certificato di protezione supplementare

Il nuovo regolamento europeo per la concessione del certificato di protezione complementare (SPC), ha fissato alcuni princìpi volti ad armonizzare la disciplina dei brevetti in seno all'UE.
Un argomento di rilevante interesse è costituito da un ricorso del MIT per la mancata concessione del SPC da parte dell'ufficio brevetti tedesco.

Il ricorrente nella controversia principale, il MIT, è titolare di un brevetto europeo («brevetto di base») la cui domanda è stata presentata il 29 luglio 1987. Una delle rivendicazioni di tale brevetto, ha per oggetto una «composizione comprendente una matrice di polyanidride avente elevato peso molecolare (...) ed una sostanza biologicamente attiva».

Con decisione 3 agosto 1999, veniva rilasciata in Germania l’autorizzazione di immissione in commercio per il Gliadel, che è costituito da una sostanza attiva, la carmustina, e da un eccipiente polimero biodegradabile, il polifeprosan.

Dal brevetto di base risulta che il polifeprosan è stato sviluppato per mettere a disposizione del settore biomedico una matrice biodegradabile in grado di rilasciare in modo controllato sostanze attive in vivo. Per quanto riguarda la carmustina, essa è una sostanza attiva, altamente citotossica, impiegata da vari anni nella chemioterapia per via endovenosa, in combinazione con eccipienti inerti ed additivi medicinali, in particolare per il trattamento dei tumori cerebrali (glioma maligno). Secondo il ricorrente nella causa principale, l’uso di tale principio attivo fino ad oggi non ha consentito di prolungare significativamente l’aspettativa di vita dei pazienti.

Il Gliadel è indicato nel trattamento dei tumori cerebrali recidivi come complemento alla chirurgia. Si presenta sotto forma di disco macroscopico da impiantare nella scatola cranica dopo l’asportazione chirurgica del tumore cerebrale. Tale dispositivo agisce in modo da determinare un rilascio lento e controllato del principio attivo da parte del polifeprosan, al fine di ritardare la recidiva del tumore. Secondo il ricorrente nella causa principale, l’impiego combinato di carmustina e di polifeprosan consentirebbe di prolungare di svariati mesi l’aspettativa di vita dei pazienti, rendendo possibile un’applicazione del principio attivo nettamente più elevata, ma costante, sull’area tumorale.

Il MIT ha presentato domanda di certificato protettivo complementare per il Gliadel presso l’ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi (Deutsches Patent und Markenamt). La domanda in principalità è intesa ad ottenere un certificato per la carmustina in combinazione con il polifeprosan. La domanda presentata in subordine mira ad ottenere un certificato soltanto per la carmustina.

Con decisione 16 ottobre 2001, l’ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi ha respinto la domanda principale, sostenendo che il polifeprosan non è un principio attivo secondo l’accezione degli artt. 1, lett. b), e 3 del regolamento n. 1768/92. Esso peraltro ha ritenuto di non poter rilasciare un certificato per la carmustina isolatamente considerata, atteso che per detta sostanza attiva era già stata concessa un’autorizzazione da svariati anni (la prima AIC per la carmustina è stata rilasciata il 6 marzo 1979 nel Regno Unito).

La ricorrente nella causa principale ha presentato opposizione contro tale decisione di rigetto dinanzi al giudice federale tedesco competente in materia di brevetti (Bundespatentgericht), che l’ha a sua volta respinta con decisione 25 novembre 2002. La motivazione spiega che nel caso in questione non sono integrate le condizioni per il rilascio di un certificato, poiché la combinazione di carmustina e di polifeprosan non costituisce un «prodotto» ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92. Esso osserva infatti che la nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale» ai sensi del detto articolo implica la necessaria compresenza di due principi attivi, dei quali ciascuno sia dotato di effetti terapeutici propri. Orbene, il Gliadel ne conterrebbe solamente uno, ossia la carmustina.

Il MIT ha quindi impugnato la decisione di rigetto del Bundespatentgericht dinanzi alla Corte federale di cassazione tedesca(Bundesgerichtshof). A sostegno del proprio ricorso, il ricorrente nella causa principale sostiene che il polifeprosan non è né un eccipiente né un mero componente ausiliario. Esso osserva, infatti, che il polifeprosan è un ingrediente indispensabile del Gliadel, giacché permette alla carmustina di venir somministrata in modo appropriato dal punto di vista terapeutico nel trattamento dei tumori cerebrali maligni, contribuendo con ciò all’efficacia del medicinale. Ad avviso del MIT, senza la suddetta sostanza biodegradabile non sarebbe possibile somministrare in modo così preciso la carmustina, la quale inoltre, qualora venisse somministrata in un’unica soluzione, avrebbe effetti letali a causa della sua alta tossicità.

premesse normative

Il regolamento n. 1768/92 istituisce un certificato protettivo complementare, accessorio ad un brevetto nazionale o europeo precedentemente accordato, volto a prolungare la durata dei diritti che quest’ultimo conferisce al suo titolare. Lo scopo è quello di contribuire al costante miglioramento della sanità pubblica incentivando la ricerca e l’innovazione nel settore farmaceutico, mediante la concessione di una protezione giuridica complementare in favore dei medicinali derivanti da una ricerca lunga e costosa.

Le attività di ricerca farmaceutica richiedono infatti investimenti rilevanti, che possono essere ammortizzati soltanto se l’impresa che li effettua beneficia di un monopolio di sufficiente durata sullo sfruttamento dei risultati. Orbene, al fine di garantire la salvaguardia della sanità pubblica, l’immissione in commercio di una specialità medicinale è subordinata al rilascio di un’autorizzazione, a séguito di una procedura lunga e complessa, di modo che il periodo che intercorre tra il deposito della domanda di brevetto e il rilascio dell’autorizzazione di immissione in commercio del prodotto riduce considerevolmente la durata dello sfruttamento esclusivo, scoraggia gli investitori e penalizza la ricerca farmaceutica.

Per evitare il pericolo di un’evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali, che possa ostacolare la libera circolazione dei medicinali nel mercato interno, il regolamento n. 1768/92 istituisce quindi un certificato che può essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro.

Al fine di accordare ai medicinali una protezione effettiva sufficiente ed equivalente a quella di cui beneficiano altri settori della tecnologia, il regolamento fissa in quindici anni la durata dei diritti esclusivi di cui il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità.

L’art. 1 del regolamento n. 1768/92 è così formulato:

Ai fini del presente regolamento si intende per:

  1. medicinale, ogni sostanza o composizione presentat[a] come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale;

  2. prodotto, il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale (11);

  3. brevetto di base, un brevetto che protegge un prodotto ai sensi della lettera b) in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato;

L’art. 2 del regolamento n. 1768/92 ne precisa la sfera d’applicazione nei seguenti termini:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio ad una procedura di autorizzazione amministrativa (…) può formare oggetto di un certificato (…)».

L’art. 3 di tale regolamento stabilisce le condizioni di rilascio del certificato: il «prodotto» dev’essere protetto da un brevetto di base in vigore nello Stato membro nel quale è stata presentata la domanda, deve aver ottenuto un’autorizzazione di immissione in commercio in corso di validità, non dev’essere già stato oggetto di un certificato e, infine, la summenzionata autorizzazione dev’essere la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale.

L’art. 4 del medesimo regolamento, che definisce l’oggetto della protezione accordata dal certificato, è così formulato:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato».

L’art. 5 del detto regolamento dispone che «il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi».

[... omissis...]

L’art. 13 del regolamento stabilisce che «il certificato ha efficacia a decorrere dalla scadenza del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda di brevetto e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni. Tuttavia, la durata del certificato non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia».

Come si vede, il regolamento n. 1768/92 non definisce la nozione di «principio attivo». Essa designa una sostanza, come un composto chimico o una soluzione naturale, dotata di proprietà farmacologiche o fisiologiche alla base dell’effetto terapeutico. Tale nozione deve essere distinta da quella di «eccipiente». Infatti, secondo l’elenco della terminologia di riferimento della farmacopea europea, elaborata sotto l’egida del Consiglio d’Europa (13), un eccipiente è una sostanza ausiliaria, generalmente priva di valore terapeutico, necessaria all’ottenimento, alla somministrazione o alla conservazione del principio attivo. Esso funge da vettore o da supporto di quest’ultimo, contribuendo in tal modo a talune proprietà del prodotto quali la sua stabilità, la sua forma galenica (14) o ancora la sua tollerabilità da parte del paziente.

la decisione della Corte federale di cassazione

La Corte federale di cassazione (Bundesgerichtshof) per formulare la decisione, nutre alcuni dubbi a proposito dell’interpretazione della nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale», di cui all’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92.

Esso ricorda, anzitutto, che le nozioni di «principio attivo» e di «composizione di principi attivi» costituiscono nozioni di diritto comunitario che, in quanto tali, devono essere interpretate autonomamente. A tal proposito evidenzia che né il regolamento n. 1768/92 né la giurisprudenza della Corte forniscono una definizione di tale nozione.

Il giudice di rinvio rileva poi che la nozione di «composizione di principi attivi» può prestarsi a due interpretazioni:

  1. Secondo il Bundesgerichtshof, detta nozione può essere interpretata nel senso che ciascuno degli ingredienti di tale composizione è un principio attivo dotato di effetti terapeutici. A tale riguardo, esso fa valere la distinzione stabilita dal regolamento n. 1768/92 tra le nozioni di «medicinale» e di «prodotto» (lettere a, b). Pertanto, la distinzione tra tali due espressioni potrebbe indicare che la nozione di «prodotto» si riferisce unicamente ai principi attivi o alle associazioni di due o più principi attivi nella composizione di un medicinale. Di conseguenza, dato che il polifeprosan è soltanto un eccipiente privo di qualsiasi effetto terapeutico, non sarebbe possibile rilasciare il certificato sollecitato dal MIT.

  2. Il giudice del rinvio tuttavia osserva che nella relazione esplicativa sulla proposta di regolamento, la Commissione delle Comunità europee specifica che qualsiasi ricerca effettuata in campo farmaceutico ed in grado di essere brevettata deve essere incoraggiata, sia che si tratti di un prodotto nuovo, di un nuovo processo di ottenimento di un prodotto, nuovo o già noto, di una nuova applicazione di un prodotto, o di una nuova composizione contenente un prodotto nuovo o già noto. Secondo il giudice del rinvio, pertanto, sarebbe possibile ritenere che la combinazione di un eccipiente nuovo con un principio attivo conosciuto possa costituire oggetto di un certificato protettivo complementare qualora tale combinazione dia origine ad un nuovo medicinale in cui gli effetti medicinali del principio attivo sono definiti e controllati dalla sostanza aggiuntiva.
    Il Bundesgerichtshof rileva che tale ultima interpretazione è stata già accolta in taluni Stati membri della Comunità, dato che la Repubblica francese (dal 7 luglio 2000) ed il Regno Unito (dal 16 gennaio 2003) hanno accordato un certificato protettivo complementare alla composizione gliadel.

il parere dell'Avvocato generale

L’Avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, in completa indipendenza rispetto alle parti ed alle Istituzioni dell'Unione, delle "conclusioni" scritte e motivate, ma non vincolanti, in merito alla soluzione che la Corte di giustizia dovrebbe-potrebbe adottare per definire una controversia. Il suo ruolo è quello di difensore del diritto (non di una parte). L'A.g. svolge una funzione parzialmente paragonabile a quella del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione in alcune cause civili (in quanto non è un Pubblico Ministero). Presso la Corte di giustizia rivestono la funzione 8 avvocati generali, di cui uno di nazionalità italiana.
L'avvocato generale, Philippe Léger, ha presentato le seguenti conclusioni nella causa C-431/04 che riguardano «Diritti conferiti da un brevetto - Specialità medicinali - Certificato protettivo complementare per i medicionali - Nozione di "composizione di principi attivi di un medicinale"»

Il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se la nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale» di cui all’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92 debba essere interpretata nel senso (favorevole al Mit. NdR) che essa comprende una composizione costituita da due sostanze delle quali soltanto una è dotata di proprietà farmacologiche proprie per una determinata indicazione terapeutica e l’altra è necessaria all’efficacia terapeutica della prima per la stessa indicazione.

Secondo l'A.g. , il problema si pone in quanto l’art. 1, lett. b), di tale regolamento, che definisce la nozione di «prodotto», riguarda unicamente «il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale».

Un’interpretazione puramente letterale di tale disposizione esclude che si possa qualificare come «prodotto», una composizione comprendente un principio attivo ed un eccipiente, [anche - NdT] nell’ipotesi particolare in cui quest’ultimo è indispensabile all’efficacia medicinale del principio attivo. D'altra perte, un'interpretazione tanto restrittiva non sarebbe conforme agli obiettivi perseguiti dal legislatore comunitario.

Il regolamento n. 1768/92 stabilisce, infatti, un sistema di tutela complementare a quella accordata da un brevetto di base. Come risulta dagli artt. 3, 4 e 5 di tale regolamento, il certificato è strettamente legato al brevetto nazionale o europeo precedentemente accordato, nonché all’autorizzazione di immissione in commercio rilasciata dalle autorità nazionali competenti.

È giocoforza constatare che il certificato protettivo complementare (CPC) costituisce la proroga naturale del brevetto di base, pertanto niente osta a che una composizione medicinale, non solo protetta da un brevetto ma del pari oggetto di una autorizzazione di immissione in commercio, benefici di una protezione complementare, se peraltro tale composizione rientra nel novero delle innovazioni terapeutiche di cui il regolamento n. 1768/92 mira ad incoraggiare lo sviluppo. L’esame degli obiettivi che il regolamento principalmente persegue avvalora ulteriormente tale tesi:

  1. In primo luogo, l’obiettivo del miglioramento costante della sanità pubblica esige che sia data sufficiente protezione giuridica alle innovazioni in grado di potenziare l’efficacia terapeutica delle sostanze attive.

  2. (...) non basta incentivare la ricerca e lo sviluppo di nuovi principi attivi per garantire un costante miglioramento dei trattamenti sanitari. Come il MIT e la Commissione di Ricorso dell'Ufficio europeo dei brevetti, è necessario promuovere la ricerca di nuove applicazioni di principi attivi esistenti tramite lo sviluppo di sostanze ausiliarie che rendano possibile il loro impiego o il potenziamento delle loro proprietà farmacologiche per una determinata indicazione terapeutica. Infatti, ciò consentirebbe non solo di ipotizzare nuove forme di somministrazione più adeguate alle specifiche esigenze del paziente e di ottenere una potenziata efficacia delle associazioni medicinali, ma altresì di garantire una maggiore sicurezza d’impiego grazie alla riduzione degli effetti indesiderati. In assenza di simili ricerche, ritengo che molti pazienti si dovrebbero accontentare di un trattamento che non sarebbe ottimale.
    [Questa conclusione, ove fosse generalizzata a prescindere dal caso particolare, risulterebbe forzata in quanto nessun paziente che difetti della continua assistenza medica durante il trattamento terapeutico beneficia di un trattamento ottimale, per il quale è necessario un continuo monitoraggio dei livelli ematici e delle funzioni fisiologiche - NdR]

Come ricorda il MIT nelle sue osservazioni, le terapie proposte nel trattamento del tumore al cervello, come la chemioterapia, restano prive di efficacia se i principi attivi somministrati per via endovenosa non riescono a oltrepassare la barriera ematocelebrale. I laboratori biofarmaceutici hanno pertanto ricercato e sviluppato nuove tecniche che rendono possibile un’efficace somministrazione del principio attivo, trasportando quest’ultimo al di là di tale barriera.
Tra tali tecniche figura, in particolare, lo sviluppo di matrici biodegradabili come il polifeprosan oggetto della causa principale. Sebbene tale eccipiente sia privo di qualsiasi proprietà farmacologica propria, consente non solo di potenziare in modo significativo l’effetto terapeutico cui tende il principio attivo, mediante un metodo di somministrazione originale ed innovativo, ma altresì di evitare, mediante la sua progressiva dissoluzione, i nocivi effetti secondari che accompagnano la somministrazione della carmustina per via endovenosa.

Dal momento che tale nuovo metodo di trattamento medicinale pare costituire un progresso terapeutico di notevole importanza nella cura dei tumori celebrali, sarebbe deplorevole che non fosse protetto al pari delle ricerche che riguardano i soli principi attivi. Infatti, iscrivendosi molto chiaramente nel piano d’azione contro il cancro intrapreso dalla Comunità, tale metodo partecipa evidentemente al costante miglioramento della sanità pubblica contemplato dal regolamento n. 1768/92.

Tuttavia, la protezione giuridica offerta dal CPC deve essere proporzionata, così da non compromettere la realizzazione di taluni interessi politici, economici e sociali concorrenti, come quello relativo all’accesso dei medicinali generici sul mercato.

Per evitare il pericolo di monopolizzazione del mercato mediante il rilascio di una protezione complementare a qualsiasi nuovo medicinale che non sia stato in alcun modo oggetto di innovazione terapeutica, il regolamento n. 1768/92 circoscrive la sfera di applicazione del certificato al solo principio attivo o alla sola composizione di principi attivi contenuto o contenuta in un medicinale.

Infatti, come osserva la Commissione nella sua relazione esplicativa, una gran parte dei medicinali in commercio contiene solo pochi o nessun elemento innovativo. È estremamente frequente che un medesimo principio attivo riceva più autorizzazioni successive di immissione in commercio ogni qualvolta interviene una modifica di minore importanza nella sua forma farmaceutica, nel dosaggio, nella composizione (sale o estere differenti) ovvero nelle sue indicazioni. Così, ad esempio, l’aspirina, che è un principio attivo, può essere attualmente commercializzata in forma di polvere o di compressa, o ancora in forma solubile, effervescente o addizionata di vitamine.

In tali circostanze, è evidente che un certificato protettivo complementare non può essere accordato ogni qualvolta le caratteristiche di una composizione medicinale subiscono una leggera modifica. Se così fosse, la concessione di una protezione supplementare sarebbe sproporzionata rispetto al valore dell’invenzione e contravverrebbe agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1768/92.

Pertanto, non può essere questo il caso della fattispecie in esame. Infatti, la Corte è chiamata a pronunciarsi in una causa in cui la composizione controversa costituisce un’innovazione di notevole rilevanza, frutto di ricerche lunghe e costose la cui protezione rappresenta lo specifico obiettivo del detto regolamento [questa argomentazione ripete unicamente considerazioni sulle finalità del regolamento - NdR].

Tenuto conto di tali considerazioni, è ragionevole che la nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale», ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92, debba comprendere anche composizioni del tipo di quella in questione nel caso di specie.

Alla luce dell’insieme di tali elementi, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nel modo seguente: la nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale», ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92, deve essere interpretata nel senso che essa non esclude il rilascio di un certificato protettivo complementare a una composizione costituita da due sostanze di cui l’una, già nota, è dotata di proprietà farmacologiche proprie per una determinata indicazione terapeutica e l’altra è necessaria all’efficacia terapeutica della prima per tale medesima indicazione.

Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 4 maggio 2006

Non essendovi alcuna definizione della nozione di «principio attivo» nel regolamento n. 1768/92, la determinazione del significato e della portata dei suddetti termini va operata considerando il contesto generale nel quale essi sono utilizzati e conformemente al loro senso abituale nel linguaggio corrente. Nel caso specifico si deve osservare come sia pacifico, secondo quanto emerge dagli atti della presente causa, che nell’espressione «principio attivo», considerata nella sua accezione comune in farmacologia, non rientrano le sostanze incluse nella composizione di un medicinale che non esercitano un’azione propria sull’organismo umano o animale.

A tale proposito si deve sottolineare che, al punto 11 del preambolo di cui alla proposta di regolamento (CEE) del Consiglio 11 aprile 1990, sulla creazione di un certificato protettivo complementare per i medicinali [COM(90) 101 def.], al quale il governo francese ha rinviato nelle sue osservazioni orali, si precisa che «(...) la proposta di regolamento è limitata ai nuovi medicinali. Non si tratta di rilasciare un [CPC] per ogni specialità medicinale brevettata che abbia ottenuto l’autorizzazione a essere immessa in commercio. Può essere, infatti, rilasciato un solo [CPC] per prodotto, intendendo quest’ultimo nel senso stretto di sostanza attiva; eventuali modifiche di minore importanza apportate al medicinale, come un nuovo dosaggio, l’utilizzo di un sale o di un estere diversi, una forma farmaceutica diversa, non rendono necessario un nuovo [CPC]».

Anche la nozione di «prodotto», secondo la definizione di cui all’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92, non è assolutamente in contrasto con quella alla quale la Commissione ha inteso fare riferimento al punto 11 del suddetto preambolo. Da quest’ultimo emerge infatti che la forma farmaceutica del medicinale, alla quale può contribuire un eccipiente come hanno osservato l’avvocato generale e il governo francese in udienza, non rientra nella definizione del concetto di «prodotto», dal momento che quest’ultimo è da intendersi nel senso stretto di «sostanza attiva» o di «principio attivo».

Inoltre è possibile fare riferimento al regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 23 luglio 1996, n. 1610, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU L 198, pag. 30), nel cui quarto ‘considerando’ viene precisato che l’innovazione nel settore fitosanitario deve beneficiare di una protezione equivalente a quella concessa ai medicinali in forza del regolamento n. 1768/92. L’art. 1, punto 8, di detto regolamento, intende per prodotto la sostanza attiva o la composizione di sostanze attive di un prodotto fitosanitario. Orbene, una sostanza attiva, ai sensi del punto 3 del suddetto articolo, è una sostanza avente un’azione generale o specifica sugli organismi nocivi o sui vegetali.

A tale riguardo occorre osservare che al punto 68 del preambolo della proposta di regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 9 dicembre 1994, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari [COM(94) 579 def.], viene affermato che:

nella misura in cui la sostanza attiva stessa avrà già beneficiato di un CPC, essa non potrà, qualunque siano i cambiamenti intervenuti in relazione ad altri elementi del prodotto fitosanitario (impiego di sale differenti, eccipienti differenti, presentazione differente, ecc.) dare luogo ad un nuovo CPC;

riassumendo, va rilevato che, mentre una stessa sostanza può formare oggetto, in uno stesso Stato membro, di più brevetti e di più AIC, il CPC sarà rilasciato per tale sostanza soltanto sulla base di un solo brevetto e in occasione di una sola AIC, ossia la prima nel tempo per lo Stato membro considerato.

Alla luce di quanto precede si deve constatare che una sostanza che non esercita alcun effetto terapeutico proprio e che consente di ottenere una determinata forma farmaceutica del medicinale non rientra nella nozione di principio attivo, a sua volta idonea a definire la nozione di prodotto [implicitamente ne deriva l'ovvia conclusione che un prodotto medicinale non può essere privo di sostanze attive. NdR]. Pertanto, una siffatta sostanza associata a una sostanza caratterizzata da effetti terapeutici propri non può originare una «composizione di principi attivi» ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1768/92.

Il fatto che una sostanza che non esercita alcun effetto terapeutico proprio consenta di ottenere una determinata forma farmaceutica del medicinale, necessaria all’efficacia terapeutica della sostanza dotata di proprietà curative, non può confutare tale interpretazione.

Più in generale, come hanno osservato l’A.g. nonché i governi della Francia e dei Paesi Bassi, sembra non sia raro che le sostanze che consentono di ottenere una determinata forma farmaceutica del medicinale influiscano sull’efficacia terapeutica del principio attivo contenuto in quest’ultimo [Questa osservazione implica che la particolare formulazione della carmustina non può essere considerata rilevamte quanto un trovato costituito da una nuova molecola attiva. NdR].

Parimenti, una nozione di «composizione di principi attivi» di un medicinale che comprenda una composizione costituita da due sostanze, delle quali soltanto una è dotata di effetti terapeutici propri per una determinata indicazione e l’altra consente di ottenere una forma farmaceutica del medicinale, necessaria all’efficacia terapeutica della prima per la medesima indicazione, sarebbe tale da introdurre un elemento d’incertezza giuridica nell’applicazione del regolamento n. 1768/92. [si aprirebbe la strada ad un contenzioso continuo. NdR]

Infatti, nel caso specifico, il carattere necessario a garantire l’efficacia terapeutica del principio attivo di una sostanza che non esercita alcun effetto terapeutico proprio non può essere considerato un criterio con un contenuto sufficientemente determinato.

Per questi motivi la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’art. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali, nella sua versione risultante dall’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «composizione di principi attivi di un medicinale» non comprende una composizione costituita da due sostanze delle quali soltanto una è dotata di effetti terapeutici propri per una determinata indicazione e l’altra consente di ottenere una forma farmaceutica del medicinale necessaria all’efficacia terapeutica della prima sostanza per la medesima indicazione.