Per le molecole che si trovano in superficie (figura sopra, a destra), la situazione è diversa: poiché esiste solo l'interazione con le molecole inferiori (trascurando le interazioni con l'aria e le pareti del recipiente), la risultante è diversa da zero ed è diretta verso l'interno del liquido.
E' chiaro che le molecole che costituiscono lo strato superficiale del liquido sono attirate verso l'interno e tendono così ad occupare la minima superficie possibile. Il risultato di questa attrazione è che la superficie di un liquido si comporta come se fosse una membrana elastica (che come vedremo, è in tensione). Questa membrana ha lo spessore del raggio d'azione entro cui si manifesta l'effetto delle forze intermolecolari e la tensione a cui è sottoposta, prende il nome di tensione superficiale.
Ciò premesso, occorre determinare sperimentalmente la direzione in cui agiscono le forze di tensione superficiale. Per far questo, con del filo di ferro abbastanza rigido, si realizza un anello del diametro di una trentina di cm; a questo anello si annoda un filo di cotone con un cappio. Dopo aver immerso questo insieme in una soluzione di acqua saponata, lo si estrae ottenendo una lamina che è contenuta all'intermo del cappio e dell'anello. Bucando con la punta di una matita la membrana interna al cappio di cotone, lo vedrete assumere una forma circolare (foto a sinistra). Questo brisultato avviene a causa della tensione superficiale della rimanente parte di film di soluzione saponosa, che attrae verso di sé il filo di cotone.
Questa esperienza sembra contraddire l'idea che la tensione superficiale sia dovuta al fatto che le molecole in superficie siano attratte verso l'interno del liquido, cioè siano soggette a forze perpendicolari alla superficie del liquido.
In realtà, l'apparente paradosso è di natura semantica: è dovuto all'interscambiabilità dei termini forze intermolecolari (causa) e forze di tensione superficiale (effetto).
Per chiarire questo punto, si consideri l'animazione a in basso a sinistra: il fatto che la molecola centrale sia attirata verso l'interno del liquido, comporta un'attrazione tangenziale tra le molecole ad essa adiacenti a sinistra e a destra (la figura è bidimensionale e quindi non tiene conto delle molecole dentro e fuori il piano dello schermo). Ovviamente le molecole superficiali non possono realmente "cadere" verso l'interno in quanto questo spazio è già occupato dalle molecole sottostanti, ed ecco quindi che la lamina superficiale è soggetta ad una continua tensione che tende a mantenere unito lo strato di molecole in superficie. Per usare un'immagine figurata, è come se la superficie del liquido fosse formata da tante sferette collegate tra loro da molle in tensione che tendono a contrarsi (v. figura sotto, a destra).
le forze di coesione verso l'interno producono una tensione tangenziale. | le molecole che compongono la "membrana" interfacciale, si comportano come un insieme di sferette collegate tramite molle elastiche. |
pond skater, foto di Rober Suter (Vassar College, N.Y.) |
La capacità di pattinare sull'acqua, non è però relegata ai soli insetti: ne è capace anche il basilisco. Sebbene il basilisco sia più conosciuto come una creatura mitologica (un serpente con ali di pipistrello, testa e zampe di gallo), in realtà, un animale con questo nome esiste ed appartiene al genere dei Rettili Sauri della famiglia degli Iguanidi. Vive nelle foreste sudamericane, è di colore verde e può raggiungere i 70-80 centimetri di lunghezza, compresa la coda che da sola rappresenta i due terzi dell'intero corpo.
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L'abilità di correre sull'acqua è possibile in quanto il basilisco, benché dotato di quattro lunghe zampe, è uno dei pochi quadrupedi che corre solo su due: si rizza sulle zampe posteriori e si muove in posizione semieretta utilizzando la lunga coda come bilanciere. In questo modo, il basilisco giovane (fino ad un massimo di circa 25 g) può raggiungere una velocità sufficiente (circa 12 km/h) per permettergli di correre sull'acqua grazie ad una serie coordinata di azioni:
Quanto detto vale per i basilischi giovani in quanto, oltre un certo peso, questi rettili possono solo nuotare e quindi abbandonano l'acqua come territorio di caccia, smettendo di competere con i più giovani esemplari affamati.
Dunque, sebbene i basilischi sfruttino forze dinamiche, a differenza dei pond skaters che sfruttano le forze statiche della tensione superficiale, entrambi non perforano la membrana superficiale dell'acqua. Questo è il punto fondamentale: ad esempio, quando un vogatore immerge il remo nell'acqua, spingendo su questa produce la spinta necessaria alla propulsione. Tuttavia, in questo caso, la membrana superficiale dell'acqua viene perforata e l'acqua si avviluppa strettamente al remo con una forza di adesione che per il vogatore può sembrare irrilevante allorché estrae il remo dall'acqua, ma non è certo irrilevante per un insetto o una piccola lucertora.
Nel foglio 26 del codice Atlantico, Leonardo da Vinci illustra un "modo di camminare sopra l'acqua": l'uomo rimane a galla grazie a otri di pelle gonfi d'aria (baghe) fissati sia ai piedi che all'estremità delle due racchette impugnate.
Sebbene l'idea di Leonardo sia stata realizzata con risultati più o meno soddisfacenti, ovviamente non è la stessa cosa che camminare sull'acqua. Torniamo al basilisco: le misure hanno indicato che il suo movimento coordinato produce il 110-225 % della forza necessaria per sostenere il proprio peso. Per fare la stessa cosa, un uomo dovrebbe correre a circa 100 km/h e consumare 15 volte più energia di quanta ne possa produrre.
referenze bibliografiche:
il video è tratto dal sito: www.bedford.k12.ny.us/flhs/science/bio/paulf/notes/propertiesofwater.html
Hu, D.L., Chan, B., and Bush, J.W.M., 2003. The hydrodynamics of water strider locomotion. Nature 424, 663 - 666.
Glasheen, J.W. and T.A. McMahon (1996a). A hydrodynamic model of locomotion in the Basilisk lizard. Nature, 380:340-342.
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Marcello Guidotti, copyright 2003-2004-2011
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