il deuterio ed il trizio che hanno lo stesso numero atomico (Z =1, p = 1, e = 1) ma con ripettivamente un neutrone (deuterio) e due neutroni (trizio) a costituire il nucleo e quindi le rispettive masse atomiche sono differenti, sebbene il numero di elettroni sia lo stesso (e = 1).
Quando due elementi hanno lo stesso numero atomico, Z, ma massa atomica differente, prendono il nome di isotopi per indicare che occupano lo stesso (iso) posto (tòpos) nella tavola periodica degli elementi in quanto hanno le stesse proprietà chimiche (ma non le stesse proprietà fisiche).
Quando un isotopo instabile decade con emissione di una particella alfa perde due protoni e due neutroni (corrispondenti ad un nucleo di elio) e quindi il suo numero atomico diminuisce di due unità. Per esempio il radio, il più noto fra gli elementi radioattivi, si trasforma in radon, perciò il numero di carica del nucleo si riduce di due unità e il numero di massa (peso atomico) a sua volta si riduce di quattro unità.
Quando un isotopo instabile decade con emissione di una particella beta perde un elettrone. L'elettrone perso dall'isotopo è un elettrone emesso da nucleo secondo questo processo (assumeremo il concetto primitivo che il neutrone sia formato da un protone, p, e da un elettrone, trascurando la reale struttura costituita da particelle elementari): n = p + e
Il neutrone, con l'espulsione di un elettrone si trasforma in protone. La carica complessiva dell'atomo, ora positiva, viene compensata dalla cattura di un elettrone libero e si ha l'aumento di una unità nel numero atomico. Per esempio, il trizio si trasforma il elio tre e quindi il numero di carica del nucleo aumenta di una unità e il numero di massa resta praticamente invariato.
unità fisiche energetiche
unità per valutare effetti biologici
conversione da | moltiplicare per | |
curie (Ci) | becquerel (Bq) | 3.7 · 1010 |
rad | gray (Gy) | 1 · 10-2 |
rem | sievert (Sv) | 1 · 10-2 |
roentgen (R) | coulomb:kg (C/kg) | 2.58 · 10-4 |
Il curie ed il becquerel, sono unità fisiche e non forniscono alcuna indicazione circa gli effetti biologici dovuti all'esposizione di una sorgente radioattiva.
Al contrario, le unità di misura della radioattività espressa in rad, roentgen e gray, forniscono indicazioni circa gli effetti biologici dovuti all'esposizione di una sorgente radioattiva. In particolare, uguali dosi (in rad) di differenti tipi di radiazioni hanno effetti biologici differenti (v. effetti delle radiazioni).
L'efficacia biologica relativa (RBE = Relative Biological Effectiveness) di un particolare tipo di radiazione è il rapporto tra la dose (in rad) di raggi X o raggi gamma e la dose in rad della radiazione che produce lo stesso effetto biologico.
Dalla Tab. II, che riporta i valori RBE per le varie radiazioni, si vede che i raggi β hanno la stessa efficacia biologica dei raggi γ ed X, ma che le particelle α sono 20 volte più efficaci. Inoltre, come mostra l'illustrazione a fianco, le varie radiazioni differiscono per la capacità di penetrazione: i raggi alfa sono i meno penetranti ed i neutroni (derivanti da processi al decadimento radioattivo) i più penetranti.
|
|||||||||||||
un fotogramma che testimonia il dramma dell'era atomica: soldati americani esposti ad un'esplosione atomica per valutarne la loro capacità di intervento in zona di guerra. | tab. I - penetrazione delle diverse radiazioni | tab II - valori per l'efficacia biologica |
Nel caso delle particelle α e β la situazione è analoga: le grandi particelle α vengono frenate dalle molecole che compongono l'aria che ci circonda, la ionizzano ma difficilmente fanno danni elevati. Le particelle β , al contrario, essendo più piccole, non vengono frenate dall'aria (o comunque in misura minore) e riescono a raggiungere il bersaglio, dove però fanno meno danno. I raggi γ ancóra più piccoli, fanno danni elevati e così anche i neutroni, di dimensioni comprese fra le particelle α e β, ma con una notevole energia.
I valori di RBE, permettono di definire il rem, cioè un indicatore direttamente correlabile al danno biologico.
rem: rappresenta l'unità biologica di dose (rem = Rad Equivalent Man), ed è definita dalla relazione:
Questa conversione è importante per poter confrontare, a parità di quantità di radiazione assorbita, l'effetto dell'irradiazione su vari materiali biologici (v. Tab. II).
esempio: dalla tabella II, si ricava che una dose di 10 rad di particelle alfa vale da 100 a 200 rem (1-2 Sv). Pertanto, una dose sull'intero corpo di 50 rad di particelle alfa sarebbe equivalente a 500 rad di raggi X. Ricordiamo che la dose max ammissibile, riferita ai raggi X, è 5 rad/anno (0.5 Sv). |
REM | EFFETTI | una comune radiografia corrisponde a circa 0,1 rem |
0-25 | nessun effetto osservabile | |
25-100 | piccole modificazioni nel sangue | |
100-200 | moderate modificazioni nel sangue; vomito nel 5-50% dei casi entro tre ore; completa guarigione in poche settimane (eccetto per i tessuti omeopoietici) | |
200-600 | gravi modificazioni del sangue; vomito nel 50-100% dei casi; emorragie e infezioni; morte nell'80% dei casi entro 2 mesi | |
600-1000 | gravi modificazioni del sangue; vomito entro 1 ora; perdita dell'udito; emorragia e infezioni; morte nell'80-100% dei casi entro 2 mesi |
Gli effetti biologici delle radiazioni hanno due caratteristiche fondamentali che è importante tener presenti: la prima è che sono sufficienti piccolissime quantità di energia per provocare notevoli danni biologici; la seconda, è il lungo intervallo di tempo che può trascorrere tra l'assorbimento della radiazione e la comparsa dei suoi effetti.
La dose letale 50 %, LD50 , è la misura della dose necessaria per uccidere il 50 % della popolazione.Per le radiazioni che investono il corpo umano il valore dell' LD50 varia da 250 rem a 450 rem. Per dosi di circa 50 rem la probabilità di morte istantanea è molto bassa, tuttavia si possono avere conseguenze nel tempo (leucemie, cancro, ecc..).
Una dose di 800 rad, quasi certamente uccide un uomo entro 3 settimane. D'altra parte, l'energia totale trasportata da queste dosi è 600 J (all'incirca l'energia spesa per portare un peso di 10 kg lungo tre rampe di scale), alla quale corrisponde un aumento della temperatura corporea stimabile intorno a 0.002 oC. Questi dati portano a concludere che il danno da radiazioni non è collegato all'energia ad esse associate, bensì all'azione ionizzante, che è in grado di produrre alterazioni strutturali e funzionali rapidamente propagantisi in seno alla materia vivente.
DT = RAD
HT = REM
Questo significa che le nuove unità di misura sono collegate alle precedenti in base alla tabella a destra.
l'I.C.R.P. (Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica) ha ulteriormente specificato il danno biologico a seconda del tessuto o organo irraggiato. Nella pubblicazione 60 ha definito la dose efficace, E, che è data dalla sommatoria della dose equivalente, HT, ai vari tessuti e organi irradiati moltiplicata per un fattore di peso adimensionale indicato con wT
come si può verificare dalle tabelle IV e V, la sommatoria dei valori wT corrisponde ad 1 : questo significa che nel caso di irradiazione uniforme su tutto il corpo la dose equivalente e la dose efficace sono numericamente uguali.
Occorre tener presente che eventuali differenze nel calcolo della dose efficace, sono dovute all'uso dei dati riportati nella tabella 1 (evidenziata in rosso perché superata).
|
|
esempio: il trattamento con raggi gamma o beta per il cancro della gola, prevede 30 sedute da 2 Gy ciscuna. Poiché RBE = 1, segue che REM = RAD · RBE REM = RAD Con le nuove unità di misura 1 Gy = 100 rad; 1 Sv = 100 REM ; dunque 2 Gy = 2 Sv = 200 REM (dose massima accettabile perché localizzata - cfr. tab. III). |
Il fenomeno dell'emissione di radiazione da parte di isotopi radioattivi è regolato dalla legge del decadimento radioattivo secondo la quale, per ogni radionuclide, deve trascorrere un tempo caratteristico (tempo di dimezzamento) affinchè il numero di atomi radioattivi di cui è costituito un materiale radioattivo si dimezzi. Il tempo di dimezzamento - che segue una cinetica di primo ordine - può essere compreso fra le frazioni di secondo ed i milioni di anni.
Per esempio, il Cs 137 emette particelle beta con una semivita di 30.17 anni; per contro, lo I 131 anch'esso beta emettitore, ha un tempo di semivita di 8,04 giorni. E' evidente che sebbene il rischio di contaminazione da Cs sia più duraturo nel tempo, lo I produce una densità di radiazione maggiore.
Il numero di decadimenti che avvengono nell'unità di tempo per una data quantità di materiale viene definita "attività" del preparato.
Il contatore Geiger-Mller misura il numero di eventi ionizzanti entro il volume di una camera (sensore) di cui lo strumento è dotato.
Un contatore Geiger è un cilindro metallico riempito di gas a bassa pressione sigillato da una finestra di mica ad una estremità. Lungo l'asse centrale del tubo c'è un sottile filo di tungsteno mantenuto ad un'elevata tensione positiva; l'altro capo dell'alimentatore è collegato alla pareti interne del cilindro, quindi c'è un forte campo elettrico tra esso e il tubo esterno.
Quando la radiazione entra nel tubo, provoca ionizzazione del gas che formano ioni ed elettroni. Gli elettroni, avendo carica negativa, sono immediatamente attratti dal filo ad alta tensione positiva e mentre compiono il loro percorso attraversano il tubo, collidono con altre molecole di gas producendo ulteriore ionizzazione. Il risultato è che molti elettroni raggiungono il filo, producendo un impulso di energia elettrica che può essere misurata in un contatore e (se il contatore è collegato ad un amplificatore e altoparlanti) udito come "click".
Passo dopo passo, ecco sinteticamente cosa accade quando un contatore Geiger-Müller rileva una radiazione:
E' importante sottolineare che un contatore Geiger-Müller non può misurare l'energia delle particelle né la quantità di carica da esse prodotta: per questo motivo la sua scala non dovrebbe essere graduata in (Gy/h), che è una unità di intensità di dose assorbita; né in (C/h), che è una unità di intensità di dose di esposizione; oppure in sievert/ora (Sv/h), che è una unità di intensità di dose di esposizione equivalente assorbita.
Tuttavia, gli strumenti commerciali riportano molto spesso scale graduate in R/h o Gy/h, facendo un improprio riferimento ad una convenzionale equivalenza tra il flusso di eventi ionizzanti prodotti da particelle di qualsiasi energia e natura e l'energia depositata in aria da un pari flusso di un particolare tipo di particelle di data energia. Sebbene non vi sia una relazione di equivalenza tra becquerel (curie) e C/kg (roentgen), un certo numero di becquerel (curie) di un dato materiale radiattivo con una forma e dimensione definita, produce un certo numero di C/kg (roentgen) ad una specifica distanza.
Il contatore Geiger-Müller permette di misurare solo la radioattività dell'ambiente in cui è immerso, ma non fornisce alcuna indicazione sul/sui radionuclidi che la producono (questi devono essere determinati per via chimico-fisica). Questo significa che, se per es. si misurano n Bq al secondo, questi possono essere prodotti da una sorgente di N atomi A che ha un tempo di dimezzamento t, oppure da una sorgente di N/2 atomi B che ha un tempo di dimezzamento doppio.
L'illustrazione in alto mostra le possibili modificazioni genetiche indotte da radiazioni o da agenti chimici (fonte: www.newscientist.com)
I diagrammi a barre (in basso nella figura seguente) mostrano che le persone esposte ad elevata o media densità di radiazioni ionizzanti mostrano sia variazioni intercromosomiali che intracromosomiali. Però, in presenza di modesta desnità di radiazioni ionizzanti le variazioni intracromosomiali sono notevolmente ridotte e non si presentano in assenza di radiazioni.
Il grafico a barre in basso riassume i valori medi annuali di radioattività derivante da sorgenti naturali in vari Paesi.
I restanti effetti somatici tardivi (essenzialmente cancro e leucemia) e gli effetti genetici, che non mostrano invece uno stretto ed evidente legame con l'esposizione, e che possono o meno manifestarsi anche a distanza di anni, sono chiamati effetti stocastici delle radiazioni: dalla dose di radiazione assorbita dipende solo la loro probabilità, ma non la gravità. Gli effetti stocastici quindi, sono essenzialmente quelli carcinogenetici e quelli genetici, entrambi dovuti alla lesione del DNA somatico e germinale provocato dalle radiazioni, sia direttamente che indirettamente (tramite la formazione di radicali ossidanti).
Gli effetti stocastici hanno le seguenti caratteristiche:
Gli effetti stocastici, a differenza di quelli deterministici descritti in precedenza, si traducono in manifestazioni tardive e probabili di tipo somatico (cancro, leucemia, ecc.) o genetico, la cui probabilità, come appena detto dipende dalla dose assorbita.
Per scopi radioprotezionistici si assume che la relazione tra la dose e la probabilità di manifestazione degli effetti stocastici sia di linearità senza soglia. Si ipotizza, in altre parole, che a qualsiasi dose, per quanto piccola, sia associata una probabilità diversa da zero che si manifesti un danno di tipo stocastico e che questa probabilità sia proporzionale alla dose efficace.
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 |
Marcello Guidotti, copyright 2003-2004-2005-2006-2007-2011-2012-2013
Le fotografie sono tratte da siti web e sono, o possono ritenersi, di pubblico dominio purché utilizzate senza fini di lucro. Le immagini di prodotti presenti nel sito hanno unicamente valenza esemplificativa oltre che, eventualmente, illustrare messaggi fuorvianti e non vi è alcun richiamo diretto o indiretto alla loro qualità e/o efficacia il cui controllo è affidato alle autorità regolamentatorie.