filtri solari - generalità

Le ustioni prodotte dalle radiazioni solari sono una cosa diversa dalle comuni scottature da acqua bollente o ferro da stiro. Le ustioni solari sono causate dalla radiazione ultravioletta (UV), che danneggia le strutture molecolari delle cellule, anche quelle del DNA. Rispetto al danno termico diretto, la reazione all'eccessiva esposizione agli UV si ha qualche ora dopo la manifestazione negativa, e questa è la causa delle scottature solari.

Nello spettro elettromagnetico, subito dopo la radiazione nel visibile, seguono i raggi ultravioletti (UV), che sono convenzionalmente divisi in base alla loro lunghezza d'onda: gli UVA vanno da 320 a 400 nm; gli UVB da 320 a 280 nm, gli UVC da 280-100 nm

La relazione di Planck, permette di correlare la lunghezza d'onda della radiazione all'energia ad essi associata:

E = h c/ λ

dove: h = costante di planck (6,626 10-34 J · s ); c è la velocità della luce e l la lunghezza d'onda della radiazione

radiazioni che raggiungono la Terra


mappe meteosat

cmf - cloud modification factorLa radiazione UV che raggiunge la superficie terrestre è influenzata dalle condizioni climatiche; per tenerne conto, è stato introdotto il fattore CMF (Cloud Modification Factor): una copertura totale di nuvole medie è in grado di attenuare il 50% della radiazione UV che raggiunge la superficie terrestre.
Questa correzione della radiazione che raggiunge la superficie terrestre è stimata in base ad un modello matematico che prevede anche la valutazione dell'irradiazione a diverse altezze:

UV = UVI0 x CMF x (1 +0,08 Dh)

dopo aver ottenuto l'irradiazione delle località a cielo sereno (UVI0 , dati Meteosat), l'irradiazione nelle altre zone (v. immagine Meteosat appresso) è ottenuta moltiplicandola per CMF in accordo con la corrispondente copertura nuvolosa. Per esempio, supponiamo che la previsione della irradiazione UV massima sia 10. Per una zona del nord (v. immagine Meteosat) che presenta una copertura 3 ottavi (3/8 = 37%) , CMF = 0.8 (cielo parzialmente coperto, 3/8, nuvole basse) si ha una irradiazione al suolo pari a:

UV = UVI0 x CMF x (1 +0,08 Dh) = 10 x 0,8 x (1 + 0.08 x 0 ) = 8

spettro irradiazione questo comporta che tutte le zone a livello del mare (h = 0), in presenza di nuvole basse e copertura di 3 ottavi sono esposte alla stessa irradiazione UV che nell'immagine Meteosat è rappresentata dalla zona colorata in tonalità di rosso scuro, la maggior parte del territorio visualizzato. L'mportanza di saper leggere un'immagine Meteosat, è chiarita dalla sua utilità nell'adottare la corretta protezione dalla radiazione UV (v. raccomandazioni Commissione europea). D'altra parte, è ovvio che nessuna persona prima di esporsi al sole si precipita a cercare immagini meteo con indice Uv: quello che importa è capire l'insieme degli elementi che concorrono a determinare il tempo di esposizione al Sole. Così, nel caso del calcolo precedente, se la copertura è 3 ottavi, ma le nuvole sono alte, l'irradiazione al suolo è = 10... e non è la stessa situazione di prima!

Gli UV eccitando le molecole nelle cellule producono radicali liberi, molecole molto attive che per tornare allo stato di riposo devono cedere l'energia ad altre molecole (come se si passassero freneticamente un fiammifero acceso) che si eccitano a loro volta diventando radicali liberi: si innesta così una cascata di eventi radicalici che amplifica il danno cellulare. La produzione e la propagazione di "radicali liberi" determina l'ossidazione delle molecole coinvolte.
Alcune sostanze naturali hanno la proprietà di inattivare i radicali liberi bloccando così la catena radicalica, l'ossidazione legata all'azione dei radicali libere e il danno cellulare. La vitamina "E", la vitamina "C", l'acido lipoico, il coenzima Q10 sono antiossidanti.


filtri e schermi di protezione

A seconda della gravità del danno apportato al DNA, la cellula può anche andare incontro alla necrosi, con conseguente esfoliazione della pelle. Naturalmente esistono meccanismi di riparazione cellulare, ma questi possono non essere sufficienti o produrre riparazioni difettose per cui le cellule possono degenerare in cellule precancerose o cancerose, risultanti dall'interazione con UVB 1. Dati epidemiologici correlano l'insorgenza del melanoma cutaneo a un'intensa esposizione solare durante l'infanzia e attribuiscono un ruolo indiretto nella sua patogenesi all'interazione con UVA 2 che induce la produzione di radicali liberi 3 capaci di danneggiare non solo il DNA ma anche di alterare i sistemi enzimatici e le strutture lipidiche e proteiche che contribuiscono al precoce fotoinvecchiamento e di causare immunosoppressione.

La radiazione solare a cui ogni individuo è esposto, dipende dall'irradiazione ambientale, dalla frazione di tale irradiazione ricevuta dalle diverse zone anatomiche e dalla durata dell'esposizione stessa. I filtri solari sono utilizzati per contrastare gli effetti indesiderati della radiazione solare. Inizialmente studiati con lo scopo principale di difendere dall'ustione solare (indotta principalmente da raggi UVB), successivamente sono stati modificati per proteggere anche nei confronti dei raggi UVA. Questi filtri sono distinti in chimici (organici) e fisici (inorganici), e dalla loro scelta e miscelazione dipende l'efficacia protettiva.

Negli ultimi anni, le aziende leader (L'Oreal, Vichy, Roc, ecc.) coscienti del problema che iniziava ad essere conosciuto prima dai ricercatori, poi dai dermatologi e infine - elemento molto importante - dai consumatori finali, hanno sintetizzato nuovi filtri chimici messi in commercio come "fotostabili"; d'altra parte, sono ancóra in uso i vecchi filtri chimici "fotoinstabili". In ogni caso, come per i farmaci di nuova introduzione, non c'è sufficiente esperienza derivante dall'utilizzo per molti anni e quindi è consigliabile una certa prudenza soprattutto per i bambini.

Per proteggere la cute dagli UV, sono possibili due alternative: non esporsi al sole o prendere contromisure. Come contromisure si utilizzano i filtri solari, che sono di due tipi: filtri chimici e schermi fisici.

I filtri chimici sono sostanze chimiche di sintesi che hanno la proprietà (per la loro struttura molecolare) di catturare l'energia degli UV evitando il danno alle cellule cutanee. In genere hanno nella loro molecola degli anelli aromatici che assorbono gli UV, bloccandone l’energia. Questa energia, che deve essere liberata, può essere eliminata come calore o come fluorescenza. Però nel caso di filtri fotosensibili, si può anche verificare un danno strutturale ed i prodotti di degradazione che si formano possono essere molto dannosi per le cellule cutanee.
filtro solare
l'animazione dà un'idea intuitiva delle modificazioni conformazionali - fonte: www.loreal.com
Ecco perché si cercano sostanze (filtri fotostabili) che, all'interno della loro struttura, subiscono modificazioni conformazionali in grado di restituire in forma termica l'energia assorbita. Il ritorno della molecola alla conformazione originale si presenta con la trasformazione dell'energia radiante nociva assorbita in energia termica inoffensiva. Soddisfare questo test di verifica è molto più difficile per un filtro UVA che per un filtro UVB.

Il Mexoryl® Sx (L'Oreal) protegge contro i raggi UV nell'intervallo tra 290–400 nm (con un picco a 345), rendendolo il solo prodotto chimico conosciuto in grado di bloccare tutti i raggi UVA e parte dei raggi UVB. Per questa ragione il Mexoryl® SX deve essere combinato con altri filtri attivi per ottenere una valutazione di SPF ufficiale. I filtri a base di Mexoryl® sono commercializzati in Canada, Europa e altre parti del mondo fin dal 1993, ma è ancora in attesa l'approvazione della FDA per gli Stati Uniti.
Il Mexoryl® Sx (noto come ecamsule) è solubile in acqua. L'Oreal ha anche registrato il Mexoryl® XK (drometizolo trisiloxano) che è solubile in olio ed offre una protezione più ristretta, compresa nell'intervallo 340-400 nm.

I filtri fisici (inorganici) sono preparazioni formulate con derivati di metalli (ossido di zinco, biossido di titanio) che hanno proprietà riflettenti ai raggi UV: i raggi UV non sono assorbiti ma riflessi sulla superficie cutanea. L’azione è quindi diversa dai filtri chimici. Questi filtri le zone UVA e UVB e sono usati particolarmente nei sunscreens con i fattori molto alti di protezione del sole. L'ossido di zinco offre la più ampia protezione rispetto a qualsasi altro composto, coprendo uniformemente le lunghezze d'onda tra 290-380 nm, con una protezione contro gli UVB e la maggior parte degli UVA, Nell'allegato VII della direttiva 76/68 CE è iscritto solo il biossidio di titanio, quindi l'ossidodio zinco può essere presente nelle preparazioni ma non conteggiato al fine della determinazione dell'indice SPF (v. avanti). Occorre tener conto che nessun filtro solare protegge per tutta la regione UVA, particolarmente nella banda tra 380-400, che genera un elevato stress ossidativo.

Lo svantaggio degli schermi fisici è che conferiscono un aspetto "sbiancato" alla cute, che è poco accettato cosmeticamente ed inoltre l'abbronzatura non è uniforme, ma chiazzata (a seconda delle zone cutanee con maggiore o minore filtro fisico). Ciò si evita riducendo la dimensione delle particelle del pigmento a circa 200 nanometri che consentono la loro distribuzione serrata in un film più sottile, mantenendo l'effetto riflettente e (riduce la rifrazione) facendoli sembrare trasparenti. La riduzione delle dimensioni riduce la protezione dai raggi UVA in quanto hanno maggior lunghezza d'onda e quindi l'interazione con il pigmento è ridotta.

grafic arte BASF

Il fattore di protezione di un prodotto é indicato dalla sigla SPF (Sun Protection Factor) o dalla sigla IP (Indice di Protezione) seguita da un numero. Assieme alla sigla SPF viene associata un'altra sigla che ne indica la scala di riferimento: DIN utilizzata in Europa, o FDA utilizzata in USA. L'associazione con una o l'altra sigla fa attribuire ad uno stesso fattore di protezione SPF valori notevolmente diversi per quanto riguarda il grado di protezione del prodotto.

spettro UV-visibile
lo schema visualizza l'intervallo di attività di alcuni filtri solari. Come si vede, non esiste il filtro perfetto.

Più alto è il numero più alta è la protezione: un prodotto con un valore tra 2 e 7 SPF è un prodotto solare a bassa protezione, valori tra 8 e 11 SPF sono considerati a media protezione, valori numerici sopra 12 SPF sono prodotti ad alta protezione. Un prodotto con valore SPF 30 o superiore, è erroneamente considerato come protezione totale.

Il Fattore di Protezione Solare permette di moltiplicare la protezione naturale della pelle verso la radiazione solare, tipicamente 10-15 minuti. per esempio un filtro con indice FPS 10, offre una "protezione" prolungata a 100, 150 minuti. Per scegliere il fattore di protezione solare più appropriato bisogna tenere in considerazione 3 criteri principali:

a) il tipo di pelle, i soggetti di pelle chiara e i bambini devono utilizzare un indice elevato; b) la sensibilità di alcune parti del corpo (viso, seno, ...): c) l'ora solare: dalle 12.00 alle 16.00 le quantità di raggi UVB sono più forti.

Gli oli permettono un fattore di protezione 2-4, generalmente insufficiente. Quanto alle creme, le sostanze attive nella fotoprotezione sono lipofile e quindi aumentando il fattore di protezione, aumenta generalmente il grado di untuosità. I gel offrono un SPF limitato in quanto non raggiungono adeguate concentrazioni di filtri. I filtri resistenti all'acqua (emulsioni A/O) sono un discreto compromesso.

I filtri solari danno un effetto lucido e non vanno d'accordo con i cosmetici del viso. In questi casi si può ricorrere all'uso di fondo tinta con adeguati filtri solari oppure ciprie in polvere adatte per ridurre l'effetto lucido.

l'indice SPF e la frazione di raggi UVB bloccati

La frazione di radiazione UVBp che attraversa il filtro è l'inverso del SPF:

equazione 1

la somma della frazione che attraversa il filtro, UVBp, addizionata alla frazione bloccata, UVBb è:

equazione 2

sostituendo l'equazione (1) nella (2):

SPF frazione di UVB bloccati
SPF 10 90.0%
SPF 20 95.0%
SPF 30 96.7%
SPF 60 98.3%

equazione 3

riarrangiando in modo da evidenziare UVBb:

equazione 4

La tabella a destra raccoglie alcune percentuali - calcolate con la formula (4) - di UVBb bloccati in funzione del SPF

L'indice SPF, ben noto "fattore di protezione" si riferisce principalmente ai raggi UVB (causa di "scottature solari") ma non ai raggi UVA (fattore di rischio per il cancro della pelle e l’invecchiamento della pelle). Non esistono attualmente metodi di prova uniformi per comparare i fattori di protezione ai raggi UVA. Ogni produttore ha il suo metodo per misurare e indicare il fattore di protezione. Malgrado la frequente indicazione relativa a "schermo totale" e "protezione totale", non esiste un prodotto che possa fornire una protezione totale nei confronti dei raggi UV.

l'indice UPF

E' importante sottolineare che nessun filtro solare, sia fisico che chimico riesce a catturare o riflettere tutti gli UV che arrivano sulla cute: una certa quota di UV passa sempre. Per questo, è bene sapere che oltre all'SPF, esiste un indice UPF (Ultraviolet Protection Factor), il quale indica il grado di protezione solare offerto da un tessuto; vale dire di quanto può essere prolungato il tempo di esposizione per avere l'eritema. Uno studio eseguito dall'Unione Europea ha dimostrato che il 33% dei vestiti ha un UPF insufficiente (<15) e solo la metà presenta un UPF superiore a 30. I fattori che influenzano l'UPF sono costituiti dal tipo di fibra (il cotone e il lino hanno un UPF inferiore a 15) dal lavaggio e dalla stiratura (che normalmente fanno aumentare l'UPF), da eventuali trattamenti chimici, dal colore (i vestiti scuri hanno un UPF maggiore) e dal grado di aderenza alla cute (maggiore è l'aderenza minore è la fotoprotezione).
abbigliamento nero dei tuareg
gli abiti scuri (alto UPF) e in lana dei tuareg difendono maggiormente dalle fredde notti del deserto
I cappelli costituiscono un'altra fonte di protezione. Un cappello a larga tesa (>7,5 cm) produce un SPF 7 per il naso, 3 per le guance, 5 per il collo, 2 per il mento; Sotto i 7,5 cm i valori si riducono considerevolmente.

La perplessità nell'indossare abiti scuri sotto il sole, deriva dal fatto che questi raggiungono l'equilibrio termico con l'ambiente più rapidamente rispetto agli abiti chiari, tutto qui.
Per brevi spostamenti non è necessario indossare vestiti particolari; al contrario, le persone che lavorano o stanno spesso all'aria aperta, i bambini e le persone dalla pelle molto chiara traggono beneficio da vestiti con protezione UV. Questi indumenti sono costituiti da tessuto trattati con un filtro UV oppure hanno una struttura con un elevato indice UPF. La funzione protettiva persiste anche in condizione bagnata, ma può essere compromessa dall'usura.
Per gli indumenti che secondo lo standard australiano/neozelandese presentano un UPF 50 o superiore (il tessuto lascia passare 1/50 = 0,02 = 2 % della radiazione UV), il produttore può apporre l'etichetta "Sun Protective Textile" della Lega svizzera contro il cancro.

Come i vestiti, anche gli ombrelloni e le tende parasole presentano differenze riguardo alla capacità di proteggere dai raggi UV. Un ombrellone con un tessuto di cotone chiaro produce ombra, però la maggior parte della radiazione UV - non visibile dall'occhio - lo attraversa. La miglior protezione è data da tessuti specifici in poliestere a trama fitta dai colori intensi. Comunque, sotto un ombrellone si è protetti dalla radiazione UV diretta, ma non da quella dispersa che penetra dai lati né da quella riflessa, per esempio dalla sabbia, dal cementro e dalla neve.

raccomandazioni della Commissione europea

abbronzatura A séguito di una consultazione pubblica, la Commissione europea ha emesso una raccomandazione per assicurare che l'industria utilizzi un sistema di etichettatura dei prodotti di protezione solare semplice, standardizzata e comprensibile a partire dal 2007.
I consumatori devono essere messi al corrente del fatto che non esiste un prodotto per la protezione solare che fornisca il 100 per cento di protezione nei confronti dei raggi UV pericolosi. Ci sono seri rischi, come quello del cancro della pelle, causati da una protezione insufficiente dai raggi solari.

Secondo la Commissione europea per permettere ai consumatori di poter comparare i prodotti, il livello di protezione dovrebbe essere indicato in modo uniforme e basato su metodi di prova standardizzati. Per questo le affermazioni che possono dare l'impressione di una protezione totale, come ad esempio "schermo totale", non sono premesse. Le etichette devono indicare chiaramente e in modo comprensibile le istruzioni d'uso affinché il consumatore possa usare il prodotto per la protezione solare in modo corretto. A questo scopo la Commissione adotterà una raccomandazione che darà istruzioni all'industria per quanto riguarda l'efficacia e le indicazioni relative ai prodotti per la protezione solare.

protezione solare e meteosatLa Commissione consiglia di scegliere prodotti che forniscano una protezione nei confronti dei raggi UVA e UVB. È importante che il consumatore sappia che i prodotti per la protezione solare dovrebbero costituire solo uno degli elementi utilizzati per proteggersi dalle radiazioni solari, come ad esempio: evitare una esposizione al sole durante le ore più calde, quando il sole è più forte; indossare indumenti protettivi, cappelli e occhiali da sole; i neonati e i bambini non dovrebbero essere direttamente esposti alla luce del sole.

effetti avversi dei filtri solari

Mentre i filtri fisici sono considerati biochimicamente inerti, i filtri chimici possono rendersi responsabili di reazioni di irritazione, sensibilizzazione, fototossicità e fotoallergia 4. I filtri solari presenti nelle preparazioni, raggiungono concentrazioni fino al 10% e sono generalmente applicati sull'intera superficie corporea; poiché la maggior parte dei filtri chimici sono costituiti da molecole lipofile, vengono assorbiti. Per esempio, il benzofenone-3 (Bp-3), che è uno dei filtri più fotostabili e quindi tra i più impiegati, e il suo metabolita 2,4-diidrossibenzofenone, sono stati rintracciati nelle urine umane 4 ore dopo l'applicazione topica di un prodotto regolarmente reperibile in commercio. Bp-3 è stato trovato anche negli organi interni di cavie da laboratorio e sue tracce sono state trovate anche nel latte umano.

Le reazioni allergiche ai filtri solari sono piuttosto rare (nonostante la diffusione dei filtri chimici non solo nei prodotti per la protezione solare ma anche in altri cosmetici) e prevalentemente di natura irritativa piuttosto che allergica nei confronti del filtro e degli altri componenti del prodotto.
I primi filtri chimici a essere ampiamente utilizzati sono stati PABA e i suoi esteri, octil-dimetil-PABA e pentil-dimetil-PABA. Il riscontro di reazioni di tipo fotoallergico nei confronti di questi agenti chimici ha portato alla loro scomparsa dal mercato e alla produzione di prodotti PABA-free contenenti soprattutto benzofenoni, i quali, insieme al dibenzoilmetano, si sono dimostrati induttori di reazioni fotoallergiche. Come alternativa è utilizzato il metossicinnamato (raggiunge anche parte dell'UVA), che è ora il terzo allergene più comune.

filtri di origine naturale

Le erboristerie propongono correntemente filtri a base di prodotti naturali. In effetti, come tutte queste merceologie naturali, la reale protezione solare è modesta. Tuttavia, un considerevole interesse è stato rivolto all'uso di composti naturali, antiossidanti in particolare, nella protezione solare. Due dei composti più interessanti sono la vitamina C e la vitamina E. La vitamina C produce una ulteriore protezione contro i danni acuti da UVB quando è addizionata con filtri UVB. Inoltre, una combinazione di vitamine E e C offre una miglior protezione dai danni da UVA e particolarmente UVB, specialmente quando associata ad un filtro commerciale UVA-UVB.
In alcuni studi su animali, venne applicata topicamente vitamina C e D per protezione contro danni da ultravioletto 5, 6. Uno studio trovò che la vitamina E sembra più efficace contro la radiazione UVB, mentre la somministrazione topica di C agisce contro i raggi UVA, e le due vitamine insieme lavorano meglio sia dell'una che dell'altra da sole 6. La vitamina E si è dimostrata efficace quando applicata sulla pelle di topo 8 ore dopo l'esposizione agli ulravioletti 7. Combinando le vitamine con filtri solari si ottiene il miglior risultato, aumentando la protezione UV offerta dal solo filtro solare 6.

etichettatura dei filtri solari secondo la FDA

La Food and Drug Administration ha annunciato che per migliorare la prevenzione dei tumori della pelle fisserà nuove regole per l'etichettatura dei prodotti contenenti filtri solari commercializzati negli Usa. La regolamentazione dovrebbe avvertire i consumatori se la protezione offerta riguarda i raggi UvA e UvB. Non sarà più possibile affermare che le lozioni sono waterproof (resistenti all'acqua) o sweatproof, (al sudore), o che proteggono da scottature e cancro se non hanno un fattore di protezione di 15 o superiore. Potranno, però, indicare quanti minuti resistono all'acqua, secondo i risultati dei test. Inoltre, solo con un fattore di protezione solare 15 o superiore si potrà scrivere che "aiutano" a prevenire le scottature e ridurre i rischi di cancro alla pelle e invecchiamento precoce. Quelli con protezione da 2 a 14 dovranno avere un avviso in cui si dice che il prodotto non protegge da tumori della pelle e invecchiamento precoce. Di queste regole si parlava dal 1978, e saranno in vigore dal 2012. Una delle proposte, che invece è rimasta tale, è stata quella di vietare creme con fattori di protezione superiori a 50.

Schermi solari in aumento tra gli inquinanti delle acque*

I filtri chimici ultravioletti (Uv) inclusi nelle formulazioni di schermi solari, come il benzofenone, la canfora 4-metilbenzilidene, il biossido di titanio e l'ossido di zinco sono stati ritrovati nelle acque litoranee, a concentrazioni variabili nel corso della giornata, e più concentrati nel microstrato superficiale. L'introduzione nell'ambiente marino di nuovi composti chimici suggerisce possibili effetti rilevanti sul fitoplankton. In effetti, gli autori di una ricerca pubblicata su Plos One hanno scoperto gli effetti negativi degli schermi solari sulla crescita di una diatomea molto comune nelle acque marine, la Chaetoceros gracilis. Inoltre con lo scioglimento dei filtri solari nelle acque marine si ha il rilascio di nutrienti inorganici (composti di azoto, fosforo e silicio) che possono stimolare la crescita di alghe; in particolare i prodotti solari liberano discrete quantità di fosfati: i ricercatori ne hanno stimato un incremento del 100% rispetto ai valori basali nelle acque costiere, durante le fasi di basso ricambio, nei pressi di una spiaggia popolata di Majorca. Occorrerà quindi considerare il possibile impatto ecologico di queste sostanze che prima non venivano dosate nelle acque di balneazione ma il cui uso si è sempre più diffuso, negli ultimi decenni, grazie alla sempre maggior consapevolezza dei rischi associati all'esposizione ala radiazione solare.

*ripreso da farmacista 33 del 2 luglio 2013

referenze bibliografiche:
1. Linge C. Relevance of in vitro melanocytic cell studies to the understanding of melanoma. Cancer Surveys 1996;26:71-87.
2. Moan J et al. Epidemiological support for an hypotesis for melanoma induction indicating a role for UVA radiation. Photochem Photobiol 1999;70:243-247.
3. Packer L. Ultraviolet radiation (UVA, UVB) and skin antioxidants. In: Rice-Evans CA, Burdon RH, (eds.) Free Radical Damage and its Control, Amsterdam: Elsivier Science, 1994.
4. Cook N, Freeman S. Report of 19 cases of photoallergic contact dermatitis to sunscreens seen at the Skin and Cancer Foudation. Australas J Dermatol 2001;42:257-259.
5. Trevithick JR, Xiong H, Lee S, et al. Topical tocopherol acetate reduces post-UVB, sunburn-associated erythema, edema, and skin sensitivity in hairless mice. Arch Biochem Biophys. 1992;296:575–582.
6. Darr D, Dunston S, Faust H, et al. Effectiveness of antioxidants (vitamin C and E) with and without sunscreens as topical photoprotectants. Acta Derm Venereol. 1996;76:264–268.
7. Trevithick JR, Shum DT, Redae S, et al. Reduction of sunburn damage to skin by topical application of vitamin E acetate following exposure to ultraviolet B radiation: effect of delaying application or of reducing concentration of vitamin E acetate applied. Scanning Microsc. 1993;7:1269–1281.

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