Consideriamo (figura sotto) il cosiddetto telaio di Duprè: costituito da un sottile filo di ferro e munito di un lato mobile, l, al cui interno è trattenuta una lamina liquida costituita da acqua saponata. Tirando con una piccola forza, F, il lato mobile, la lunghezza della lamina aumenterà della misura Δs.
Ricordando che, per definizione, il lavoro di una forza è dato dal prodotto scalare L = F · s, possiamo facilmente calcolare il lavoro necessario per aumentare l'area superficiale della lamina.
La forza applicata, F, dovrà vincere le forze unitarie di tensione superficiale, γ, che trattengono il lato mobile di lunghezza, l. Quindi, si può scrivere:
L = γ · l · Δs
tenendo conto che il prodotto l · Δ s rappresenta l'incremento Δ A di superficie prodottosi nella lamina, si ottiene:
L = γ · Δ A |
da questa relazione segue che la tensione superficiale è una misura dell'energia richiesta per aumentare la superficie libera di un liquido [γ] = [erg]/[cm2]
le lamine che si formano con un telaio metallico rispondono ad un principo di minima energia. |
γ = F /l |
la formula così ottenuta, è valida come definizione operativa in generale; tuttavia, la determinazione della tensione superficiale con il metodo del telaio mobile fornirebbe per γ un valore doppio di quanto ottenibile con lo stalagmometro (v. avanti).
La ragione è da tenere bene a mente: le molecole in superficie, per manifestare la tensione superficiale, devono subire il richiamo verso l'interno delle forze di coesione, e dunque, la lamina di acqua saponata deve avere uno spessore almeno doppio del raggio d'azione molecolare, R; questo significa che occorre considerare due volte questo valore, cioé considerare la lamina costituita almeno da due strati molecolari, sicché durante il suo stiramento, si avrà un reciproco scorrimento delle molecole che costituiscono le due facce (inferiore e superiore) della lamina. Ecco perché l'incremento della superficie risulta raddoppiato:
L = 2 γ · ΔA
Dobbiamo ora stabilire se la tensione superficiale esista, oltre che alla superficie libera del liquido, anche in altre zone ad essa interna. Dalla figura sotto, si vede che anche le molecole adiacenti la superficie del recipiente sono attirate all'interno del liquido; quindi la tensione superficiale esiste ovunque vi sia una superficie di separazione tra due o più fasi diverse, e la sua intensità dipende dalla natura delle fasi a contatto. In particolare, quando la tensione superficiale è riferita a due o più fasi, prende il nome di tensione interfacciale.
mg = 2 π R γ θ
dove:
mg = peso della goccia di liquido (massa per accelerazione di gravità);
2 π R = perimetro del tubicino di raggio R;
γ = tensione superficiale del liquido;
θ = angolo formato dalle forze di tensione superficiale e la superficie verticale del tubicino.
note:
esempio applicativo: fate gocciolare lentamente da un contagocce l'acqua e determinate il peso di un certo numero di gocce (per es., 30).
Il peso medio delle gocce, Pm, è proporzionale alla tensione superficiale del liquido: Pm = γ · K, dove K è una costante (valida solo per il contagocce che avete utilizzato) che si può determinare usando acqua distillata a 20 °C di cui si conosce la tensione superficiale.
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Marcello Guidotti, copyright 2003-2004-2008
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