la pianta organica

vasoNegli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia non esisteva una normativa che regolamentasse uniformemente in tutto il territorio nazionale l'esercizio della farmacia. La legge Crispi (legge 22 dicembre 1888, n. 5849) rappresentò il primo passo in materia. All'epoca il farmacista che assumeva la qualifica di "Speziale" era colui che preparava, con il medico, i medicamenti necessari per la cura della malattia.

Le leggi di riferimento sono:

  1. L. 2 aprile 1968 N. 475 (riforma Mariotti)
  2. L. 22 dicembre 1984 N. 892
  3. L. 8 novembre 1991 N. 362 (come modificato da L. 2-8-06 n. 741)
  4. Legge 24 marzo 2012, n. 27
  5. conclusioni dell'avvocato generale della Corte europea
  6. Sentenza n.3555 del 2012 del Consiglio di Stato

evoluzione legislativa della farmacia in Italia

Riforma CRISPI (1888): centralizzazione delle funzioni di vigilanza e d'autorizzazione in materia, riaffermazione del principio del libero esercizio della farmacia. La farmacia si configurava come un bene patrimoniale privato e, come tale, liberamente trasferibile a chiunque, anche non farmacisti; poteva essere aperta senza vincoli e limitazioni territoriali, con il solo obbligo della direzione responsabile di un farmacista, non necessariamente titolare o proprietario della medesima. (legge 22 dicembre 1888, n. 5849)

Riforma GIOLITTI (1913): il processo di riordinamento legislativo parte nel 1913 e si conclude nel 1934 con l'approvazione del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (TULS). Nella riforma Giolitti si afferma il principio che:

l'assistenza farmaceutica alla popolazione, e quindi l'esercizio della farmacia, è un'attività primaria dello Stato, esercitata direttamente dallo stesso attraverso gli Enti locali (comuni), oppure delegata a privati per l'esercizio, in regime di concessione governativa.

Trattandosi di concessione governativa "ad personam", la farmacia non poteva essere acquistata, venduta, trasferita per successione o a qualsiasi altro titolo. La titolarità poteva essere conseguita esclusivamente per concorso pubblico, espletato sulla base dei soli titoli di carriera e di servizio dei partecipanti. La concessione, che poteva essere revocata in qualsiasi momento nelle ipotesi previste dalla legge, durava quanto la vita del titolare.
Con tali premesse, il titolare di farmacia pur rimanendo un privato, era legato da un rapporto di subordinazione speciale alla pubblica Amministrazione sanitaria che, nel preminente interesse pubblico, avocava la facoltà di imporre obblighi, adempimenti, e limitazioni all'esercizio.
L'apertura delle farmacie non era più discrezionale, ma avveniva sulla base della pianta organica delle sedi farmaceutiche.

La legge del 1913 mantenne la separazione tra titolarità dell'azienda e conduzione professionale della stessa, con la figura del farmacista direttore responsabile che sostituisce il titolare non farmacista (art.378, TULS) o temporaneamente impedito, con alcune limitazioni (art.31, RD 1706/38)).

Al titolare è consentito di operare in regime di monopolio assoluto nel settore dei farmaci, prezzo al pubblico, unico e inderogabile e con margine anch'esso fissato garantito per legge.

Giolitti introdusse anche l'intervento pubblico nel settore farmacia, mediante la gestione da parte dei Comuni, che erano autorizzati ad attivare farmacie qualora se ne determinasse l'esigenza, in maniera del tutto discrezionale, anche al di fuori dei limiti imposti dalla pianta organica. Al fine di salvaguardare i diritti precostituiti, furono emanate delle norme transitorie e le farmacie divise in:

  • farmacie legittime, cioè sorte in conformità alle leggi degli Stati preunitari e che potevano continuare l'esercizio;
  • farmacie illegittime, cioè sorte in violazione dell'ordinamento preesistente, e che risultavano in contrasto anche con le nuove disposizioni. Queste farmacie dovevano essere chiuse;
  • farmacie tollerate, che pur essendo in difformità delle leggi preunitarie, potevano essere considerate conformi alle linee d'indirizzo della legge del 1913. Queste farmacie erano autorizzate a continuare l'esercizio.
Al fine di salvaguardare il diritto di proprietà, acquisto dai titolari sulla base delle leggi precedenti, le farmacie legittime e quelle tollerate potevano essere vendute una sola volta. A seguito della vendita, anche queste farmacie perdevano il diritto di trasferimento, conformandosi al principio generale stabilito da Giolitti che vietava la compravendita, divenendo farmacie di diritto ordinario come tutte le altre. Anche nel caso del figlio o del coniuge del titolare deceduto, non era consentita la successione diretta, ma la farmacia doveva essere posta a concorso, anche se solo formale, poiché una disposizione particolare prevedeva che la condizione di figlio o coniuge superstite, purché farmacista, costituisse titolo di preferenza assoluto. Se il figlio o coniuge erano iscritti al corso di laurea in farmacia, questi potevano continuare a gestire la farmacia, purché nominassero un direttore tecnico responsabile farmacista fino al compimento degli studi universitari.

Riforma MARIOTTI (1968): l'ordinamento Giolitti restò in vigore sino al 1968, quando le leggi 221/68 e 475/68, apportarono diverse e sostanziali modifiche all'istituto della farmacia. Tale riforma reintroduce la facoltà di trasferire le farmacie, condizionandola però ad un insieme di vincoli e limitazioni successivamente modificati:
  • il cedente deve aver conseguito la titolarità da almeno cinque anni (oggi tre anni); una volta ceduta la farmacia, ne può riacquistare un'altra entro due anni e per una sola volta nella sua vita; non può partecipare a concorsi per dieci anni. La legge 362/91 ha modificato tale norma ammettendo che trascorsi i due anni dalla vendita della farmacia possa ancora acquistare una farmacia purché abbia svolto attività professionale certificata per almeno sei mesi durante l'anno precedente l'acquisto o abbia conseguito l'idoneità in un concorso a sedi farmaceutiche effettuato nei due anni anteriori (art.13, legge 362/91);
  • l'acquirente deve esser stato già in passato titolare, o deve aver conseguito "l'idoneità alla titolarità" in un concorso pubblico per l'assegnazione di sedi farmaceutiche, cioè deve aver superato la relativa prova.

Con tale riforma è stabilito il diritto di vendere una concessione dello Stato conseguita per concorso. Il trasferimento era all'inizio consentito solo ai privati, mentre era vietato per le farmacie comunali (Cons. St., sez. IV, 23.10.1984, n. 217), nel 1991 è stata definitivamente chiarita la vendibilità anche delle farmacie gestite dal Comune.

Le leggi del 1968 riaffermano quanto stabilito dalla riforma Giolitti: attività primaria dello Stato gestita direttamente attraverso l'intervento degli Enti locali, o delega ai privati per l'esercizio in regime di concessione; subordinazione speciale nei confronti della pubblica Amministrazione; prevalenza assoluta degli elementi pubblicistici, cioè inerenti al pubblico interesse, su quelli privatistici; territorializzazione del sistema mediante lo strumento della pianta organica. L'intervento pubblico, del tutto discrezionale nell'ordinamento precedente, è ricondotto nell'ambito della pianta organica, mediante il diritto di prelazione da parte dei Comuni sul 50% delle farmacie da porre a concorso. Tale facoltà è oggi sospesa per tre anni in caso di vendita della farmacia.

La gestione della farmacia deve essere diretta e personale da parte del titolare; questo principio è poi integrato dal precetto dell'inscindibilità della gestione professionale della farmacia dalla conduzione economica della stessa, perciò ogni ipotesi di sostituzione coinvolge necessariamente i beni patrimoniali connessi all'esercizio (art.14, DPR 1275/71). La conduzione economica, inscindibile dalla gestione professionale, non deve essere confusa con la piena disponibilità d'ogni bene patrimoniale connesso con l'azienda, quindi essa può assumere le sole forme e i modi atti ad assicurare le attività inerenti all'esercizio della farmacia. E' legittima l'associazione in partecipazione (Cass. Civ. sez. I, 20.2.1979, n. 550) e la società di persone (legge 362/91). Il concorso non è più espletato per soli titoli (Giolitti), ma per titoli ed esami, con prevalenza di questi ultimi nella determinazione del punteggio, e con una maggiorazione del punteggio nella valutazione dei titoli per quei farmacisti che abbiano prestato la loro opera nelle farmacie rurali, proporzionato al loro livello professionale.

riforma sanitaria: la legge 833 del 23.12.1978 stabilisce che i rapporti fra farmacie pubbliche e private con S.S.N. sono disciplinate da una Convenzione, l'Accordo Nazionale triennale, liberamente sottoscritto in condizioni di pariteticità (fra le associazioni di categoria e le Regioni - NdR), sebbene a valenza pubblica. La legge di riforma (art.28, legge 833/78) riafferma un principio già contenuto nell'articolo 122 del TULS 1934, cioè l'attribuzione esclusiva al farmacista e alla farmacia d'ogni competenza e funzione nella dispensazione dei farmaci al pubblico. Difatti , nel dare facoltà alla ASL, ai suoi presìdi e servizi, di acquistare direttamente medicamenti dal produttore, in deroga alla disciplina generale (art. 46, RD 1706/38), vieta agli stessi ogni forma di distribuzione al pubblico, che deve continuare ad essere effettuata esclusivamente tramite le farmacie (TAR Sardegna, 29.10.1982, n. 392)

L. 22 dicembre 1984 N. 892: questa legge introduceva modifiche significative in materia di farmacie:

L'idoneità alla titolarità, requisito indispensabile all'acquisto o al trasferimento per successione, diventa conseguibile sia partecipando ad un pubblico concorso e superando la relativa prova (unico regime prima vigente), oppure mediante due anni di pratica professionale certificata dall'Autorità Sanitaria Locale.

Il periodo in cui il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia, può ricomprarne un'altra, per una sola volta nella sua vita, è elevato da uno a due anni.

Il periodo di gestione provvisoria in caso di morte del titolare, qualora il figlio o il coniuge superstite risultino iscritti alla Facoltà di Farmacia è portato da sei a sette anni (periodo portato a 10 anni dalla legge 362/91).

Poiché non è più precisato che l'erede debba risultare iscritto alla facoltà "alla data del decesso" del titolare, questa condizione può essere soddisfatta anche nel tempo successivo, purché entro i tre anni dalla morte del titolare.

Il limite della distanza dalla farmacia più vicina, in caso d'adozione del criterio topografico, per la formazione o revisione della pianta organica, è elevato da 500 a 1000 metri.

Se la regione non provvede a bandire il concorso per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche resesi vacanti o di nuova istituzione, entro il mese di marzo d'ogni anno dispari, il Commissario di governo, previa diffida, nomina un commissario straordinario (dichiarato incostituzionale Corte Cost. sent. 352 del 23.7.1992).

legge del 8 novembre 1991 n. 362 (riordino del settore farmaceutico): questa legge apporta alcuni correttivi ai princìpi introdotti da Mariotti. La titolarità della farmacia è estesa anche alle società di persone, sebbene con vincoli precisi e purché tutti i soci siano farmacisti iscritti all'Albo e idonei alla titolarità. Viene mantenuta la pianta organica e ne sono modificati alcuni criteri di formazione con particolare riguardo all'introduzione di quello urbanistico relativo al decentramento delle farmacie. Il rapporto farmacie-popolazione residente che determina la presenza di una farmacia ogni 4000 abitanti o ogni 5000 è sceso da 25.000 a 12.500.

In base all'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante "provvidenze a favore dei farmacisti rurali", sono definite urbane le farmacie situate in Comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti. Le farmacie rurali sono invece quelle ubicate in Comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti. Tale classificazione permane con tale legge di riordino, così come permane l'indennità di residenza, divisa in tre fasce, per quelle farmacie che sono ubicate in Comuni sino a 3.000 abitanti.

Le ipotesi di sostituzione del titolare vengono ampliate così come le norme relative alla successione che prevedono un'estensione del periodo di gestione provvisoria che può intercorrere tra la morte del titolare e l'assegnazione della nuova titolarità. Il periodo per l'erede iscritto alla facoltà di farmacia è esteso da sette a dieci anni e viene introdotta la possibilità per l'erede in linea retta (figli, genitori, loro ascendenti e discendenti - NdR) fino al secondo grado (nonno-nipote) di mantenere la farmacia fino al compimento del trentesimo anno di età. Infine le procedure di concorso vengono radicalmente modificate.

L'art.2 della nuova legge - sostituendo il nuovo testo dell'art. 104 TULS del 1934, già modificato dall'art. 4 della legge n.892 del 1984 - stabilisce espressamente che il limite di distanza per l'apertura di nuove farmacie in base al cosiddetto criterio topografico (o della distanza) è derogatorio rispetto al criterio demografico o della popolazione. In base a tale norma, allorché lo richiedono particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica, in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità, le Regioni o le Province autonome possono autorizzare l'apertura di nuove farmacie nel rispetto di un limite di distanza per la quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metri dalle farmacie esistenti, anche se ubicate in Comuni diversi.

modifiche introdotte dalla Legge n. 741 del 2-08-2006: le modifiche apportate all'art 7 della legge n. 362 del 9.11.92, per la titolarità e gestione della farmacia, sono così modificate:

Art. 7
titolarità e gestione della farmacia

1. la titolarità dell'esercizio della farmacia privata è riservata a persone fisiche, in conformità alle disposizioni vigenti, a società di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata che gestiscono farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. le società di cui al comma 1 hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia. Sono soci della società farmacisti iscritti all'albo della provincia in cui ha sede la società, in possesso del requisito dell'idoneità previsto dall'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni.

3. la direzione della farmacia gestita dalla società è affidata ad uno dei soci che ne è responsabile.

4. il direttore, qualora si verifichino a suo carico le condizioni previste dal comma 2 dell'articolo 11 della legge 2 aprile 1968, n. 475, come sostituito dall'articolo 11 della presente legge, è sostituito temporaneamente da un altro socio.

4-bis. Ciascuna delle società di cui al comma 1 può essere titolare dell'esercizio di non più di quattro farmacie ubicate nella provincia dove ha sede legale (inserito da L. 2-8-06 n. 741)

5. (omissis)
(abrogato dalla L. 2-9-06 n.174)

6. (omissis)
(abrogato dalla L. 2-9-06 n.174)

7. (omissis)
(abrogato dalla L. 2-9-06 n.174)

8. il trasferimento della titolarità dell'esercizio di farmacia privata è consentito dopo che siano decorsi tre anni dal rilascio dell'autorizzazione da parte dell'autorità competente, salvo quanto previsto ai commi 9 e 10.

9. a seguito di acquisto a titolo di successione di una partecipazione in una società di cui al comma 1, qualora vengano meno i requisiti di cui al secondo periodo del comma 2, l'avente causa cede la quota di partecipazione nel termine di due anni dall'acquisto medesimo (come modificato da L. 2-8-06 n. 741)

10. il termine di cui al comma 9 si applica anche alla vendita della farmacia privata da parte degli aventi causa ai sensi del dodicesimo comma dell’articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475 (come modificato da L. 2-8-06 n. 741)

11. decorsi i termini di cui al comma 9, in mancanza di soci o di aventi causa, la gestione della farmacia privata viene assegnata secondo le procedure di cui all'articolo 4.

12. qualora venga meno la pluralità dei soci, il socio superstite ha facoltà di associare nuovi soci nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, nel termine perentorio di sei mesi.

13. il primo comma dell'articolo 13 del regolamento approvato con regio decreto 3 marzo 1927, n. 478, come sostituito dall'articolo 1 del decreto del presidente della repubblica 23 ottobre 1963, n. 1730, si applica a tutte le farmacie private anche se di esse sia titolare una società.

14. ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, agli atti soggetti ad imposta di registro delle società aventi come oggetto l'esercizio di una farmacia privata, costituite entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed al relativo conferimento dell'azienda, l'imposta si applica in misura fissa.

esempi di istituzione o trasferimento di sedi farmaceutiche

La pianta organica è un atto amministrativo regionale, alla cui formazione partecipano in fase istruttoria e consultiva il Comune, l'organo di gestione delle ASL e l'Ordine dei farmacisti.

La pianta organica si basa su due criteri:

  1. criterio demografico: il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni.
    La popolazione eccedente, è computata, ai fini dell'apertura di una farmacia, qualora sia pari ad almeno il 50 per cento dei parametri stessi.

    esempio: a) una frazione di 12.000 abitanti può avere 2 farmacie; qualora la popolazione raggiunga almeno 12.500 abitanti, si può autorizzare l'apertura di una nuova farmacia
    b) una centro abitato di 17.000 abitanti deve avere 4 farmacie; qualora la popolazione raggiunga almeno 18.750 abitanti (il 50% oltre la base di 12.500) , si può autorizzare l'apertura di una nuova farmacia.

  2. criterio topograficocriterio topografico: ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona.
    La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie.

    chi intende trasferire una farmacia in un altro locale nell'ambito della sede per la quale fu concessa l'autorizzazione deve farne domanda all'autorità sanitaria competente per territorio. Tale locale, indicato nell'ambito della stessa sede ricompresa nel territorio comunale, deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri.

    esempio: nella figura - dove le farmacie sono indicate con una croce - in colore nero sono indicate le parti di percorso comuni; in verde il percorso più breve; in rosso il percorso più lungo, che supera quello più breve per la parte tratteggiata. Il percorso pù breve deve essere non inferiore a 200 metri.

il Consiglio di Stato sulla Procedura di revisione della pianta organica delle farmacie

La revisione in diminuzione delle sedi farmaceutiche, nell'ambito della procedura di revisione della pianta organica, non è un provvedimento né obbligatorio né automatico, ma richiede la valutazione dell’interesse pubblico alla soppressione. Lo ha stabilito la V sezione del Consiglio di Stato, con decisione depositata il 15 maggio 2006, confermando la sentenza appellata del Tar Veneto, numero 4229 del 2004. Di seguito, il testo integrale della pronunzia.

. . . . . .

Consiglio di Stato, V sezione
Sentenza 15 maggio 2006 numero 2717
(presidente Santoro, estensore Russo)
Conferma T.A.R Veneto, Sez. II n. 4229 del 3 dicembre 2004

(...)

Diritto

L’appello è infondato.

La controversia sottoposta all'esame di questo Consiglio attiene alla legittimità della delibera della Giunta regionale del Veneto n. 2479/2004 che ha adottato la revisione per l'anno 2002 della pianta organica della ASL della Provincia di Treviso, nella parte in cui ha previsto 8 anziché 7 sedi farmaceutiche, nonché della delibera della Giunta regionale del Veneto n. 2992/2004, nella parte in cui ha nominato il dott. Ignazio Zoia vincitore dela sede farmaceutica del Comune di Vittorio Veneto – località Fadalto Sede farmaceutica n. 7 – rurale – vacante, nonché nella parte in cui non ha proceduto allo stralcio di tale sede, da considerarsi in soprannumero.

Il ricorso in appello muove, anzitutto, dal presupposto che la pronuncia di decadenza delle farmacie soprannumerarie non ancora aperte sia un procedimento obbligatorio ed automatico da assumere al maturarsi della diminuzione demografica sotto la soglia di popolazione che giustifica l'apertura di una nuova sede e alla presenza di una situazione di sede farmaceutica vacante.

A sostegno di questa posizione la parte appellante muove dalla premessa che la farmacia di Fadalto sia da considerarsi sede vacante perché malgrado sia stata prevista nella pianta organica fin dal 1964 non è mai stata assegnata.

Occorre partire dal dato normativo e in particolare dal secondo comma dell'art. 104 del R.D. n. 1265/1934: "2. In sede di revisione delle piante organiche successiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le farmacie già aperte in base al solo criterio della distanza sono riassorbite nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base al parametro della popolazione e, qualora eccedenti i limiti ed i requisiti di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, sono considerate in soprannumero ai sensi dell'articolo 380, secondo comma".

Il richiamato art. 1 della L. n. 475/1968 a sua volta descrive il rapporto tra consistenza demografica del Comune e numero di farmacie presenti in pianta organica prevedendo:

"L'autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia è rilasciata con provvedimento definitivo dall'autorità competente per territorio.
Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni.
La popolazione eccedente, rispetto ai parametri di cui al secondo comma, è computata, ai fini dell'apertura di una farmacia, qualora sia pari ad almeno il 50 per cento dei parametri stessi
".

Mentre la norma di cui all’art. 380 T.U. L.S., secondo comma, a sua volta prevede:

"Le farmacie risultanti in soprannumero alla pianta organica saranno gradatamente assorbite nella pianta stessa con l'accrescimento della popolazione e per effetto di chiusura di farmacie che vengano dichiarate decadute".

Dal combinato disposto di queste norme risulterebbe, quindi, che ogni qualvolta si determinasse una diminuzione della consistenza demografica di un territorio si dovrebbe procedere alla soppressione delle sedi farmaceutiche vacanti laddove le farmacie non possano essere comunque assorbite nella pianta organica.

La parte appellante ritiene che questo processo debba essere automatico e che vada applicato anche alle farmacie istituite con il criterio della popolazione derogatorio c.d. della "distanza" che viene ritenuto essere da parte ricorrente di applicazione doverosa e automatica.

Il Collegio non ritiene condivisibile tale opzione ermeneutica (metodologia interpretativa - NdR).

La revisione in diminuzione delle sedi farmaceutiche, nell'ambito della procedura di revisione della pianta organica, non è un provvedimento né obbligatorio né automatico, ma contenente una valutazione discrezionale di merito circa la sussistenza o meno dell'interesse pubblico, pur in presenza dei presupposti necessari per far luogo alla soppressione di una determinata sede.

Suffraga questa impostazione il comma 2 dell'art. 1 del DPR n. 1275/1971, che determina i criteri di revisione della pianta organica secondo il processo determinato dall’art. 2 della L. n. 475/1968: "Il medico provinciale, sentito il consiglio provinciale di sanità, e sentito il consiglio comunale interessato, in occasione della revisione della pianta organica, tenuto conto di nuove esigenze dell’assistenza farmaceutica determinate da spostamenti avvenuti nella popolazione o dal sorgere di nuovi centri abitati, può rivedere le circoscrizioni delle sedi di un comune, o conseguentemente, modificare l’assegnazione ad esse delle farmacie, ivi comprese le farmacie in soprannumero".

E’ infatti la primaria considerazione del pubblico interesse che comporta la valutazione circa il mantenimento o meno delle sedi in sopranumero, e ciò alla luce anche del fondamentale diritto alla salute, costituzionalmente garantito, che richiede che venga garantito il migliore soddisfacimento del diritto rimuovendo ogni sperequazione di ordine territoriale.

Che la soppressione di una sede farmaceutica sia oggetto di valutazione discrezionale da parte della amministrazione secondo il parametro della valutazione del pubblico interesse è stato peraltro implicitamente affermato anche dalla giurisprudenza di questo Consiglio, laddove ha ritenuto: "In presenza di una farmacia soprannumeraria rimasta vacante e ritenuta non più utile per le esigenze della popolazione locale l’Amministrazione, in sede di revisione della pianta organica, deve procederne alla soppressione in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 380, comma secondo, del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, salva la sua potestà di istituire una nuova sede in altra località, secondo il criterio di cui all’art. 104 del R.D. citato e nel rispetto dei relativi oneri di istruttoria e di motivazione" (cfr. Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1989, n. 910).

Si deve ritenere, quindi, che ai fini della soppressione o meno di una farmacia soprannumeraria abbia rilevanza non solo la vacanza della sede (vacanza che nella specie, peraltro, non sussiste), ma anche la valutazione dell’interesse pubblico alla soppressione (ove "ritenuta non più utile per le esigenze della popolazione locale").

Nel caso di specie, dagli atti impugnati e dalla relativa preliminare istruttoria risulta che la Regione ha effettuato la necessaria valutazione dell’interesse pubblico, ritenendo prevalente quello al mantenimento della sede in questione (Fadalto), interesse, peraltro, manifestato in sede istruttoria anche dagli enti sentiti, tra cui il Comune di Vittorio Veneto, che, con deliberazione giuntale n. 265/2002, ne ha confermato la sussistenza, opinando per il mantenimento della sede medesima.

A quanto fin qui detto, occorre comunque aggiungere che, come rilevato dai primi giudici, con motivazione giuridicamente corretta ed immune dalle censure proposte dagli appellanti, la previsione del comma secondo dell'art. 104 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, come sostituito dall'art. 2 della L. 8 novembre 1991, n. 362, relativa al riassorbimento nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione, in sede di revisione delle piante organiche (con la conseguente soprannumerarietà ai sensi dell'art. 380, secondo comma, del medesimo t.u.l.s.), si riferisce esclusivamente alle farmacie urbane aperte in base al solo criterio della distanza e non anche alle farmacie rurali (che sono istituite in base al diverso criterio "topografico").

In base all’art. 1 L. 8 marzo 1968, n. 221, il criterio discretivo, fissato per la distinzione delle due categorie di farmacie urbana e rurale, è quello topografico-demografico, per cui sono "rurali" le farmacie situate in “comuni, “frazioni” o “centri abitativi con meno di cinquemila abitanti, ovvero in “quartieri periferici” non congiunti, per continuità abitativa, alla città. Sono farmacie urbane quelle situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

Ora, come pure fondatamente sottolineato dal giudice di prime cure (di primo grado - NdR), la mancata previsione legislativa del riassorbimento delle farmacie rurali nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione si spiega evidentemente con la considerazione che le farmacie rurali sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione.

Ne consegue che, poiché la sede farmaceutica in controversia (Fadalto) è rurale, essa non è soggetta a riassorbimento ed a conseguente soppressione per soprannumerarietà in sede di revisione della pianta organica.

Per tali assorbenti considerazioni l’appello in esame deve, pertanto, essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese, competenze ed onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M. (Per Questi Motivi - NdR)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione V – respinge l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 giugno 2005. Depositata in segreteria il 15 maggio 2006.

pronuncia della Corte Costituzionale Federale tedesca

L'11 giugno 1958, la Corte Costituzionale della Repubblica Federale tedesca dichiarò l'art. 3 comma 1 della legge Bavarese delle farmacie (Pianta Organica) nullo dato che violava l'art.12, paragrafo 1 della Costituzione Tedesca che garantisce la libertà di professione.

La Corte ritenne che la Libertà di scelta Professionale consistente nella libertà di scegliere una professione e di praticarla sono elementi formativi di un unico diritto: il diritto di esercitare qualsiasi attività finalizzata alla sopravvivenza della persona.
Il Concetto di lavoro viene quindi interpretato nel senso più generale, includendo oltre alle occupazioni tradizionali e tipiche quelle atipiche che la persona adotta liberamente. La decisione della Corte Costituzionale che ha liberalizzato le aperture delle farmacie in Germania, ha dichiarato «Il legislatore non è libero, quando si tratta di regolamentare una professione, in quanto questo limita la libertà di scelta di questa professione». Come diretta conseguenza di questa sentenza con il "Niederlassungsfreiheit Act" si afferma che i farmacisti tedeschi possono liberamente stabilire la propria sede di attività secondo la propria volontà. Tra i Paesi in cui è prevista la libertà di insediamento vi sono tra gli altri Gran Bretagna, Irlanda, Navarra, Olanda, Norvegia, USA, Canada, Australia e Giappone.

libera apertura delle sedi farmaceutiche

La situazione dei servizi farmaceutici dei Paesi dell'Unione europea comprende la riserva di titolarità ai farmacisti nel 48 per cento dei Paesi membri. E' comunque presente nel 63% dei Paesi un sistema di pianta organica che serve a evitare le concentrazioni, a favorire una distribuzione equilibrata e ad evitare anche i monopoli orizzontali, cioè la creazione di situazioni in cui un segmento della filiera del farmaco sia riconducibile a un numero ristretto di soggetti. Infine, nel 60% dei paesi dell'UE, il farmaco da automedicazione è venduto soltanto all'interno della farmacia. L'UE offre anche esempi concreti di quanto comportino liberalizzazioni complete: in Norvegia, dove è stato tolto ogni vincolo, l'80% delle farmacie è di proprietà di tre operatori economici e si è assistito al un progressivo spopolamento delle aree meno "interessanti" dal punto di vista economico.

L'introduzione della pianta organica presente in molti Paesi europei risale infatti alla prima metà del secolo scorso in cui i flussi migratori e la scarsità di popolazione hanno indotto gli stati ad introdurre dei sistemi di regolamentazione volti a garantire l'esistenza di un servizio soprattutto nelle zone rurali. I difensori della Pianta Organica sostengono che solo attraverso essa è possibile garantire nello stesso tempo un servizio capillare e soprattutto di qualità, che un mercato liberalizzato e fortemente competitivo non sarebbe in grado di garantire (vedi quanto accaduto in Grecia) in un settore delicato come quello della Sanità. Per cui la limitazione della libertà individuale sarebbe un male necessario funzionale ad un interesse superiore generale (Tutela della Salute del cittadino). Tuttavia in molti Paesi in cui non esiste un rigido sistema di programmazione (Germania, Olanda, Irlanda, USA, Canada, Australia, Giappone, UK, Navarra) non sono note relazioni che avvertono dei problemi per la salute pubblica. La questione è naturalmente molto accesa e dibattuta.

febbraio 2008: riduzione delle farmacie sul territorio francese

Il Parlamento francese ha approvato definitivamente la Legge di finanziamento della sicurezza sociale, che ha dato una risposta più efficace al problema del sovrannumero delle farmacie su alcune zone del territorio francese.
A livello europeo, la Francia vanta una delle più forti densità di farmacie: quattro volte più elevata che in Svezia o nei Paesi Bassi, quasi 2 volte di più che nel Regno Unito.
In particolare, con 23.400 farmacie aperte al pubblico, la Francia presenta la cifra più elevata d'Europa raffrontata alle sole 20.700 farmacie aperte in Germania (che ha il 30% di popolazione in più), le 17.300 in Italia, le 12.400 nel Regno Unito; solo la Spagna si distingue per avere un numero egualmente alto di 20.500 farmacie. La Francia ha una farmacia ogni 2.500 abitanti, contro i 3.300 della media UE e i 4.000 della Germania per esempio. Questa densa capillarità permette sì una distribuzione di prossimità, ma non ha seguito in maniera sufficiente l'evoluzone demografica. Le farmacie sono pertanto di dimensione troppo piccola pe sviluppare nuovi servizi.

L'obiettivo della legge è quello di razionalizzare meglio le farmacie sul territorio. La distinzione di quorum tra farmacie urbane e rurali (sopra e sotto i 30 mila abitanti), è stata sostituita da un unico criterio demografico: la prima farmacia dovrà servire 2.500 abitanti, a partire dalla seconda farmacia la quota sale a 3.500 abitanti. Una nuova apertura potrà essere autorizzata solo dopo due anni, e solo se non si è potuto dar luogo ad alcun trasferimento per mancanza di candidature.

Un altro punto della legge è quello di ridurre il sovrannumero di esercizi in alcune città facilitando le fusioni tra farmacie. La legge ammette la fusione tra farmacie situate in comuni differenti.

liberalizzazione delle farmacie sul territorio greco

Come risulta dall'istogramma di Federfarma (Fonte: GPUE per il numero delle farmacie; Eurostat per il numero degli abitanti dati 2011,) la Grecia è il Paese che ha il più basso rapporto farmacie su abitanti, con una farmacia ogni 1.028 abitanti: un terzo della media europea (all'estremo opposto c'è la Danimarca con una farmacia ogni 17596 abitanti). Questo è stato il risultato della liberalizzazione integrale voluta dal governo di Georges Papandreou nel 2010, che era impegnato a gestire l'esplosivo debito greco, andato ormai fuori controllo.

La legge greca - ante liberalizzazione - limitava le farmacie più di ogni altra: devono essere almeno a 250 metri l’una dall’altra, e avere un mercato potenziale non minore di 1500 cittadini. Per entrare nel mercato, un farmacista deve generalmente comprare una licenza da un collega che si ritira, il che costava una cifra rilevante. D'altra parte, la legge assicurava ai farmacisti un margine del 35% su tutti i medicinali, anche quelli da banco.

La revisione del rapporto popolazione/esercizi e delle distanze, ha favorito un'impennata dei punti vendita che hanno portato il numero di farmacie in Grecia praticamente ad un terzo della media europea. Più farmacie, più concorrenza nel settore, meno profitti; il governo per reagire alla crisi derivante dalla sua liberalizzazione, ha adottato con una strategia curiosa: la riduzione dei prezzi di vendita imposti dallo stato alle farmacie. Il risultato era prevedibile: l'aumento del numero di farmacie ridistibuisce i profitti, diluendoli; la riduzione dei prezzi di vendita porta alla riduzione dei profitti fino a portare alla chiusura degli esercizi, in una "gara" a chi resiste più a lungo.

La conseguenza del taglio dei prezzi ha comportato la crescita di un mercato secondario, perché i grossisti preferiscono vendere all'estero a prezzi più alti di quelli che riescono ad ottenere in Grecia. Poiché il prezzo imposto dallo stato greco è fra i più bassi d’Europa, la convenienza a vendere per il mercato interno è risibile.

Per non dar voce alle Cassandre che profetizzano danni derivanti da una liberalizzazione, occorre riflettere sui princìpi alla base della pianta organica, che come sostenuto dalle pronunce che seguono devono essere sì riconsiderate, ma "cum grano salis". Per esempio, sembrerebbe ragionevole e auspicabile la liberalizzazione dei medicinali di fascia C limitata a quelli con ricetta ripetibile: costituirebbe un corretto riconoscimento alla professionalità del farmacista iscritto all'Ordine, ed allo stesso tempo segnerebbe un correttivo alle farmacie che, nel tempo, hanno reso meno evidente la loro finalità di pubblico servizio ampliandosi in esercizi di prodotti salutistici con annessi giocattoli per la prima infanzia e articoli sanitari.

17 ottobre 2009: l'Avvocato Generale si pronuncia sul tema delle farmacie

L'argomento della Pianificazione territoriale delle farmacie è stato portato all'attenzione della Corte di Giustizia Europea a seguito di un ricorso avverso l'autorizzazione negata ad aprire una farmacia nelle Asturie.

Un problema molto comune in Europa, riguarda i farmacisti che, a differenza di altre figure professionali (medici, avvocati, ingegneri, ecc.) sono vincolati da severi limiti per esercitare autonomamente la loro naturale professione. José Manuel Blanco Pérez e Maria del Pilar Chao Gómez, entrambi cittadini spagnoli, sono farmacisti laureati, ma non autorizzati ad aprire una farmacia. A séguito del diniego dell'autorizzazione all'apertura di una farmacia nella Comunità Autonoma delle Asturie (Spagna), hanno impugnato questa decisione dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Corte di cassazione delle Asturie).

L'autorizzazione negata dalla locale Amministrazione della Salute e dei Servizi Sanitari con una decisione confermata dal Consiglio di Governo delle Asturie nel 2002, trae il suo fondamento dalle legge (n. 72 del 2001) delle Asturie che istituisce un regime di autorizzazioni che comprende alcune restrizioni all'apertura di farmacie nella Comunità Autonoma. Dette restrizioni comportano un limite al numero di farmacie in una determinata area con riferimento alla relativa popolazione e una restrizione geografica che impedisce l'apertura di una farmacia a una distanza inferiore di 250 metri da un'altra.
La disciplina contiene anche criteri di selezione ai concorsi per farmacisti, attribuendo punti basati sull'esperienza professionale e scolastica dei candidati. Un maggior numero di punti è assegnato maturando esperienza in centri con meno di 2.800 abitanti; però questo punteggio può essere utilizzato solo una volta per ottenere un'autorizzazione, e dopo averla ottenuta, l'esperienza professionale del titolare della licenza non è più un titolo preferenziale. Qualora più candidati ottengano lo stesso numero di punti, le autorizzazioni sono rilasciate nell'ordine seguente: in primo luogo a coloro che non sono stati titolari di una farmacia; in secondo luogo a coloro che sono stati titolari di una farmacia in un centro con popolazione inferiore a 2.800 abitanti; poi ai farmacisti che abbiano svolto attività professionale nelle Asturie; infine ai farmacisti con più titoli accademici.

I ricorrenti hanno sostenuto che la negata autorizzazione abbia violato il loro diritto alla libertà di stabilimento sancito dall'art. 43 CE (Gli Articoli 43-48 del Trattato della Comunità Europea -ORA ART.49-55 TFUE- vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.): pertanto, il giudice nazionale spagnolo ha presentato istanza di pronuncia avanti la Corte Europea di Giustizia, perché prendesse in esame l'eventuale contrarietà della norma su citata con l'ordinamento comunitario.

"La questione che la Corte è stata chiamata a dirimere è se l'applicazione rigorosa della Programmazione territoriale (pianta organica) debba essere interpretata come una deroga (di pianificazione per evitare l'assenza di farmacie in alcune zone), oppure uno standard per tutto il territorio limitando quindi l'esercizio della professione. Questa ultima ipotesi troverebbe una giustificazione se la popolazione potesse correre il rischio di una difficoltà nell'accesso ai medicinali a causa delle decisioni autonome dei farmacisti stessi. D'altra parte, questa posizione di prudenza è facilmente contestabile sulla base dell'elevato numero di laureati che non possono aprire una farmacia a causa della regolamentazione e che potrebbero certamente coprire le esigenze di assistenza farmaceutica.

avvocato generaleL'Avvocato Generale Manuel Poiares Maduro (v. pronuncia completa) ribadisce che il diritto comunitario non rileva sulla competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi sanitari e di previdenza sociale, e in tali sistemi debbono essere ricomprese anche le farmacie, sebbene definite "imprese commerciali" dall'Avvocato. Lo stesso, tuttavia, evidenzia che la competenza degli Stati membri trova un limite nelle libertà garantite dal Trattato, tra cui figura indubbiamente la libertà di insediamento, così come in più occasioni ribadito proprio dalla Corte Europea.

L'A.G. afferma che, per la maggior parte, la normativa non è discriminatoria, in quanto tratta allo stesso modo tutti i farmacisti, indipendentemente dall'origine. Tuttavia, i criteri che attribuiscono un'ulteriore priorità ai concorrenti che hanno svolto l'attività di farmacista nel territorio delle Asturie costituiscono un'inammissibile discriminazione in base alla cittadinanza, incompatibile con il principio di libertà di insediamento. A propria difesa, il governo locale delle Asturie ha sottolineato che le suddette restrizioni sono disposte allo scopo di tutelare la salute pubblica fornendo servizi farmaceutici di qualità ovunque nel territorio. D'altra parte, lo stesso A.G. fa presente che tali provvedimenti possono essere giustificati se soddisfano quattro condizioni: siano applicati in maniera non discriminatoria; siano giustificati per motivi imperativi di interesse pubblico; siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito; non oltrepassino quanto è necessario per raggiungerlo.

L'A.G. non disconosce che la tutela della salute pubblica integri un motivo imperativo di interesse generale, ma eccepisce sul punto relativo ai "servizi di qualità". Secondo l'Avvocato, negli atti di causa non risulta alcun fondamento per affermare che una maggiore concorrenza indurrebbe i farmacisti a ridurre la qualità dei servizi da essi prestati: «Talvolta, i farmacisti sono descritti come essenzialmente motivati dal guadagno economico, giacché tutti mirerebbero a esercitare la professione solo in zone densamente popolate e, se soggetti al regime di concorrenza, sarebbero pronti a far prevalere il profitto sui loro obblighi professionali. Talaltra, quando in possesso di posizione "monopolista" in un'area densamente popolata, si ritiene che i farmacisti conducano la propria attività secondo gli obblighi professionali e si dedichino principalmente a fornire servizi farmaceutici di qualità. Secondo le tesi di diverse parti, pare che la concorrenza trasformi i santi in peccatori».

L'A.G. ricorda pure che la natura dei servizi farmaceutici ha subìto nel corso degli anni sostanziali modifiche: dal farmacista che "preparava" i medicinali, al farmacista che "li vende" o, ancora, ai medicinali venduti su internet. D'altra parte, l'Avvocato richiama le recenti sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a. e Commissione/Italia, che riguardavano normative che limitano ai farmacisti la proprietà delle farmacie. In quel caso, la Corte ha stabilito che le farmacie debbano essere gestite da farmacisti sulla base del riconoscimento della specifica qualificazione professionale che il farmacista deve possedere per poter erogare il servizio farmaceutico, allo scopo di dissuadere che altri interessi professionali possano "compromettere" la finalità del servizio.
Nelle medesime cause, la Corte ha anche affermato (con debole motivazione - NdR) che una restrizione della proprietà (quella dei farmacisti) trova giustificazione nell'effettiva autonomia professionale di cui godono i farmacisti. Tale autonomia deriva dal fatto che i farmacisti non sono legati alla produzione e alla distribuzione dei beni venduti nelle loro farmacie, e ciò consentirebbe loro di resistere maggiormente, rispetto ai non farmacisti, alle pressioni che mirano ad un consumo eccessivo di medicinali (quali siano le pressioni non è chiaro, in quanto la pubblicità ai medicionali è consentita per i soli OTC - NdR), evidenziando che la restrizione alla proprietà delle farmacie deve risultare effettivamente strumentale all'obiettivo della tutela della sanità pubblica.

Ricalcando queste motivazioni, l’Avvocato Generale nel caso in esame, non ritiene sussistano le medesime condizioni. Al riguardo, sostiene che ai farmacisti nelle Asturie «è richiesto di fornire un servizio di un certo livello» non solo in forza della legge ma anche secondo gli obblighi professionali dei farmacisti medesimi. Ciò non dovrebbe far temere che una maggiore concorrenza (rectius: apertura di nuove sedi farmaceutiche) induca i farmacisti a ridurre il livello del servizio erogato, violando così i loro obblighi giuridici ed etici. A conforto di questa interpretazione, l'Avvocato Generale, richiamando le cause sopra citate, sostiene che se fossero state «necessarie ulteriori tutele per l'adempimento degli obblighi professionali da parte dei farmacisti, nelle sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e Commissione/Italia, la Corte non avrebbe potuto concludere che il requisito della proprietà del farmacista fosse appropriato rispetto all'obiettivo di fornire un'assistenza di qualità».

Alla luce di quanto sopra riassunto, l'Avvocato Generale ha ritenuto non compatibile con il diritto comunitario il decreto del Principato delle Asturie, sostenendo che «le restrizioni al diritto di insediamento devono essere giustificatenell'interesse della salute pubblica e non devono essere uno strumento di arricchimento privato». A questo proposito, non può sfuggire il fatto che l'A.G. ha premesso alle sue conclusioni una lunga citazione di "Romeo e Giulietta" di Shakespeare: "Per riprendere i versi di Shakespeare, potremmo dire che il nodo della presente controversia è in che misura per garantire la qualità dei servizi farmaceutici si debba prevedere l'arricchimento di alcuni farmacisti".

pronuncia della Corte di Giustizia europea

Il 1 giugno 2010 i giudici del Lussemburgo hanno ritenuto compatibili con il Trattato europeo istituti come la pianta organica in quanto costituiscono una limitazione volta a garantire un equo accesso ai servizi per tutta la popolazione.

La pronuncia della Corte di Giustizia Europea ribadisce la compatibilità della regolamentazione del servizio farmaceutico nazionale con le norme sulla libertà di stabilimento sancite dal Trattato europeo. La pronuncia del giudice è intervenuta a proposito di un rinvio pregiudiziale del Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Spagna) che nutriva dubbi sulla compatibilità della normativa spagnola, che prevede un criterio geodemografico, analogo a quello italiano, in base al quale è fissato un quorum di 2800 abitanti per l'apertura di una nuova farmacia, con l'ulteriore requisito di una distanza minima di 250 metri tra una farmacia e l'altra.

Queste norme sono effettivamente una limitazione della libertà di insediamento; tuttavia si tratta di una limitazione proporzionata alla necessità di garantire l'accesso al farmaco e, di conseguenza, la tutela della salute in modo omogeneo sul territorio nazionale, evitando che le farmacie si concentrino nelle zone più favorevoli, lasciando sguarnite le aree decentrate.

I giudici del Lussemburgo hanno comunque rilevato che l'applicazione rigida di questi criteri può generare delle contraddizioni: in un'area rurale a bassa densità di popolazione il rispetto del quorum può portare alla presenza di una sola farmacia in un'area molto vasta; al contrario, rispettare il criterio della distanza in una zona molto popolosa (il centro di una metropoli, per esempio) può far sì che operi una sola farmacia in un quartiere con una popolazione molto superiore al quorum stesso. Così, i giudici stessi sostengono che spetti al giudice nazionale vigilare che l'applicazione della norma generale, che prevede eccezioni per situazioni particolari, non contrasti con la sua finalità di garantire un accesso adeguato al farmaco da parte della popolazione.

bandiera europea bandiera europea bandiera europea

Anche il nostro sistema si basa sull’autorizzazione all'apertura di nuove sedi farmaceutiche in un contesto di pianta organica definita a livello regionale, sicché le posizioni espresse dalla Corte di Giustizia europea nel caso preso in esame hanno trovato accoglianza anche in Italia, dove è risultato necessario un ripensamento delle modalità di distribuzione territoriale del servizio farmaceutico, stante anche l'evoluzione delle farmacie in centri servizi integrati di natura socio-sanitaria a livello territoriale.

Un parere non condivisibile: abolizione della Pianta Organica

Il ministero della Salute ha recentemente diramato un parere secondo il quale il “Cresci Italia” avrebbe “inequivocabilmente” abolito le piante organiche delle farmacie. Ecco perché questa tesi non può essere condivisa*.

L’art. 2 della legge n. 475/’68, a seguito della definitiva conversione in legge del d.l. “cresci Italia”, è ora composto soltanto da due commi. È venuto meno il comma 1 nelle sua versione originaria “Ogni Comune deve avere una pianta organica delle farmacie nella quale è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse” ed è stato sostituito da una disposizione, secondo cui “…il Comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie … tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.
Tale modifica normativa ha indotto l’ufficio legislativo del Ministero della Salute a rendere un parere secondo cui il legislatore ha “inequivocabilmente” eliminato la pianta organica e le procedure ad essa correlate.

Art. 2 (L. n. 475/68) come modificato da L. 24 marzo 2012)

[Ogni comune deve avere una pianta organica delle farmacie nella quale è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse, in rapporto a quanto disposto dal precedente articolo 1.] cancellato

- 1. Ogni comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall'articolo 1. Al fine di assicurare una maggiore accessibilita' al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresi' conto dell'esigenza di garantire l'accessibilita' del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate.[cancellato]

[omissis]

Art. 1 (L. n. 475/68) come modificato da L. 24 marzo 2012)

L'autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia è rilasciata con provvedimento definitivo dall'autorità competente per territorio (1).

[Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni (1).] modificato
Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.300 abitanti.

[La popolazione eccedente, rispetto ai parametri di cui al secondo comma, è compiuta, ai fini dell'apertura di una farmacia, qualora sia pari ad almeno il 50 per cento dei parametri stessi (1).] modificato
La popolazione eccedente, rispetto al parametro di cui al secondo comma, consente l’apertura di una ulteriore farmacia, qualora sia superiore al 50 per cento del parametro stesso.

La tesi dell'eliminazione della pianta organica dal mondo giuridico, tuttavia, non è condivisibile.
Perché possa affermarsi tale tesi occorre che non vi siano più norme statali che a questa facciano riferimento. È viceversa evidente che, ove il legislatore avesse fatto rimanere in vigore norme statali che prevedono espressamente la pianta organica farmaceutica, non potrebbe sostenersi che la stessa sia stata espunta come strumento di ordinata dislocazione delle farmacie sul territorio comunale.

Nel caso di specie il legislatore ha ritenuto di lasciare in vigore alcune norme che prevedono l’obbligatoria redazione della pianta organica farmaceutica; si consideri, al proposito, a mero titolo di esempio, che il d.l. “cresci Italia” non ha abrogato: - l’art. 9 comma 1 della L. n. 475/’68: “La titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica …”
- l’art. 5 comma 1 della L. n. 362/’91 (intitolata Norme di riordino del settore farmaceutico): “… in sede di revisione della pianta organica delle farmacie …”
- l’art. 104 comma 2 del R.D. n. 1265/’34 (modificato dall’art. 2 della L. n. 362/’91): “In sede di revisione delle piante organiche successiva all’entrata in vigore delle seguente disposizione …”.

Tutte tali disposizioni sono rimaste valide ed efficaci e, pertanto, vanno lette in combinato disposto con la nuova formulazione dell’art. 2 della L. n. 475/’68, secondo un principio pacifico secondo cui ad ogni norma occorre assegnare un’interpretazione che assicuri un significato logico, piuttosto di un’interpretazione che la ponga nel nulla.
E non vi è dubbio che proprio l’art. 2 e l’art. 5 della l. n. 362/’91 si configurano come le disposizioni fondamentali nell’assicurare l’ordinata dislocazione delle farmacie sul territorio mediante lo strumento flessibile della pianta organica farmaceutica; non a caso questi due articoli (non abrogati), sono proprio quelli che il Governo della Repubblica Italiana, mediante l’avvocatura Generale dello Stato, cita a pagina 14 del controricorso presentato dinanzi alla Corte di Giustizia nella causa C-531/06, come fonte normativa statale di riferimento in materia di pianta organica farmaceutica.
Se, allora, il legislatore, potendo abrogare espressamente quelle norme fondamentali che prevedono l’obbligo di approvazione della pianta organica farmaceutica, ha ritenuto viceversa di lasciarle in vigore, non vi è dubbio che non può affermarsi che la normativa del decreto “cresci Italia” ha eliminato la pianta organica delle farmacie dal mondo giuridico.

A tali conclusioni, del resto, può giungersi anche seguendo proprio l’iter argomentativo contenuto nel parere dell’ufficio legislativo del Ministero della Salute.
Nel parere si legge, infatti, che occorre rispettare tuttora il limite della distanza di 200 metri tra le farmacie giacchè il Parlamento, nel novellare la L. n. 475/’68, ha “lasciato immutato” il comma 7 dell’art. 1; se, allora, detto criterio della “immutazione” vale per il comma 7 dell’art. 1, non si vede perché non debba viceversa valere per tutte quelle altre disposizioni statali che prevedono espressamente una pianta organica farmaceutica (è il caso di rilevare, per scrupolo di completezza, che il legislatore è espressamente intervenuto novellando la L. n. 362/’91 all’art. 7 comma 9, sicchè, se veramente avesse voluto eliminare la pianta organica come strumento per la dislocazione delle farmacie, nulla gli avrebbe impedito di novellare anche l’art. 5 della stessa legge).

Ulteriori argomenti a favore della permanenza della pianta organica farmaceutica come strumento pianificatorio comunale si ricavano dalle norme del decreto legge “cresci Italia”.
L’art. 11 comma 1 lettera c) (ora art. 2 della L. n. 475/’68), infatti, stabilisce che il Comune “… identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie”.
La disposizione è di un rigore estremo ed impone di indicare in maniera precisa i confini di quelle porzioni del territorio comunale all’interno dei quali collocare le farmacie.
Deve considerarsi, infatti che:
- il termine “identifica” è tutt’altro che vago ma, anzi, presuppone una precisione estrema nell’indicazione degli elementi identitari
- il termine “zona”, tecnicamente, indica una porzione di territorio perimetrata. La giurisprudenza amministrativa è pressoché granitica nell’assegnare tale significato al termine “zona”
- la locuzione “all’interno delle quali collocare” presuppone logicamente che vi sia un limite (costituito, appunto, dalla perimetrazione): non si può collocare qualcosa all’interno di ciò che è privo di confini.

Ciò dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la pianta organica farmaceutica è tutt’altro che “eliminata” dal mondo giuridico: i Comuni, nell’istituire le nuove farmacie ai sensi del “novellato” art. 2 della L. n. 475/’68 devono, proprio a garanzia del criterio dell’equa distribuzione sul territorio, indicare precisamente quelle porzioni perimetrate dello stesso che costituiscono l’ambito entro cui è obbligatoria l’allocazione dell’esercizio farmaceutico.
Questo modus procedendi assicura in maniera effettiva il rispetto della capillarità del servizio farmaceutico, tanto condiviso dal legislatore da far prevedere espressamente nel novellato art. 2 della L. n. 475/’68 (a differenza del regime pregresso) che la distribuzione sul territorio deve essere talmente ramificata da assicurare l’accessibilità del servizio medesimo “anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate” (è auspicabile, tuttavia, che l’applicazione di tale prescrizione non determini abusi nell’individuazione delle zone di nuova istituzione).
Un ulteriore (e probabilmente decisivo) argomento a favore della permanenza della pianta organica nel nostro sistema giuridico è dato dal fatto che essa veniva qualificata, nella abrogata versione dell’art. 2 comma 1 della L. n. 475/’68, come quell’atto in cui “è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse”.

La pianta organica, dunque, è un atto che, dal punto di vista giuridico e per esperienza consolidata, ai sensi della disposizione abrogata, divide il territorio comunale in zone (intese come porzioni perimetrate di territorio), all’interno di ognuna delle quali devono operare le singole sedi farmaceutiche.
Se così è, allora, non si vede in cosa differisca la nuova normativa dalla previgente: il decreto “cresci Italia”, infatti, nello stabilire le modalità operative per l’istituzione delle nuove farmacie, impone di identificare le “zone” di ogni istituenda sede farmaceutica. Il legislatore, in buona sostanza, nella nuova formulazione dell’art. 2 della l. n. 475/’68 ha avuto cura di utilizzare quella stessa terminologia che, nella previdente formulazione, veniva utilizzata per spiegare quali fossero il contenuto e le caratteristiche della pianta organica farmaceutica.
Le dinamiche operative per l’individuazione delle nuove sedi ed il contenuto degli atti relativi alla loro istituzione sono, quindi, gli stessi indicati nella normativa abrogata: ne discende che, per quanto attiene alla necessità di operare ordinatamente mediante l’approvazione di una pianta organica farmaceutica, nulla è stato innovato rispetto al passato (un’interpretazione secondo cui le nuove sedi istituite ai sensi del d.l. “cresci Italia” devono essere identificate mediante l’indicazione di zone del territorio, mentre le sedi già istituite perderebbero la propria zona di riferimento, si rivelerebbe immediatamente irragionevole e contraddittoria, il che non è consentito in un’ottica di interpretazione costituzionalmente orientata).

Ciò che, invece, è stato innovato sensibilmente rispetto al passato dal d.l. “cresci Italia” è il procedimento di approvazione della pianta organica farmaceutica che ora diviene più snello e rapido, è avviato e concluso dal Comune ed è sottratto al “collo di bottiglia” dell’approvazione regionale (la Regione ha ora l’esclusivo compito di sostituirsi al Comune inerte).
Il Comune, infatti, è istituzionalmente l’ente più vicino ai cittadini interessati, conosce perfettamente le dinamiche demografiche e l’assetto topografico del proprio territorio, assicura duttilità di azione grazie alla varietà di specifiche competenze dei propri uffici.
Ciò è perfettamente conforme ai principi a cui si ispira la nuova normativa: principio di sussidiarietà, speditezza ed adeguatezza dell’azione amministrativa, concorrenza e competitività.
La nuova normativa, peraltro, è anche appropriata rispetto all’obiettivo di evitare che le lungaggini burocratiche per le approvazioni delle piante organiche possano diventare l’inaccettabile strumento mediante cui rallentare l’istituzione delle sedi farmaceutiche, ad ingiusto discapito e pregiudizio dell’assistenza al cittadino ed a detrimento dei livelli occupazionali.

Su tale punto sarebbe estremamente opportuno che le Regioni, nel legiferare la normativa di dettaglio, potenziassero, se possibile, la rapidità delle modalità istitutive delle nuove farmacie e la certezza della relativa azione amministrativa, prevedendo, ad esempio, che i Comuni inseriscano sulla home page del proprio sito web il numero aggiornato degli abitanti, il numero delle farmacie operative ed il numero delle farmacie che dovrebbero funzionare nel rispetto del quorum stabilito dalla legge; ciò consentirebbe di percepire immediatamente se vi è un deficit di assistenza farmaceutica. In tempi in cui la normativa prevede la class action anche nei confronti della pubblica amministrazione, potrebbe essere una norma utile e capace di garantire una maggiore trasparenza dell’azione amministrativa in un ambito rilevante e strategico come quello della tutela della salute.
Altri accorgimenti andrebbero previsti nella normativa di dettaglio a tutela dell’effettività dell’assistenza farmaceutica, ma questo potrà essere oggetto di uno studio specifico.

*Tommaso di Gioia
Avvocato in Bari, Presidente del Centro Studi di Diritto Amministrativo e Comunitario
28 marzo 2012 in www.ordinefarmacisti.it

Tar Lombardia

La decisione (n. 173 del 19-02-13) del Tar Lombardia, sede di Brescia, precisa che "la pianta organica, con la ripartizione del territorio in zone di competenza delle varie sedi farmaceutiche, può essere utilizzata, nell'attuale assetto normativo, soltanto come strumento per ottenere un'adeguata distribuzione degli esercizi in rapporto alla popolazione. Una volta raggiunto questo scopo occorre evitare che la pianta organica possa operare come freno all'iniziativa economica o come ostacolo alla concorrenza". Questa decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato.

Consiglio di Stato - Distribuzione sedi farmacie: serve pianificazione territoriale

Il potenziamento del servizio di distribuzione dei farmaci, previsto dall’articolo 11 della legge sulle liberalizzazioni, non può prescindere da una pianificazione territoriale della distribuzione delle farmacie. È questa la posizione del Consiglio di Stato, presa per la prima volta su questa materia, segnalata dagli avvocati dell’Osservatorio di diritto farmaceutico, Iusfarma.

La questione è stata sollevata da una vertenza sul trasferimento di una farmacia poiché prima della nuova normativa (marzo 2012), poteva avvenire solo nei limiti della sua sede previsti dalla pianta organica, con un’autorizzazione dell’autorità e previa verifica di idoneità della nuova collocazione; successivamente, l’interpretazione, da parte del ministero della Salute dell’articolo, avrebbe soppresso la pianta organica, facendo così venir meno le singole sedi e i relativi confini.
Ciò renderebbe possibile il trasferimento delle farmacie anche in posizioni molto distanti da quella di provenienza: cosa buona e giusta se ciò ne migliorasse con certezza la distribuzione complessiva. A questo proposito i diversi Tar, che hanno preso in esame la questione, l’hanno interpretata e risolta in modi diversi. Da ultimo anche il Consiglio di Stato se ne è occupato, concludendo che, poiché il nuovo quadro normativo prevede che a tutte le "zone" in cui si articola il territoriale comunale, vada garantita l’offerta dei farmaci in condizioni di accessibilità e pronta fruizione, la presenza di farmacie non può prescindere da un momento di pianificazione, a livello pubblicistico, dell’organica distribuzione delle sedi. Vale a dire, concludono gli esperti, che secondo i magistrati per avere una distribuzione razionale delle farmacie sul territorio, nell’interesse pubblico, «è necessaria una qualche forma di pianificazione da parte dell’autorità, pur non precisando che essa debba coincidere con la tradizionale pianta organica o con eventuali nuovi strumenti». Dunque, va escluso che le farmacie «possano trasferirsi a prescindere da qualsiasi vincolo laddove ne possa derivare, a giudizio dell’autorità, una migliore distribuzione».

TAR Campania

La decisione (n. 1125 del 26-02-13) del Tar Lombardia, sede di Napoli, si pronuncia a favore della liberalizzazione degli orari di apertura delle farmacie. In questo caso, l'Ordine provinciale delle farmacie può unicamente fissare gli orari in cui le farmacie devono assicurare il loro servizio, ma non può vincolare le farmacie di zona a chidere negli orari delle farmacie di turno. Questa decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato.


sperimentazione clinica1 preparazioni estemporanee2 eccezione galenica e sperimentazione con medicinali equivalenti3 legge antidoping4 codice comunitario dei medicinali per uso veterinario5 6 farmacia a bordo delle navi7 norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia8 alcune sentenze in materia sanitaria9 responsabilità oggettiva del produttore10
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