fattori determinanti le modificazioni nella farmacocinetica

Come tutti i modelli, quelli descritti per le applicazioni farmacocinetiche sono per definizione riferiti a sistemi ideali: riflettono le semplificazioni fatte per formulare le equazioni di volta in volta proposte. Sebbene i sistemi ideali si discostino dalla realtà, possono comunque avere la loro utilità. A questo scopo, ferma restando l'ampia variabilità che caratterizza i soggetti idealmente presi come riferimento per la formulazione dei modelli teorici, vi sono delle condizioni patologiche e fisiologiche la cui conoscenza è importante per individuare i loro limiti di applicazione.

le modificazioni della farmacocinetica nel paziente anziano

Circa l'86% della popolazione anziana è affetta da una patologia cronica ed il 50% di questa presenta l'associazione di due o più quadri patologici. Così, è naturale che l'età geriatrica sia di per sé caratterizzata dall'assunzione costante di numerosi farmaci. Fra questi devono essere ricordati: i cardiovascolari, gli analgesici, i sedativi ed i tranquillanti. Tutti questi farmaci presentano effetti collaterali e interazioni farmacologiche ed il soggetto anziano appare più esposto alla comparsa di reazioni avverse, la cui incidenza aumenta con il numero di farmaci assunti.

Nella pratica medica potrebbe risultare di particolare interesse poter stabilire degli orientamenti relativi al trattamento farmacologico, soprattutto per quanto riguarda i pazienti anziani. D'altra parte, per questa tipologia di pazienti, anche a motivo della variabilità delle loro condizioni di salute, non è possibile proporre delle linee guida standard.
Tuttavia, vi sono alcuni criteri che il medico dovrà tener presente e che sono legati alle variazioni fisiologiche della farmacocinetica indotte dall'età, quali soprattutto le modificazioni dei compartimenti corporei e del conseguente volume di distribuzione dei farmaci, cui si associa una riduzione della funzionalità degli organi destinati al loro metabolismo ed escrezione.
Tutto questo fa sì che il paziente anziano possa essere particolarmente sensibile ai farmaci di più comune impiego e possa manifestare con maggior facilità reazioni avverse derivanti dal loro uso.

In particolare, nel paziente anziano si osserva una diversità di risposta al trattamento farmacologico a causa delle modificazioni della composizione corporea proprie di quest'età. Il processo di invecchiamento altera, infatti, la farmacocinetica prevalentemente attraverso le variazioni qualitative e quantitative dei tessuti corporei. Intorno ai 60 anni il peso corporeo aumenta approssimativamente del 25% nell'uomo e del 18% nella donna, per diminuire però negli anni successivi fino ai livelli dell'età giovanile o ancora inferiori. A questa variazione ponderale fa riscontro anche una variazione della composizione corporea: nei soggetti ultraottantenni si assiste in media ad una perdita di circa 6 kg di massa muscolare, contro un incremento di circa 5 kg di massa lipidica; la quota idrica subisce una riduzione di circa il 12%. Queste modificazioni sono più evidenti nel sesso femminile.

Il volume plasmatico si riduce con l'età in modo proporzionale alla riduzione del volume idrico e l'entità di questo evento può risultare particolarmente importante negli individui debilitati. Le alterazioni della composizione corporea modificano la distribuzione dei farmaci: la diminuzione della massa magra e della quota idrica, associata all'aumento della massa totale lipidica, fa sì che nei pazienti anziani i farmaci idrosolubili presentano un minor volume di distribuzione (aumenta la concentrazione plasmatica), mentre quelli liposolubili presentano un maggior volume di distribuzione.

Il volume di distribuzione dei farmaci risente anche delle modificazioni del loro legame con le proteine. Nell'invecchiamento si verifica una diminuzione del 20% della concentrazione plasmatica di albumina, probabilmente a causa della ridotta produzione epatica di questa proteina. Questo determina un incremento della quota libera dei farmaci che si legano alle proteine e dunque un aumento del volume di distribuzione. Vi possono essere, inoltre, anche delle modificazioni qualitative nella capacità di legarsi dell'albumina, in grado di determinare un aumento delle concentrazioni delle sostanze farmacologicamente attive e, pertanto, nel soggetto anziano si può assistere a risposte esagerate ai farmaci che normalmente si legano alle proteine.
Con l'età, quindi, la diminuzione del legame proteico può aumentare gli effetti tossici o farmacologici: ad esempio farmaci come i salicilati, la digossina, la furosemide, l'indometacina, la penicillina, il dicumarolo, che hanno un elevato legame proteico, nel soggetto anziano possono presentare un incremento dei loro effetti. In generale, a queste osservazioni, si può aggiungere una distinzione legata alle caratteristiche chimiche del farmaco.

somministrazione di farmaci in età pediatrica

La fisiologia pediatrica comporta delle differenze nei processi di metabolismo ed eliminazione; di queste differenze occorre tener conto adattando i dosaggi dei farmaci somministrati.

esempio: un medico ha prescritto un farmaco la cui dose media per adulti è 250 mg al giorno. Per un bambino alto 100 cm e 25 kg di peso, il dosaggio di questo farmaco dovrebbe essere ridotto.

Come primo passo, si deve determinare la body surface area (BSA):

kg0.425 · cm0.725 · 0.007184 = BSA

con i dati proposti, risulta: BSA = 250.425·1000.725· 0.007184 = 0.795

(La formula proposta è uno dei metodi per il calcolo dei BSA; i risultati ottenuti con altre formule possono variare)

successivamente, si applica la formula* :

dose adulto · (BSA/1.73) = dose bambino approssimativa

nel caso in esame, risulta: 250 · (0.795/1.73) = 114.88 mg

    *Gerald, M. C., & O’Bannon, F. V. (1988). Nursing pharmacology and therapeutics. (2nd ed.). Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall Incorporated.

osservazione
Il calcolo sviluppato può essere eseguito utilizzando il form sottostante che ha unicamente finalità didattiche e non dovrebbe essere usato per applicazioni mediche (per calcolare BSA si usano generalmente nomogrammi). Si consideri che non tutti i farmaci sicuri per gli adulti possono essere adattati alla diversa fisiologia del bambino; ciò vale particolarmente per i neonati.

peso (kg)
altezza (cm)
dose adulto
dose bambino

interazioni fra farmaci

Poiché il legame dei farmaci con le proteine plasmatiche è in genere debole e non selettivo, molti farmaci con proprietà chimico-fisiche simili possono competere tra loro e con sostanze endogene per gli stessi siti di legame. Farmaci con elevata affinità per i siti di legame possono spiazzare farmaci con minore affinità aumentando la quota di farmaco attivo a livello dei siti d'azione.

In realtà, il significato clinico dei fenomeni di spiazzamento è stato ridimensionato e le implicazioni tossicologiche sono rare e comunque legate ad un indice terapeutico modesto. Infatti, l'aumento della quota libera può rinforzare l'effetto farmacologico, ma tale potenziamento è solo transitorio in quanto aumenta anche la quota di farmaco disponibile per il metabolismo e l'escrezione. Nella maggior parte dei casi il fenomeno è quindi di modesta entità. Però, possono manifestarsi conseguenze cliniche quando il farmaco spiazzato sia legato per più del 90% , abbia un piccolo volume di distribuzione ed un basso indice terapeutico, soprattutto poi se lo spiazzamento è associato ad un fenomeno di inibizione metabolica. In queste condizioni l'aumento della quota libera può portare alla comparsa di effetti tossici (cfr. cinetica non lineare).

monitoraggio della terapia farmacologica

Individuati i limiti di applicazione dei modelli farmacocinetici, si tratta di stabilire quando sia necessaria e utile - al di fuori della sperimentazione chimica - la loro utilizzazione per controllare ed ottimizzare il trattamento terapeutico.

Un criterio fondamentale per decidere se monitorizzare la concentrazione ematica dei farmaci richiede che vi sia una correlazione fra concentrazioni ematiche ed effetti terapeutici e/o tossici. La maggior parte dei farmaci agisce con meccanismo recettoriale e quindi gli effetti riscontrati sono proporzionali al numero di interazioni con il sito d'azione e dunque alla concentrazione di farmaco nei tessuti. Ora, poiché non è possibile determinare la concentrazione di farmaco nel sito di azione, la quantità presente nel corpo viene stimata misurando la concentrazione in uno dei liquidi biologici di perfusione: plasma, sangue, siero. Questa pratica trova il suo fondamento sul fatto che il plasma rappresenta il compartimento centrale che riceve il farmaco dal sito di somministrazione durante il processo di assorbimento e lo cede a tutti gli organi e tessuti compresi quelli deputati all'eliminazione. Quindi, se esiste una correlazione fra concentrazione tissutale di farmaco ed effetto terapeutico, questa sarà anche riferibile al tasso ematico e ciò permetterà di ottenere informazioni utili anche dal compartimento ematico.

Il monitoraggio dei livelli ematici dei farmaci è indicato in alcuni casi1:

Tuttavia, nel caso di degenza in regime non ospedaliero, l'utilità del monitoraggio è limitata dalla non immediata accessibilità dei risultati delle analisi di laboratorio; pertanto, si dovrebbe consigliare il ricovero quando sia documentata l'utilità del monitoraggio, e questo è riconducibile alla presenza di tre condizioni specifiche:

  1. ridotto indice terapeutico;
  2. elevata variabilità dei livelli ematici per una determinata dose;
  3. correlazione fra l'entità della concentrazione ematica e gli effetti terapeutici e/o tossici.

Il controllo posologico per i farmaci che verificano le citate condizioni diventa perentorio in alcune situazioni cliniche:

1Richens S.A. and Warrington S., When should plasma levels drug be monitored? Drugs 1979, 17, 488-500

tossicocinetica negli avvelenamenti *

Lo studio della farmacocinetica fornisce un criterio di valutazione razionale, specie per quanto concerne le procedure intese a modificare l'assorbimento, la distribuzione o la eliminazione dei tossici. Purtroppo, studi di farmacocinetica applicata alla tossicologia clinica sono stati finora condotti solo per un limitato numero di sostanze. Per quanto concerne i farmaci, si fa spesso riferimento ai parametri cinetici misurati in volontari o pazienti dopo somministrazione di dosi terapeutiche, quindi si estrapolano i dati ad ipotetiche situazioni di sovradosaggio. E' ovvio, però, che questo criterio può condurre a conclusioni erronee e richiede in ogni caso molta cautela.

In generale, il profilo farmacocinetico nel sovradosaggio può differire da quello tipico delle dosi terapeutiche. Ciò a volte dipende da fenomeni di saturazione dei sistemi preposti al metabolismo o alla escrezione. In altri casi, la cinetica è modificata da fattori quali l'acidosi, l'ipotermia, il danno epatico o renale, l'insufficienza respiratoria o cardiocircolatoria, che spesso sono presenti quali intrinseche espressioni di tossicità della sostanza.

avvelenamenti da formulazioni farmaceutiche a lento rilascio *

L'impiego in medicina di preparati a lento rilascio è sempre più diffuso. L'ingestione di dosi tossiche comporta particolari problemi date le peculiari caratteristiche cinetiche dei princìpi attivi di queste formulazioni. L'assorbimento è di solito più lento e prolungato ed il picco di concentrazione da accumulo viene raggiunto non prima di 24-36 ore. La tossicità si manifesta dopo un periodo di latenza più o meno lungo e le manifestazioni regrediscono piuttosto lentamente al termine della fase acuta a causa dell'assorbimento protratto della sostanza nel lume intestinale.
Nella terapia dell'avvelenamento hanno importanza la somministrazione ripetuta di carbone e l'irrigazione intestinale, da praticarsi possibilmente già alla comparsa dei primi sintomi, al fine di limitare la quantità di principio attivo che passa in circolo.

Da quanto discusso, è ovvio che l'analisi tossicocinetica costituisce una guida per affrontare con criteri scientifici i problemi diagnostici e terapeutici della tossicologia clinica. Il laboratorio chimico-tossicologico, avvalendosi di apparecchiature e tecniche analitiche sempre più sensibili, precise, selettive e veloci, grazie alla tossicocinetica può fornire indicazioni di quegli aspetti quantitativi e temporali degli avvelenamenti la cui conoscenza è importante per un intervento clinico razionale.

Purtroppo, nella pratica corrente, raramente l'analisi chimico-tossicologica viene effettuata attraverso indagini che comprendano, ove necessario, l'identificazione e il dosaggio dei metaboliti attivi. D'altra parte, solo per pochi composti si conoscono le caratteristiche farmacocinetiche in situazioni di sovradosaggio. Anche per i farmaci più noti, i dati della letteratura, per la variabilità delle condizioni sono spesso di difficile interpretazione. Per esempio, la dose o il momento della esposizione al tossico sono molte volte imprecisati; in altri casi, i prelievi per le analisi tossicologiche risultano essere stati effettuati per tempi troppo brevi o, ancóra, manca l'adeguata valutazione di patologie pre-esistenti o di altri fattori capaci di modificare la farmacocinetica.

Tabella I. Esempi di sostanze che presentano cinetiche di saturazione
( Rif.: Mullen, 1980; Rosenberg et al., 1981.)

Salicilici Prednisolone
Paracetamolo Diossano
Teofillina Alcol etilico
Fenitoina Acido triclorofenossiacetico (2,4,5 T)
Chinidina Cloruro di vinile
Amilobarbitone Cloralio idrato
Sulfametazina Tricloroetanolo


Tabella II. Adsorbimento dei tossici da parte del carbone attivato "in vitro"
( modificato da Neuvonen e Olkkola, 1988.)

elevato moderato scarso
Amfetamine Aspirina Cianuri
Antidepressivi Benzene Etanolo
Antiepilettici Bifenili policlorurati Ferro
Antistaminici Cherosene Glicole etilenico
Atropina Clorpropamide Litio
Barbiturici Diclorometano Metanolo
Benzodiazepine DDT Sostanze caustiche
Chinidina Disopiramide
Chinina Fenolo
Cimetidina Malathion
Fenotiazine Mexiletina
Fenilbutazone Paracetamolo
Fenilpropanolamina Tolazamide
Furosemide Tolbutamide
Glibenclamide Glipzide
Glucosidi digitalici Indometacina
Oppiacei
Piroxicam
Stricnina
Teofillina

tratto e modificato da http://anestit.unipa.it/esiait/1098_01.htm

cronofarmacologia

Carl Linnaeus (1707-1778) con lunghi anni di osservazioni, scoprì che molte piante si schiudono e si aprono periodicamente ed i loro tempi variano da specie a specie. Disponendo i fiori lungo un ideale sequenza giornaliera, Linnaeus realizzò un grazioso segnatempo, un "orologio floreale" che descrisse nellla sua opera Philosophiu botunicu (Vienna, 175 1): 274-275.
Ovviamente Linnaeus ignorava la risposta delle piante alla differente lunghezza del giorno (fotoperiodo), ma per la particolare latitudine di Uppsala (60" N), molte delle piante che aveva selezionato erano adattate a brevi notti e fotoperiodi di 12 h o più. Il suo elenco comprende anche specie di tipo intermedio, che fioriscono indipendentemente dalla durata della luce diurna. Queste specie foto-indipendenti (per es. Taraxacum officinale) non sono adatti come segnatempo giacché il loro tempo di apertura varia con le stagioni.

Questa apertura e chiusura periodica dei fiori è legata all'interazione di un ritmo endogeno e la lunghezza del giorno (segnale luminosità/buio) ed accade che le piante siano capaci di misurare il tempo a partire dallo stimo0lo luminoso. Tuttavia, non abbiamo alcuna conoscenza dei recettori coinvolti che sono racchiusi nei fitocromi. Il processo di apertura e chiusura riguarda certamente cambiamenti nel turgore di piccoli gruppi di cellule; questi cambiamenti possono essere influenzati dalla temperatura e dall'umidità.

Durante la prima metà del 19 .mo secolo, i giardinieri provarono a costruire orologi floreali, ma con scarso successo dal momento che molte delle piante elencate da Linnaeus non fioriscono nella stessa stagione.


orologio floreale di Linnaeus


A questo punto, è interessante - ai fini della tecnologia farmaceutica - un seppur limitato cenno alle conoscenze sui ritmi circadiani, che cercano una qualche correlazione fra effetto di un farmaco e ora della sua somministrazione.
La somministrazione di corticosteroidi, per esempio, può essere resa più razionale se si tiene conto del fatto che le surrenali presentano il max di attività verso le prime ore del mattino.

ritmi circadiani osservati in lavoratori diurni e notturniNei due diagrammi a destra, sono mostrate le concentrazioni plasmatiche di corticosteroidi riferite a soggetti che lavorano durante il giorno ed a lavoratori notturni.

Fondandosi su queste osservazioni, sono state sviluppati due medicinali:

Da quanto accennato, è chiaro che si sta diffondendo la cronofarmacologia, la farmacologia connessa cioè non soltanto con le dosi dei farmaci da somministrare, ma anche con il momento in cui i farmaci vanno somministrati. Si è ritenuto infatti per secoli che somministrando identiche dosi di una medicina, l'efficacia di essa fosse costante in tutti; a parte i casi di sensibilità, differenziata da persona a persona, verso la medicina stessa (per cui un identico farmaco in certi casi fà bene, in altri fà poco e in altri ancora dà disturbi) è risultato che uguali dosi a uguali intervalli di tempo danno tuttavia effetti diversi, mentre effetti costanti si possono ottenere con dosi diverse somministrate in tempi diversi. Per esempio, la levotiroxina per l'ipotiroidismo deve essere assunta al mattino; al contrario, gli antinfiammatori vanno assunti la sera, in modo da migliorare le condizioni al risveglio. L'interferone è più sicuro se somministrato di sera in quanto al mattino darebbe origine ad una sindrome parainfluenzale.

Questa relatività di effetti, più che al farmaco, è dovuta all'organismo che lo riceve e al momento in cui lo riceve; al mattino, per essere espliciti, un farmaco può dimostrarsi più attivo che alla sera perché, al mattino, le funzioni dell'organismo si trovano in una fase di attività che rende l'organismo stesso più ricettivo alla sua efficacia. pertanto, la conclusione dei farmacologi clinici, è che la tempo-dipendenza dell'azione dei farmaci è non soltanto quantitativa ma anche qualitativa; in altre parole, la somministrazione dei farmaci andrà sempre riferita in futuro ai "tempi del corpo" e non al "tempo dell'ambiente", quello segnato dall'orologio.
D'altra parte, se è possibile, grazie ai dovuti accertamenti di cui si è appena parlato, modificare le terapie secondo le caratteristiche individuali dei pazienti, si sta pure dimostrando che sarà possibile manipolare i ritmi biologici del nostro corpo, in modo da ottenere una maggiore disponibilità dell'organismo nei confronti di determinate cure.

jetMoltissime persone sperimentano il jet lag. Per esempio, se si va in Australia non è possibile modificare immediatamente l'orologio biologico per adattarlo al diverso fuso orario in quanto la capacità di regolazione del nostro bioritmo arriva al massimo ad un’ora al giorno. Così, nel caso vi sia una differenza di otto ore, non potendo modificare più di una sola ora al giorno, sarà necessaria almeno una settimana per adattarsi al nuovo orario: fino ad allora non si riescirà a dormire bene, perché l'orologio biologico è ancóra sincronizzato sull'orario italiano.


farmacodinamica1 potenza, efficacia e biodisponibilità2 principi base della farmacologia3 teoria dei recettori4 placebo5 6 bioequivalenza dei generici7 studio di una terapia antibiotica8
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