Nello spettro elettromagnetico, subito dopo la radiazione nel visibile, seguono i raggi ultravioletti (UV), che sono convenzionalmente divisi in base alla loro lunghezza d'onda: gli UVA vanno da 320 a 400 nm; gli UVB da 320 a 280 nm, gli UVC da 280-100 nm
La relazione di Planck, permette di correlare la lunghezza d'onda della radiazione all'energia ad essi associata:
dove: h = costante di planck (6,626 10-34 J · s ); c è la velocità della luce e l la lunghezza d'onda della radiazione
UV = UVI0 x CMF x (1 +0,08 Dh)
dopo aver ottenuto l'irradiazione delle località a cielo sereno (UVI0 , dati Meteosat), l'irradiazione nelle altre zone (v. immagine Meteosat appresso) è ottenuta moltiplicandola per CMF in accordo con la corrispondente copertura nuvolosa. Per esempio, supponiamo che la previsione della irradiazione UV massima sia 10. Per una zona del nord (v. immagine Meteosat) che presenta una copertura 3 ottavi (3/8 = 37%) , CMF = 0.8 (cielo parzialmente coperto, 3/8, nuvole basse) si ha una irradiazione al suolo pari a:
UV = UVI0 x CMF x (1 +0,08 Dh) = 10 x 0,8 x (1 + 0.08 x 0 ) = 8
Gli UV eccitando le molecole nelle cellule producono radicali liberi, molecole molto attive che per tornare allo stato di riposo devono cedere l'energia ad altre molecole (come se si passassero freneticamente un fiammifero acceso) che si eccitano a loro volta diventando radicali liberi: si innesta così una cascata di eventi radicalici che amplifica il danno cellulare. La produzione e la propagazione di "radicali liberi" determina l'ossidazione delle molecole coinvolte.
questo comporta che tutte le zone a livello del mare (h = 0), in presenza di nuvole basse e copertura di 3 ottavi sono esposte alla stessa irradiazione UV che nell'immagine Meteosat è rappresentata dalla zona colorata in tonalità di rosso scuro, la maggior parte del territorio visualizzato. L'mportanza di saper leggere un'immagine Meteosat, è chiarita dalla sua utilità nell'adottare la corretta protezione dalla radiazione UV (v. raccomandazioni Commissione europea). D'altra parte, è ovvio che nessuna persona prima di esporsi al sole si precipita a cercare immagini meteo con indice Uv: quello che importa è capire l'insieme degli elementi che concorrono a determinare il tempo di esposizione al Sole. Così, nel caso del calcolo precedente, se la copertura è 3 ottavi, ma le nuvole sono alte, l'irradiazione al suolo è = 10... e non è la stessa situazione di prima!
Alcune sostanze naturali hanno la proprietà di inattivare i radicali liberi bloccando così la catena radicalica, l'ossidazione legata all'azione dei radicali libere e il danno cellulare. La vitamina "E", la vitamina "C", l'acido lipoico, il coenzima Q10 sono antiossidanti.
La radiazione solare a cui ogni individuo è esposto, dipende dall'irradiazione ambientale, dalla frazione di tale irradiazione ricevuta dalle diverse zone anatomiche e dalla durata dell'esposizione stessa. I filtri solari sono utilizzati per contrastare gli effetti indesiderati della radiazione solare. Inizialmente studiati con lo scopo principale di difendere dall'ustione solare (indotta principalmente da raggi UVB), successivamente sono stati modificati per proteggere anche nei confronti dei raggi UVA. Questi filtri sono distinti in chimici (organici) e fisici (inorganici), e dalla loro scelta e miscelazione dipende l'efficacia protettiva.
Negli ultimi anni, le aziende leader (L'Oreal, Vichy, Roc, ecc.) coscienti del problema che iniziava ad essere conosciuto prima dai ricercatori, poi dai dermatologi e infine - elemento molto importante - dai consumatori finali, hanno sintetizzato nuovi filtri chimici messi in commercio come "fotostabili"; d'altra parte, sono ancóra in uso i vecchi filtri chimici "fotoinstabili". In ogni caso, come per i farmaci di nuova introduzione, non c'è sufficiente esperienza derivante dall'utilizzo per molti anni e quindi è consigliabile una certa prudenza soprattutto per i bambini.
Per proteggere la cute dagli UV, sono possibili due alternative: non esporsi al sole o prendere contromisure. Come contromisure si utilizzano i filtri solari, che sono di due tipi: filtri chimici e schermi fisici.
I filtri chimici sono sostanze chimiche di sintesi che hanno la proprietà (per la loro struttura molecolare) di catturare l'energia degli UV evitando il danno alle cellule cutanee. In genere hanno nella loro molecola degli anelli aromatici che assorbono gli UV, bloccandone l’energia. Questa energia, che deve essere liberata, può essere eliminata come calore o come fluorescenza. Però nel caso di filtri fotosensibili, si può anche verificare un danno strutturale ed i prodotti di degradazione che si formano possono essere molto dannosi per le cellule cutanee.
![]() l'animazione dà un'idea intuitiva delle modificazioni conformazionali - fonte: www.loreal.com |
Il Mexoryl® Sx (L'Oreal) protegge contro i raggi UV nell'intervallo tra 290–400 nm (con un picco a 345), rendendolo il solo prodotto chimico conosciuto in grado di bloccare tutti i raggi UVA e parte dei raggi UVB. Per questa ragione il Mexoryl® SX deve essere combinato con altri filtri attivi per ottenere una valutazione di SPF ufficiale. I filtri a base di Mexoryl® sono commercializzati in Canada, Europa e altre parti del mondo fin dal 1993, ma è ancora in attesa l'approvazione della FDA per gli Stati Uniti.
Il Mexoryl® Sx (noto come ecamsule) è solubile in acqua. L'Oreal ha anche registrato il Mexoryl® XK (drometizolo trisiloxano) che è solubile in olio ed offre una protezione più ristretta, compresa nell'intervallo 340-400 nm.
I filtri fisici (inorganici) sono preparazioni formulate con derivati di metalli (ossido di zinco, biossido di titanio) che hanno proprietà riflettenti ai raggi UV: i raggi UV non sono assorbiti ma riflessi sulla superficie cutanea. L’azione è quindi diversa dai filtri chimici. Questi filtri le zone UVA e UVB e sono usati particolarmente nei sunscreens con i fattori molto alti di protezione del sole. L'ossido di zinco offre la più ampia protezione rispetto a qualsasi altro composto, coprendo uniformemente le lunghezze d'onda tra 290-380 nm, con una protezione contro gli UVB e la maggior parte degli UVA, Nell'allegato VII della direttiva 76/68 CE è iscritto solo il biossidio di titanio, quindi l'ossidodio zinco può essere presente nelle preparazioni ma non conteggiato al fine della determinazione dell'indice SPF (v. avanti). Occorre tener conto che nessun filtro solare protegge per tutta la regione UVA, particolarmente nella banda tra 380-400, che genera un elevato stress ossidativo.
Lo svantaggio degli schermi fisici è che conferiscono un aspetto "sbiancato" alla cute, che è poco accettato cosmeticamente ed inoltre l'abbronzatura non è uniforme, ma chiazzata (a seconda delle zone cutanee con maggiore o minore filtro fisico). Ciò si evita riducendo la dimensione delle particelle del pigmento a circa 200 nanometri che consentono la loro distribuzione serrata in un film più sottile, mantenendo l'effetto riflettente e (riduce la rifrazione) facendoli sembrare trasparenti. La riduzione delle dimensioni riduce la protezione dai raggi UVA in quanto hanno maggior lunghezza d'onda e quindi l'interazione con il pigmento è ridotta.
Il fattore di protezione di un prodotto é indicato dalla sigla SPF (Sun Protection Factor) o dalla sigla IP (Indice di Protezione) seguita da un numero. Assieme alla sigla SPF viene associata un'altra sigla che ne indica la scala di riferimento: DIN utilizzata in Europa, o FDA utilizzata in USA. L'associazione con una o l'altra sigla fa attribuire ad uno stesso fattore di protezione SPF valori notevolmente diversi per quanto riguarda il grado di protezione del prodotto.
![]() lo schema visualizza l'intervallo di attività di alcuni filtri solari. Come si vede, non esiste il filtro perfetto. |
Più alto è il numero più alta è la protezione: un prodotto con un valore tra 2 e 7 SPF è un prodotto solare a bassa protezione, valori tra 8 e 11 SPF sono considerati a media protezione, valori numerici sopra 12 SPF sono prodotti ad alta protezione. Un prodotto con valore SPF 30 o superiore, è erroneamente considerato come protezione totale.
Il Fattore di Protezione Solare permette di moltiplicare la protezione naturale della pelle verso la radiazione solare, tipicamente 10-15 minuti. per esempio un filtro con indice FPS 10, offre una "protezione" prolungata a 100, 150 minuti. Per scegliere il fattore di protezione solare più appropriato bisogna tenere in considerazione 3 criteri principali:
a) il tipo di pelle, i soggetti di pelle chiara e i bambini devono utilizzare un indice elevato; b) la sensibilità di alcune parti del corpo (viso, seno, ...): c) l'ora solare: dalle 12.00 alle 16.00 le quantità di raggi UVB sono più forti.
Gli oli permettono un fattore di protezione 2-4, generalmente insufficiente. Quanto alle creme, le sostanze attive nella fotoprotezione sono lipofile e quindi aumentando il fattore di protezione, aumenta generalmente il grado di untuosità. I gel offrono un SPF limitato in quanto non raggiungono adeguate concentrazioni di filtri. I filtri resistenti all'acqua (emulsioni A/O) sono un discreto compromesso.
I filtri solari danno un effetto lucido e non vanno d'accordo con i cosmetici del viso. In questi casi si può ricorrere all'uso di fondo tinta con adeguati filtri solari oppure ciprie in polvere adatte per ridurre l'effetto lucido.
la somma della frazione che attraversa il filtro, UVBp, addizionata alla frazione bloccata, UVBb è:
sostituendo l'equazione (1) nella (2):
SPF | frazione di UVB bloccati |
SPF 10 | 90.0% |
SPF 20 | 95.0% |
SPF 30 | 96.7% |
SPF 60 | 98.3% |
riarrangiando in modo da evidenziare UVBb:
La tabella a destra raccoglie alcune percentuali - calcolate con la formula (4) - di UVBb bloccati in funzione del SPF
L'indice SPF, ben noto "fattore di protezione" si riferisce principalmente ai raggi UVB (causa di "scottature solari") ma non ai raggi UVA (fattore di rischio per il cancro della pelle e l’invecchiamento della pelle). Non esistono attualmente metodi di prova uniformi per comparare i fattori di protezione ai raggi UVA. Ogni produttore ha il suo metodo per misurare e indicare il fattore di protezione. Malgrado la frequente indicazione relativa a "schermo totale" e "protezione totale", non esiste un prodotto che possa fornire una protezione totale nei confronti dei raggi UV.
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gli abiti scuri (alto UPF) e in lana dei tuareg difendono maggiormente dalle fredde notti del deserto |
La perplessità nell'indossare abiti scuri sotto il sole, deriva dal fatto che questi raggiungono l'equilibrio termico con l'ambiente più rapidamente rispetto agli abiti chiari, tutto qui.
Per brevi spostamenti non è necessario indossare vestiti particolari; al contrario, le persone che lavorano o stanno spesso all'aria aperta, i bambini e le persone dalla pelle molto chiara traggono beneficio da vestiti con protezione UV. Questi indumenti sono costituiti da tessuto trattati con un filtro UV oppure hanno una struttura con un elevato indice UPF. La funzione protettiva persiste anche in condizione bagnata, ma può essere compromessa dall'usura.
Per gli indumenti che secondo lo standard australiano/neozelandese presentano un UPF 50 o superiore (il tessuto lascia passare 1/50 = 0,02 = 2 % della radiazione UV), il produttore può apporre l'etichetta "Sun Protective Textile" della Lega svizzera contro il cancro.
Come i vestiti, anche gli ombrelloni e le tende parasole presentano differenze riguardo alla capacità di proteggere dai raggi UV. Un ombrellone con un tessuto di cotone chiaro produce ombra, però la maggior parte della radiazione UV - non visibile dall'occhio - lo attraversa. La miglior protezione è data da tessuti specifici in poliestere a trama fitta dai colori intensi. Comunque, sotto un ombrellone si è protetti dalla radiazione UV diretta, ma non da quella dispersa che penetra dai lati né da quella riflessa, per esempio dalla sabbia, dal cementro e dalla neve.
Secondo la Commissione europea per permettere ai consumatori di poter comparare i prodotti, il livello di protezione dovrebbe essere indicato in modo uniforme e basato su metodi di prova standardizzati. Per questo le affermazioni che possono dare l'impressione di una protezione totale, come ad esempio "schermo totale", non sono premesse. Le etichette devono indicare chiaramente e in modo comprensibile le istruzioni d'uso affinché il consumatore possa usare il prodotto per la protezione solare in modo corretto. A questo scopo la Commissione adotterà una raccomandazione che darà istruzioni all'industria per quanto riguarda l'efficacia e le indicazioni relative ai prodotti per la protezione solare.
La Commissione consiglia di scegliere prodotti che forniscano una protezione nei confronti dei raggi UVA e UVB. È importante che il consumatore sappia che i prodotti per la protezione solare dovrebbero costituire solo uno degli elementi utilizzati per proteggersi dalle radiazioni solari, come ad esempio: evitare una esposizione al sole durante le ore più calde, quando il sole è più forte; indossare indumenti protettivi, cappelli e occhiali da sole; i neonati e i bambini non dovrebbero essere direttamente esposti alla luce del sole.
Le reazioni allergiche ai filtri solari sono piuttosto rare (nonostante la diffusione dei filtri chimici non solo nei prodotti per la protezione solare ma anche in altri cosmetici) e prevalentemente di natura irritativa piuttosto che allergica nei confronti del filtro e degli altri componenti del prodotto.
I primi filtri chimici a essere ampiamente utilizzati sono stati PABA e i suoi esteri, octil-dimetil-PABA e pentil-dimetil-PABA. Il riscontro di reazioni di tipo fotoallergico nei confronti di questi agenti chimici ha portato alla loro scomparsa dal mercato e alla produzione di prodotti PABA-free contenenti soprattutto benzofenoni, i quali, insieme al dibenzoilmetano, si sono dimostrati induttori di reazioni fotoallergiche. Come alternativa è utilizzato il metossicinnamato (raggiunge anche parte dell'UVA), che è ora il terzo allergene più comune.
*ripreso da farmacista 33 del 2 luglio 2013
referenze bibliografiche:
Tutti i marchi appartengono ai legittimi proprietari.
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