Nel 1966, per l'esigenza di operare un'autodisciplina del settore, che era emersa già durante il VII congresso nazionale della pubblicità (1963), vennero introdotte le regole del Cap (Codice di Autodisciplina Pubblicitaria).
Il Cap è riconosciuto da molteplici associazioni di operatori del settore: Upa, Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), Rai, Sipra, Fip, ecc. In pratica, la quasi completa generalità degli operatori italiani del settore.
Il Cap è « è vincolante per aziende che investono in pubblicità, agenzie, consulenti pubblicitari, mezzi di diffusione della pubblicità, le loro concessionarie e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di pubblicità. ».
Le norme del Codice di autodisciplina sono accolte come usi e consuetudini commerciali da numerose Camere di Commercio, e sono state riconosciute anche dalla sentenza n. 1529 del 15 feb. 1999 della Corte di Cassazione come validi parametri di valutazione del principio della correttezza professionale in campo pubblicitario, in quanto espressione di quel dover essere dei comportamenti (inteso come il costume professionale e commerciale eticamente qualificato) alla cui tutela l'articolo 2598 n. 3 del Codice civile è finalizzato.
Il codice di autodisciplina è una "legge" il cui scopo è di « assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per l'informazione del pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. Il Codice assicura quindi che la pubblicità sia onesta, veritiera e corretta. ».
Dunque, il Cap è la "legge" e la "magistratura" interna, incaricata di reprimere chi lo vìola, si compone di due organi:
il Comitato di controllo:
il Giurì:
svolgimento del procedimento
Lo schema seguente illustra il procedimento per violazioni del codice di autodisciplina pubblicitaria.
Il Giurì è un collegio presieduto da un alto magistrato e composto da un minimo di nove ed un massimo di 14 membri «scelti tra esperti di diritto, di problemi di consumatori e di comunicazione». Il Giurì esamina la pubblicità che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa in base al Codice, «con decisione definitiva» : quindi un giudizio inappellabile, che avvenendo per direttissima, è concluso in tempi molto più stretti (generalmente un mese, tra la segnalazione e la definizione) di quelli della giustizia ordinaria.
Un particolare procedimento è costituito dall'ingiunzione di desistenza della diffusione di una pubblicità che appaia manifestamente contraria a una o più norme del codice. Questo provvedimento spetta al Comitato di controllo, il quale àvoca a sé un potere giudicante per un "rito abbreviato". L'ingiunzione acquista l'efficacia di una decisione se una delle parti non presenta opposizione entro dieci giorni.
Di fronte ad una opposizione di parte, il presidente del Comitato può revocare l'ingiunzione (nello schema "SI") oppure trasmettere gli atti (nello schema "NO") al presidente del Giurì, il quale, a sua volta, può:
La pubblicità può essere sottoposta al Giurì, non solo dal Comitato, ma anche da « chiunque ritenga di subire pregioudizio da attività pubblicitarie contrarie al Codice di autodisciplina ». In genere, si tratta di aziende concorrenti rispetto ha quella che ha commissionato la campagna sotto accusa.
La particolarità di questo processo è che l'onere della prova non spetta all'accusa, bensì all'accusato (non si ha quindi presunzione d'innocenza fino al verdetto) che viene chiamato a dimostrare la veridicità e l'attendibilità di quanto sostenuto nella propria campagna.
Art. 1 - Lealtà pubblicitaria
La pubblicità deve essere onesta, veritiera e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla.
Art. 2 - Pubblicità ingannevole
La pubblicità deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti.
Art. 3 - Terminologia, citazioni, prove tecniche e scientifiche, dati statistici
Terminologia, citazioni e menzioni di prove tecniche e scientifiche devono essere usate in modo appropriato. Prove tecniche e scientifiche e dati statistici con limitata validità non devono essere presentati in modo da apparire come illimitatamente validi.
[0missis]
Art. 23 - Prodotti cosmetici e per l'igiene personale
La pubblicità relativa ai prodotti cosmetici e per l'igiene personale non deve indurre a ritenere che essi abbiano caratteristiche, proprietà e funzioni diverse da quella di essere applicati sulle superfici del corpo umano, sui denti e sulle mucose della bocca, allo scopo esclusivo o prevalente di pulirli, deodorarli, profumarli, correggerne l'aspetto estetico, ovvero proteggerli per mantenerli in buono stato.
Tale pubblicità, quindi, pur potendo presentare detti prodotti come aventi caratteristiche sussidiarie per la prevenzione di particolari situazioni patologiche, purché a tale scopo abbiano formule e ingredienti specifici, non deve indurre il consumatore a confondere i prodotti cosmetici o per l'igiene personale con i medicinali, con i presidi medico-chirurgici e coi trattamenti curativi.
pubblicità censurata direttamente dallo IAP |
Art. 25 - Prodotti medicinali e trattamenti curativi
La pubblicità relativa a medicinali e trattamenti curativi deve tener conto della particolare importanza della materia ed essere realizzata col massimo senso di responsabilità nonché in conformità alla scheda tecnica riassuntiva delle caratteristiche del prodotto.
Tale pubblicità deve richiamare l'attenzione del consumatore sulla necessità di opportune cautele nell'uso dei prodotti invitando in maniera chiara ed esplicita a leggere le avvertenze della confezione e non inducendo a un uso scorretto dei prodotti medesimi.
In particolare, la pubblicità al consumatore relativa alle specialità medicinali da banco deve comprendere la denominazione del medicinale e quella comune del principio attivo; quest'ultima non è obbligatoria se il medicinale è costituito da più principi attivi, o se la pubblicità ha il solo scopo di rammentare genericamente la denominazione del prodotto.
Inoltre la pubblicità relativa alle specialità medicinali da banco o ai trattamenti curativi non deve:
Con il termine Autorità indipendente si fa riferimento a un'amministrazione pubblica che prende le proprie decisioni sulla base della legge, senza possibilità di ingerenze da parte del Governo né di altri organi della rappresentanza politica. Essa ha anche competenze in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, così come stabilito dalla Sezione I del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005, modificato dal decreto legislativo n. 67 del 25 febbraio 2000 e dalla legge 6 aprile 2005 n. 49, emanati in attuazione di Direttive comunitarie e in materia di conflitti di interesse, come stabillito dalla legge 20 luglio 2004, n. 215.
Per gli Aspetti generali (composizione del collegio, organizzazione, regole di comportamento, rapporti con il Governo, pubblicazione delle decisioni), si rimanda al sito ufficiale (www.agcm.it).
In questa sede, ci limitiamo a sottolineare la differenza con lo IAP: mentre questo Istituto fa capo ad un'associazione di utenti che si autodisciplinano e quindi non ha alcun potere censorio e sanzionatorio sui non aderenti, l'Antitrust è competente per tutti gli operatori sul mercato.
Se dal punto di vista operativo lo IAP può sembrare meno efficace dell'AGCM in quanto la sua autorità è limitata agli aderenti, agli effetti pratici presenta un vantaggio fondamentale per il consumatore: gli aderenti, sebbene possano non rispettare puntualmente il Cap, si comportano generalmente in modo più corretto rispetto ai "battitori liberi": operatori presenti particolarmente in rete con siti off-shore.
Tramite l'EFAMRO (European Federation of Market Research Organisations), ASSIRM ha accesso ad un'informazione aggiornata sugli sviluppi normativi, legislativi e sindacali dell'Unione europea e dei singoli Paesi che ne fanno parte; può disporre di un maggior potere contrattuale di fronte alle controparti istituzionali ed attivare azioni coordinate a livello internazionale per la tutela degli interessi della ricerca. Assirm aderisce inoltre a Pubblicità Progresso.
L’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle COMunicazioni) è un'autorità indipendente, istituita dalla legge 249 del 31 luglio 1997.
Indipendenza e autonomia sono elementi costitutivi che ne caratterizzano l’attività e le deliberazioni.
Al pari delle altre autorità previste dall’ordinamento italiano, l’Agcom risponde del proprio operato al Parlamento, che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti.
Sono organi dell’Autorità: il Presidente, la Commissione per le infrastrutture e le reti, la Commissione per i servizi e i prodotti, il Consiglio.
Ciascuna Commissione è organo collegiale, costituito dal Presidente e da quattro Commissari. Il Consiglio è costituito dal Presidente e da tutti i Commissari.
L’AGCOM è innanzitutto un’autorità di garanzia: la legge istitutiva affida all’Autorità il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini.
L’AGCOM ha emanato un'apposita regolamentazione per i sondaggi di opinione. La finalità è rendere i "Sondaggi trasparenti, con committenti chiaramente identificati e metodologie di raccolta di tipo rigorosamente statistico idonee a garantire la effettiva rappresentatività dei campioni.".
La regolamentazione definisce in particolare cosa debba intendersi per sondaggio e quali sono le caratteristiche che deve avere; indica le modalità di pubblicazione e diffusione dei risultati; vigila sul rispetto delle disposizioni previste dal regolamento.
Punti di particolare interesse sono la definizione di sondaggio, ovverosia l'indicazione delle rilevazioni che possano essere considerate rappresentative della popolazione, e il contenuto della "nota informativa" tecnica, che deve sempre accompagnare la pubblicazione dei risultati.
L'art. 1 (Allegato A alla delibera n. 153/02/CSP del 25 luglio 2002 modificata dalla delibera n.237/03/CSP) definisce:
Pur costituendo una fondamentale difesa contro il rischio di anarchia nella produzione di dati che pretendono di fornire "fotografie" corrette della realtà italiana, la regolamentazione presenta limiti rilevanti per uno statistico teorico. Ad esempio, la legge prevede tra i sondaggi "rappresentativi" anche rilevazioni effettuate con criteri "non probabilistici".
Sebbene i campioni "non probabilistici" non consentano di valutare rigorosamente l'errore che si commette generalizzando i risultati dal campione alla popolazione, nel regolamento dell'Autorità tra le informazioni che devono essere contenute nel documento "metodologico" (art. 3) vi è "la "rappresentatività" dei risultati, in termini di "margine di errore", al livello fiduciario del 95 per cento, delle stime ottenute" (Delibera n. 153/02CSP modificata dalla delibera n.237/03/CSP).
In altre parole, da un lato si consente di utilizzare un campione non probabilistico, ma dall'altro si impone che nella documentazione venga riportato il margine di errore, che non potrebbe essere rigorosamente calcolato sulla base di un campione "non probabilistico". Questo però è il risultato dell'esigenza di contenere costi e tempi, resa possibile da un affinamento delle tecniche di campionamento. A questo proposito, riportiamo due vincoli indicati dall'Assirm:
Sarebbe auspicabile anche consentire l’accesso ai dati individuali delle interviste, resi opportunamente anonimi. Questa è una condizione, considerata essenziale dall’AAPOR (American Association for Public Opinion Research) perché si possa verificare la qualità delle analisi, ma non è prevista nel nostro Paese.
L’AAPOR, inoltre, critica esplicitamente la possibilità di rappresentare i risultati di un'indagine fatta attraverso un numero "verde" o simili metodi come esito di ricerca "legittima" (secondo la definizione dell'AGCOM in questo caso, si ottiene un'inchiesta). Le informazioni fornite da chi decide di telefonare o rispondere ad appelli specifici non rappresentano l’opinione pubblica generale. Secondo l’associazione "ogni pubblicità o promozione per queste attività non solo danneggia le ricerche di mercato o di opinione legittime, ma può essere particolarmente fuorviante quando viene usata per influenzare le politiche pubbliche o semplicemente per disseminare informazioni sull'opinione pubblica".
bibliografia di base (evoluzione della pubblicità):
Saggi e Studi di Pubblicistica - Istituto Italiano di Pubblicismo, Roma 1952
R. H. Colley - gli Obiettivi della Pubblicità - Etas Kompass, Milano 1968
F. Forte, V. Borella - Tattiche del Desiderio - SugarCo, Milano 1979
H. F. Holtie - Marketing e Pubblicità - Etas Libri, Milano 1985
A. Valeri - Pubblicità Italiana - Ed. Sole 24 Ore, Milano 1986
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Marcello Guidotti, copyright 2003-2006-2007
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